| 26/06/2010 | 11:33 CONEGLIANO. «Io Lippi me lo tengo stretto. So che non è molto popolare difendere chi è considerato - probabilmente a ragione - il primo e unico responsabile della disfatta azzurra in Sudafrica, ma io vado controcorrente: con lui ho un bellissimo rapporto d’amicizia e soprattutto non ho intenzione di rinunciare alla sua esperienza e al suo buon senso».
Paolo Bettini, da tre giorni CT della nazionale italiana di ciclismo, chiamato oggi a vivere la sua prima esperienza da selezionatore azzurro al campionato italiano professionisti di Conegliano, usa parole dolci per il tecnico campione del mondo a Berlino, uscito con le ossa rotte in Sudafrica. «Per Marcello e tutti gli azzurri mi spiace davvero molto – dice Paolo -. L’ho sentito mercoledì mattina, prima della sfida con la Slovacchia. Era sereno e ottimista sull’esito dell’incontro. Purtroppo nello sport non c’è mai nulla di scontato. Ogni gara, ogni partita va giocata. Temo che a livello fisico non fossero però al top. Bene con il Paraguay, non bene con Nuova Zelanda, non ne parliamo con la Slovacchia. L’altro giorno la vera Italia la si è vista solo nell’ultimo quarto d’ora. Con Marcello ci siamo visti anche poco prima della sua partenza per il Mondiale. Abbiamo pranzato assieme a Viareggio, e come sempre abbiamo parlato di tutto. Per me resta una persona speciale, che il calcio non può perdere. E se lo perderà, peggio per loro: io ho intenzione di tenermelo ben stretto».
Con Alfredo Martini, lo storico ct azzurro, Marcello Lippi è l’uomo in più di Paolo Bettini. «Peccato solo che in questa lista di uomini in più, ce ne sia uno in meno: Franco Ballerini. Non ho problemi ad ammetterlo: un giorno mi sarebbe piaciuto davvero diventare l’erede di Franco. Ne avevo anche parlato con lui. A Franco, dopo le Olimpiadi di Londra, gli sarebbe piaciuto provare l’esperienza in un club, a me mi intrigava l’idea azzurra. Come è avvenuto il passaggio di consegne non mi è piaciuto neanche un po’».
Sale in ammiraglia Paolo Bettini. Oggi sarà sulle aspre strade di Conegliano, su un circuito massacrante che assegnerà la maglia tricolore. Emozionato? «No, l’emozione la proverò il 3 ottobre prossimo, in Australia, quando sarò chiamato a guidare la mia prima nazionale. Ora come ora devo dire che sono solo ancora un po’ confuso: devo ancora entrare nel ruolo».
Che tricolore ti aspetti? «Duro. Lo strappo delle Coste subito in partenza, poi a metà percorso (circuito di 23,6 Km, undici giri, per 259,6 km) il “Ca’ del Poggio”: mille 300 metri al 15% che premierà i più forti. Nibali, Basso, Riccò, Cunego, Carrara, Visconti per fare solo qualche nome».
Dopo la nomina a CT, chi ti ha chiamato per primo? «Luca Paolini, un amico».
Il primo che hai chiamato? «Filippo Pozzato, l’uomo sul quale punterò ad ottobre».
Il primo messaggino? «Da Daniele Bennati».
La primo incontro? «L’altra sera, con Ivan Basso e Vincenzo Nibali».
La prima raccomandazione? «Mia moglie: ricordati che hai smesso di correre per stare un po’ di più in famiglia».
da «Il Giornale» del 26 giugno 2010 a firma Pier Augusto Stagi
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