Il Giornale. La pianura con il vento diventa un Mortirolo

| 11/05/2010 | 12:59
Caro diario, chi sale almeno una volta in bicicletta, anche solo sul lungomare di Gabicce, sa quel che dico: il vento può fare molto più male della salita. È un tormento infernale. E figuriamoci qui, in questa Olanda che del vento è la fabbrica naturale. La conferma: in una tappa pianeggiante, attraverso la madre di tutte le pianure, dove il punto più alto sta sulle straordinarie dighe che fermano il mare, la classifica esce scossa come dopo un Mortirolo. Il gruppo si frantuma, tanti ancora cadono, altri si distraggono e altri ancora non hanno buoni compagni per medicare gli errori. Risultato: la maglia rosa Evans, campione del mondo, ma soprattutto capitano senza squadra, perde 46''. Tanta roba. Con lui, purtroppo, ancora Cunego. E pure il povero Wiggins, l'inglese volante del cronoprologo, stavolta volato sul catrame e fortemente a rischio ritiro. Nel complesso, una mattanza.

Naturalmente, come nel crollo di Wall Street c'è sempre qualcuno che guadagna soldi, anche nella famigerata tappa delle dighe c'è qualcuno che si frega le mani. Ovviamente il vincitore di tappa Weylandt, che in quanto belga nel vento comunque ci sguazza, ma soprattutto il nuovo leader della classifica, il kazako Vinokourov, che vincendo il Giro del Trentino e la Liegi-Bastogne-Liegi nelle ultime settimane si era dimostrato l'uomo più in forma del momento. Il suo avvento in testa alla classifica, alla vigilia della cronosquadre di Cuneo, dove tra l'altro può guadagnare ancora, cambia se non altro la lingua ufficiale di questo Giro, finora sempre e monotonamente inglese. Non è semplicissimo passare sui due piedi al kazako, ma la diversità ravviva l'ambiente.

Certo, resiste sempre la speranza che prima o poi si possa tornare all'italiano. Il momento è quello che è, ma ci sono valide consolazioni. Se non altro, dai macelli di queste due tappe escono molto bene i siamesi della Liquigas, Basso e Nibali, nonché Scarponi e Garzelli. Non che siano tutti quanti pronti a vincere il Giro con la gamba sinistra, ma almeno sono pronti. Per qualcosa.

Caro diario, non possiamo però tornare in Italia senza prima appuntarci lo strabiliante spettacolo cui abbiamo assistito in questa tre giorni tulipana. Soltanto un paio di volte al Tour avevo visto cose simili. Una nazione chiusa per Giro, questa semplicemente la nuda realtà. In tanti abbiamo rinunciato a contare il pubblico in strada. Qualcuno si avventura con i milioni, ma sinceramente non so dire. Certo, se stilare il bilancio toccasse agli scaltri responsabili delle nostre Piazze San Giovanni e dei nostri Circhi Massimi di stampo politico, con i loro metodi di conteggio parlerebbero tranquillamente di decine di milioni.

Però posso giurarlo: abbiamo visto muraglie umane lunghe chilometri, interi borghi addobbati di rosa, vecchi e bambini divertiti nello stesso candido stupore. Ho visto più bandiere tricolori qui che da noi il 2 giugno. Alla fine del viaggio, mi ritrovo persino davanti il sindaco di Middelburg, Schouwenaatz Koos, che porta una cravatta sfacciatamente tricolore, che parla italiano meglio di Biscardi e di Giggetto Sgarbozza, ma che soprattutto ama l'Italia più d'ogni cosa. Non vede l'ora di raccontarlo, mi sembra giusto concederglielo, anche solo come richiamo a tanti di noi che l'Italia non amano più. «Ci battiamo da molto tempo per avere il Giro. Finalmente si realizza il sogno. Tanti della comunità volevano il Tour, che partirà anch'esso dall'Olanda, a Rotterdam, ma alla fine hanno capito tutti. Il Tour è più macchinoso e prepotente. Ma soprattutto non sa d'Italia. L'Italia è il più bel paese del mondo, e voi siete la gente più simpatica del mondo. Non lo dico per sentito dire, neppure per piaggeria o per ospitalità. So bene quel che dico: da anni ho una casa in Umbria, con tanti ulivi, quella è la mia terra promessa…».
C'è qualcosa di romantico e di consolante, in questa bella lezione d'italiano. Per capire cos'è ancora l'Italia, bisogna venire sin qui, lasciando parlare loro, che ci guardano da lontano. Da come la dipingono qui, l'Italia dev'essere davvero un Paese speciale. Caro diario, molliamo tutto e torniamo subito a farci un Giro.

da Il Giornale dell'11 maggio
a firma di Cristiano Gatti
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