
Valeria Tagliabue e Marina Gandini sono uscite dal ciclismo in punta di piedi, con umiltà e tanti ricordi da incorniciare. Due atlete che sicuramente avrebbero potuto dare molto al ciclismo femminile nazionale ma che per motivi diversi hanno preferito seguire altre strade. Sentiamole nella doppia intervista curata per tuttobiciweb da Giulia De Maio.
-Avete entrambe corso da quando eravate delle bambine fino alla categoria juniores, quali sono stati i vostri risultati più prestigiosi?
Valeria: Ho corso in strada, pista e cross. Ho vinto quattro titoli nazionali di ciclocross, da allieva (2004-2005) e juniores (2006-2007) con il G. S. Cicli Fiorin.
Marina: Ho ottenuto buoni risultati soprattutto in pista, ho vinto due volte il campionato italiano di velocità (2006-2007), una volta il titolo nazionale della velocità a squadre (2007) e il keirin (2007) con il Team Vallesabbia.
-Come mai due ragazze, che hanno vinto tanto come voi e che avrebbero sicuramente potuto diventare professioniste hanno smesso di correre?
Valeria: Ho deciso di lasciare questo ambiente perché arrivati ad un certa età bisogna decidere cosa fare della propria vita. Amo questo sport, ma richiede molti sacrifici e dà poche prospettive, soprattutto in campo femminile. Inoltre nel professionismo credo che le proprie forze e le proprie doti non contino più perché molti atleti fanno ricorso all’ “aiutino” e sinceramente a me questo fa passare la voglia di fare tanti sacrifici.
Marina: Le ragioni sono più d'una, la principale è stata che le prospettive per la categoria elite non erano delle migliori. Correndo in pista, e volendo mantenere la preparazione a livello delle competizioni internazionali, mi era stato esplicitamente chiesto di lasciare il liceo (all'ultimo anno), per correre la Coppa del Mondo. Inoltre, nessuno mi garantiva anche solo un minimo di retribuzione e l'idea di lasciare la scuola per diventare professionista gratis non mi entusiasmava particolarmente.
-Cosa vi manca del mondo del ciclismo?
Valeria: La domanda più giusta sarebbe “cosa non ti manca?”. Dopo anni passati su una bici, questa diventa parte di te. Mancano gli allenamenti di ore e ore come i lunghi viaggi per arrivare al campo di gara, ma soprattutto l’ambiente fatto di allenatori, compagni e compagne di squadra. Manca l’emozione di salire su un podio sentendo suonare l’inno d’Italia e la fatica fatta per conquistarlo, indossare la maglia della tua nazionale, sentire il calore delle persone che credono in te e perfino la delusione dopo una gara andata male.
Marina: Il mondo del ciclismo offre molto a chi cerca soddisfazioni, se è disposto a sacrificarsi molto. La cosa che mi manca di più è l'adrenalina e la tensione della gara. Niente è più riuscito a regalarmi quelle bellissime sensazioni.
-Ora cosa fate? Studiate, lavorate o cos’altro?
Valeria: Ho intrapreso la carriera militare.
Marina: Ora studio all'Università di Milano Bicocca Scienza dei Materiali. Una facoltà molto bella, dove si fondono le discipline di fisica, chimica e matematica. Sono al secondo anno e sono in pari con tutti gli esami; nonostante sia una facoltà piuttosto impegnativa, mi piace un sacco.
-Ogni tanto uscite ancora in bici? Andate a vedere qualche gara?
Se sì, quali sono le sensazioni?
Valeria: No, non esco praticamente mai in bici ed è raro che vada alle gare. Ho poco tempo e soprattutto non mi piace provare malinconia dei vecchi tempi.
Marina: La bici sta riposando da tre lunghi anni nella mia cantina! In realtà ogni quattro o cinque mesi la prendo in mano, giusto per ricordarmi tutti i motivi per cui sono stata felice comunque di abbandonare l'attività.
Sono andata a vedere qualche gara in pista. Il velodromo mi dà ancora le stesse emozioni, appena ci metto piede. Vedere le cose "dall'altra parte" però non è poi così divertente: la voglia di tornare a correre è sempre fortissima perchè tornano alla mente mille ricordi e mille sensazioni che ho vissuto con felicità.
-Quando sentite di casi di doping nel ciclismo cosa pensate?
Valeria: Penso che ho fatto la scelta giusta e mi arrabbio perché persone poco oneste stanno rovinando un così bello sport.
Marina: Che dire? È sempre un gran dispiacere. Rimango delusa e non mi spiego come certe pratiche siano ancora così diffuse. Con il passare del tempo divento sempre più intollerante: vorrei che fossero presi provvedimenti seri, come l'esonero totale dall'attività.
-Se poteste mandare un messaggio alle ragazze e ai ragazzi che corrono ancora, cosa direste loro?
Valeria: Di continuare con onestà perché il ciclismo è fatica e sacrificio.
Marina: ll messaggio che sento più mio è questo: sfruttate al massimo queste esperienze! Il ciclismo è una scuola di vita, vi sta insegnando a non mollare, ad avere progetti a lungo termine e costanza per portarli fino in fondo. Vi sta insegnando a fare fatica e vi renderete conto solo dopo di quanto questo vi sarà utile in tutte le esperienze che affronterete nella vita "normale". Divertitevi perchè il ciclismo è soprattutto questo! E andate in pista (dovevo fare un po' di pubblicità).
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