Sole 24 ore: domani l'annuncio, il Giro 2012 parte da Washington

| 24/02/2010 | 11:33
La partenza della prima tappa del Giro d’Italia 2012 è decisa: da Pennsylvania Avenue, a Washington, davanti agli Archivi nazionali, a poca distanza dalla Casa Bianca. Anche il percorso è deciso. Si scenderà davanti al palazzo della Fbi, Freedom Plaza, l’Ellise, subito dietro la Casa Bianca, e poi via, lungo le strade della capitale americana, davanti al grande Obelisco, al Dipartimento di Stato, Virginia Avenue, il Watergate, Rock Creek Park e ritorno. Ci sarà anche un prologo, davanti al Memorial Bridge che si apre sul Lincoln Circle, dietro al Monumento dedicato al grande presidente ucciso e che dall’altra parte del Potomac porta ad Arlington: un prologo molto simbolico, le due enorme statue di bronzo che segnano l’ingresso al ponte, “Valore” e “Sacrificio” di Leo Friedlander sono state commissionate nel 1925 e donate all’America dal popolo italiano nel 1951.
Già a dicembre c’erano state le prime indiscrezioni: si voleva dare maggiore risalto al Giro d’Italia che in America resta in secondo piano rispetto al Tour de France. E visto che gli addetti ai lavori e i milioni di ciclisti americani conoscono invece il Giro e soprattutto le meraviglie delle nostre biciclette, l’idea era quella di attirare l’attenzione del pubblico con qualcosa di forte: trasferire la partenza negli Stati Uniti, un migliaio di persone fra ciclisti e personale tecnico, partenza formale il sabato della «data x» del 2012, ritorno in Italia la domenica, il lunedì riposo e poi da martedì di nuovo il Giro sul nostro territorio.
Dall’idea all’annuncio: lo diranno domani all’ambasciata d’Italia il sindaco di Washington Adrian Fenty e il nostro ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, in compagnia del patron del Giro, Angelo Zomegnan, per cercare sponsor americani e pubblicizzare la notizia sui media nazionali.
Fenty, appassionato di ciclismo, deciso, energico, brillante, un atleta che concorre nel thriatlon, appena 40 anni e già da tre sindaco della Capitale è, come Barack Obama, il simbolo stesso del successo del “melting pot” americano. Con un tocco nostrano. E’ di padre afropanamense e di madre italiana. «I nonni erano di Frosinone. Uno dei due nonni si chiamava Bianchi, come la marca di biciclette - ci dice a Washington dove lo abbiamo incontrato - questo Giro sarà fantastico, per me, poterlo avere nella mia città è un motivo di orgoglio».

da Il Sole 24 Ore
a firma di Mario Platero
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COMMENTI
GIUSTO
24 febbraio 2010 12:21 Capitano
GIUSTO COSI SI RISOLVONO I PROBLEMI DEL CICLISMO....MA A CHI CONVIENE FAR PARTIRE IL GIRO DAGLI USA? UN SPIEGAZIONE LOGICA C'E'? CHI CI GUADAGNA? A PARTE QUALCHE BELLA SPONSORIZZAZIONE, O QUALCHE INTERESSE PERSONALE.....COME SIAMO MESSI...BRAVO ZOMEGNANCOSI SI FA'. W IL CICLISMO VERO (NON QUELLO DEL BUSINESS, CHE FA CORRERE ANCHE IN OMAN...) ABASSO IL DOPING. BERLESE ROBERTO

Ottima idea...
24 febbraio 2010 15:00 foxmulder
Ottima idea quella di cominciare una corsa a tappe di tre settimane con un bel trasferimento transoceanico e 6 ore di jet lag da smaltire... Magari poi l'ultima settimana ci mettiamo Tre Cime di Lavaredo, Zoncolan, Fedaia, Stelvio, Gavia e Finestre giusto per disincentivare il doping.
Cari miei, così non andiamo da nessuna parte...
P.S.: ma ai corridori va sempre bene tutto?

washington
24 febbraio 2010 23:01 rufus
Quella di far partire una grande corsa dal continente americano è una vecchia idea del Tour che voleva organizzare una partenza dalla regione francofona del Quebec, probabilmente da Montreal. Poi hanno rinunciato, deduco per i grossi problemi logistici che ciò comporta, in primis per i corridori. Non sono contrario alle partenze dall'estero, ma dagli Stati Uniti mi sembra un po' troppo.
Flavio Gibertoni

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