La Stampa. Alfredo Martini e il ricordo di Fausto Coppi

| 07/01/2010 | 22:15
Alfredo Martini, classe 1921, fu gregario e avversario di Fausto Coppi, (che era più vecchio di lui di un anno e mezzo) ed è unanimemente considerato il decano del ciclismo italiano. Corridore professionista dal 1940 (quando il Campionissimo vinse il suo primo Giro d'Italia) al 1957 (anno in cui Coppi ottenne la sua ultima vittoria: il Trofeo Baracchi), vinse il Giro dell'Appennino nel 1947, il Giro del Piemonte nel 1950, una tappa al Giro d'Italia del 1950 (concluso al 3° posto dietro a Koblet e Bartali) e una tappa al Giro di Svizzera del 1951 (ancora sul podio, alle spalle di Kubler e Koblet). Fu poi direttore sportivo dal 1969 al 1974 (aggiudicandosi anche un Giro d'Italia, nel 1971 con lo svedese Gösta Pettersson) e storico commissario tecnico azzurro dal 1975 al 1997, contribuendo alla conquista di 6 titoli iridati: con Moser, Saronni, Argentin, Fondriest e Bugno (2).

Dal 1998 è supervisore di tutte le Nazionali azzurre di ciclismo e consigliere del ct dei professionisti Franco Ballerini. C'era anche Martini lo scorso 2 gennaio a Castellania, vicino a Novi Ligure, per le celebrazioni del Cinquantennale della morte di Fausto Coppi, organizzate dal suo paese natale. E proprio durante la commemorazione del Campionissimo nella chiesetta vicino al Mausoleo di Fausto e del fratello Serse, con passione e grande tenerezza Martini ci ha preso il taccuino del cronista e ha scritto di suo pugno "perché Coppi non sarà mai più dimenticato".
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Alfredo Martini
Ecco il prezioso e commovente messaggio dell'ex rivale-gregario di Coppi: «Perché lo si ricorda dopo tanto tempo. Lo si ricorda sì come fuoriclasse, ma in particolare per avere insegnato al mondo sportivo L'UMILTA'. Anche quando arrivava con 10' di vantaggio, passava l'arrivo con la sua faccia dolente come se gli dispiacesse avere inflitto troppo distacco ai suoi avversari. Per il loro rispetto, non passò mai l'arrivo con le mani alzate sul manubrio. Nè fece mai pesare ad altri le sue tragedie». Alfredo Martini, 2 gennaio 2010.

da La Stampa a firma di Giorgio Viberti
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COMMENTI
martini alfredo e dausto coppi
8 gennaio 2010 01:05 piero
caro Alfredo,
come dice il Presidentissimo Renato trovi sempre le parole piu giuste stupendo ogni volta,quello che ai detto di FAUSTO che aveva insegnato L'UMILTà..èa cosa bella,QUESTA E QUELLA CHE MANCA ADESSO NEL CICLISMO e non e per fare di ogni erba un fascio,oppure e un fascio di erba....se il ciclismo sprofonda MANCA PROPRIO DI UMILTà E DI AMORE con l'arroganza non si va certo lontani.
un abbraccio Piero

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