Ciclismo amore mio, lettera aperta del direttore del GiroBio

| 17/06/2009 | 22:41
Venite a vedere quanto sono belli questi ragazzi. Venite tutti, voi che pensate che il ciclismo sia pratica per maledetti o voi che ritenete ineluttabile la deriva di ogni sport verso la produzione di spettacolo, i soldi e ciò che ne consegue.   
Venite a vederli far colazione, tutti assieme, col loro vassoio carico d’ogni cosa, mangiare da far invidia ai tanti normali soprappeso, venite a scoprire l’educazione, la capacità di disciplina, lo spettacolo di sana gioventù che offrono questi ciclisti al “Giro Bio”, il tutto a prescindere dallo spettacolo di agonismo che offrono sulle strade.  
Ragazzi che, di questi tempi da facili lavori e ancor più facili costumi, hanno scelto la grande fatica della bicicletta già sono da porre su un ideale piedistallo; più facile era, nonostante strade e bici eroiche, arrivare a simile scelta quando l’alternativa, fino agli anni 50, si poneva con i mestieri di contadino e muratore, boscaiolo e, comunque, uomo di fatica.  
Loro hanno scelto oggi di essere uomini di fatica, in tempi in cui chi fa fatica sta tra i coglioni del branco.  
Hanno scelto la disciplina, il rigore, allo sballo, alla cultura del bicchiere in una mano e la sigaretta nell’altra, la dormita del sabato sera rispetto al randagismo da discoteca.  
Sono bellissimi, nella loro magrezza disseccata dai chilometri pedalati, dai rivoli di sudore spesi per una passione che non muore di fronte alla modernità.  
Non sono razza in via di estinzione, per fortuna, perché hanno ancora molta gente che li ama.  Compresi, ora mi sento di dire in primis, da quelli che stanno loro più vicini: direttori sportivi, meccanici, massaggiatori.  
Anch’essi li muove troppa passione perché non vogliano il bene dei loro
ragazzi.  
Eppure il ciclismo ha problemi gravi; nonostante i riflettori ed il battage altrui siamo convinti che ne abbia meno di altri sport.  
Comunque il ciclismo può spezzare la spirale, rompere il meccanismo di emulazione, riportare tutto il gruppo a ritmi biologici.   
Perché proprio l’amore, l’attenzione degli addetti e la competenza dei suiveurs fanno del ciclismo lo sport più consapevole dei suoi problemi.  
E perché il ciclismo è elegia della fatica, è epica del sacrificio, tocca il cuore laddove riscopre le proprie straordinarie radici.  
Col “Giro Bio” stiamo provando una strada per risolvere questi problemi, per farlo nell’unico modo possibile, tutti assieme; ed oggi possiamo dire che questa carovana viaggia unita col medesimo obiettivo.  
Venite a vederli stare assieme, ridere senza essere sguaiati, stare attenti a ciò che li circonda, trasmettere passione per quanto fanno.  
Se è vero che oggi, in genere, i giovani hanno tutto senza avere passione per niente, i ciclisti, questi ciclisti del “Giro Bio” sono uno spettacolo raro che allarga l’anima alla speranza.  
Dal ciclismo eroico voglio solo mutuare la chiusa di quell’Emilio Colombo che ai tempi dei tubolari a tracolla dirigeva la “Gazzetta dello Sport”: “Tutti primi al traguardo del mio cuore”.
Erano tempi di retorica ma se serve a dare l’idea ben venga.

Il direttore generale del Girobio
Giancarlo Brocci

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