L'indiscreto

| 17/05/2009 | 16:27
L’Arsenal del ciclismo. Un team che fa dei ragazzi prodigio la propria forza, proprio come la squadra di Wenger. Sfrontati e sfacciatamente forti. E soprattutto facilmente riconoscibili: portano tutti la stessa maglia, quella della Columbia, che qui al Giro ci erano venuti per imparare e invece impartiscono lezioni a tutti. Otto tappe, tre vittorie. Una superiorità imbarazzante, che comincia a insospettire.
A Lido di Venezia vincono la cronosquadre: «vento a favore»; poi è la volta del norvegese volante, Edvald Boasson Hagen: «È sempre andato forte», dicono. Ieri ecco la zampata di Kanstantsin Siutsou: «Nel 2004 è stato campione del mondo, è un vero talento»  dicono ancora. All’appello manca il più prodigioso di tutti, Mark Cavedish: «Ma vincerà a Milano dopo aver vinto a Sanremo…», assicurano. Intanto hanno anche lo svedese volante, Thomas Lovkvist, che è a soli 13” dalla maglia rosa Di Luca: «E vedrete, sarà la vera sorpresa di questo Giro», scommettono. Insomma, dopo una settimana abbondante, il team di Bob Stapleton, 51 anni, l’unico manager nel ciclismo a non avere un passato da corridore, ma con un passato da grande manager nel settore delle telecomunicazioni, fa quello che vuole, e nel gruppo qualcuno comincia a porsi delle domande.
«Nel gruppo si corre più puliti, ecco che i valori emergono molto più chiaramente», spiegano i più entusiastici. Il Team Colombia ha sotto contratto Don Catlin, l’ex numero uno dell’Agenzia antidoping americana che avrebbe dovuto collaborare anche con Armstrong ed è davvero considerato un’autorità in materia. È lui che tiene i ragazzi prodigio monitorati con rigorosissimi controlli interni. «Sono la squadra più pulita del gruppo», dicono. «Sono i più avanti di tutti…», dicono i più maliziosi.
Siamo alle solite, e non è colpa nostra ma del mondo del ciclismo. Abbiamo davanti dei baby prodigio,  ma dopo tre vittorie nette e schiaccianti ci poniamo delle domande. Troppe volte ci siamo scottati. Solo un anno fa abbiamo assistito ad imprese di squadre prodigio, con corridori spettacolari, che quest’anno il Giro ha pensato bene di lasciare a casa dopo vicende di doping. Perché mai dovremmo applaudire un team americano senza porci delle domande?

da Il Giornale
a firma di Pier Augusto Stagi
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