
Ha cominciato a mangiare qualcosa di solido Filippo Baroncini che potrebbe lasciare l’ospedale di Niguarda nei prossimi giorni, ma quello che conta è che il 25enne ragazzo romagnolo sta molto meglio e il suo morale per quello che ha passato, per quello che gli è accaduto è semplicemente alle stelle. Per dirla con Mauro Gianetti che gli è stato vicinissimo come tutta la Uae Emirates «questo ragazzo non ha solo un grande motore, ma una testa da fuoriclasse. Se torna? Certo che torna, torna sicuro, basta che abbia pazienza. Ora ci vuole solo pazienza».
È andato a trovarlo al nosocomio di Milano Ciro Scognamiglio, che oggi sulla Gazzetta ha rilanciato le prime parole ufficiali del diretto interessato, di questo ragazzo che ha visto la morte in faccia, ma l’ha scartata grazie ad uno spirito di battaglia di primordine e di uno staff medico che ha saputo fare qualcosa di straordinario. Ed è chiaro che il ragazzo, come del resto la famiglia e il taem emiratino, siano grati allo staff sanitario del Niguarda che ha fatto qualcosa di impensabile solo qualche anno fa. Quindi Filippo dalle colonne della rosea ringrazia Gabriele Canzi, primario della chirurgia maxillo facciale; Davide Colistra, neurochirurgo; Valeria Terzi, rianimatrice della terapia intensiva; Giampaolo Casella, responsabile della struttura di anestesia e rianimazione; Pietro Giorgi, dirigente del settore di ortopedia e traumatologia, che si è occupato della schiena.
Ciro è stato all’Ospedale Niguarda di Milano, «settore est, secondo piano. Reparto di neurochirurgia, in fondo al corridoio a destra, stanza doppia, postazione numero 18: sta lì Filippo, è seduto al tavolino di fronte al suo letto e sorride, nonostante tutto», racconta Scognamiglio.
Poi tocca a lui dire qualcosa, tocca a Filippo. «Sì, perché sono vivo per miracolo. Non l’avevo capito subito, ma pian piano ne sto cominciando ad avere la percezione», spiega il 25enne della Uae-XRG «che ha passato (anche) il compleanno del 26 agosto da ricoverato: venti giorni prima, il 6, il terribile incidente in gara al Giro di Polonia, quando era finito contro un muretto a 60 all’ora: portato in ospedale prima in Polonia, è stato trasferito con un volo privato al Niguarda dove è stato sottoposto a operazioni complesse».
Poi le domande: Baroncini, ricorda qualcosa dell’incidente?
«Quasi tutto. Fino a quando, in pratica, sono stato sedato. C’era Diego Ulissi davanti a me, e anche un altro corridore. Era una sezione di discesa brutta, perché molto stretta. A quel punto...».
Che cosa è successo?
«In pratica, è apparsa una curva abbastanza secca e lì ho preso la ghiaia. Ho sbattuto, rimbalzando, e nel tornare indietro ho toccato pure un po’ le vertebre. E ho provato dolore».
Di cos’altro ha avuto percezione?
«Ho sentito subito l’impatto alle costole, perché facevo fatica a respirare. Le gambe le muovevo bene, da quel punto di vista ero tranquillo. Ma in faccia sentivo che c’era qualcosa che non andava. E meno male che per una questione di millimetri non è successo niente agli occhi...».
Come immagina i prossimi mesi?
«Io avrei voglia di bruciare i tempi, ma allo stesso tempo so che non devo farlo. So che il recupero deve seguire i tempi giusti, ed è al mio livello che devo tornare. Bisogna controllare bene la bocca, la mandibola, la futura postura. Senza dimenticare che, inevitabilmente, ho perso tanta massa e tanto peso».
Ha ragione Mauro, ci vuole tanta pazienza, non è un caso che oggi Filippo sia un paziente. Lo deve essere.