
Sono passati 10 anni da quando Fabio Aru ha vinto la Vuelta di Spagna. Era il 2015 e il sardo, che all’epoca correva con l’Astana, vinse la corsa a tappe spagnola davanti a Joaquin Rodriguez e Rafal Majka. Tanti sono i ricordi che ha di quella vittoria che tra l'altro quest’anno la Vuelta parte dal Piemonte, una regione alla quale Aru è molto legato.
Quest’anno sono esattamente 10 anni dalla sua vittoria alla Vuelta di Spagna. Che ricordi ha di quel 2015?
«E’ ancora molto emozionante e poi per questo anniversario la Vuelta partirà dall’Italia. Sarò testimonial della corsa e quindi avrò l’opportunità di essere presente sia alle partenze che agli arrivi e sarà bello vedere come si svilupperà la corsa e chi vincerà».
Nel 2015 lei era arrivato secondo al Giro d’Italia, con una certa delusione, poi però in Spagna riuscì a dimostrare di avere tutte le capacità per vincere un grande giro. Cosa è successo in Spagna?
«Diciamo che quando riesci ad arrivare secondo in realtà speri sempre di arrivare primo. Dopo il Giro d'Italia avevo deciso di staccare, non avevo partecipato neanche ai campionati italiani e stavo già preparando la Vuelta. Avevamo una buona tattica e ci sentivamo bene, ma c’era Dumoulin che ha lottato fino all’ultimo giorno e quando ti capitano corridori così, non puoi mai avere la certezza di vincere. Avevamo provato tutta l'ultima settimana ad attaccarlo e lui non perdeva un metro. Poi per fortuna anche con la squadra che avevo la situazione si è ribaltata e io ho vinto. Quando ho vinto la Vuelta, probabilmente ho capito veramente cosa vuol dire salire sul podio come vincitore».
Tra pochi giorni la Vuelta partirà da Torino. Che rapporti ha con il Piemonte?
«Il ciclismo è un veicolo di immagine molto molto importante infatti dovrebbe far riflettere molte persone. Come sappiamo manca in Italia una squadra World Tour da tanti anni, ma dobbiamo ricordare che il ciclismo è uno sport che ti dà tanta visibilità ed arriva nelle case della gente. Chi investe nel ciclismo fa anche delle analisi di mercato e di ritorno economico. La Regione Piemonte negli ultimi anni ha avuto tutti i più grandi eventi e questa volta chiuderà il cerchio con la Vuelta. Se si pensa a quello che rappresentano le Finals, con la fortuna di avere Sinner che giocava e questa generazione di italiani, ciclismo e tennis stanno veramente portando Torino a una dimensione mondiale. Lo scorso anno il Piemonte ha ospitato il Tour e quest’anno farà la grande partenza della Vuelta e poi è città del Giro. Insomma nell'arco di un anno e mezzo ha ospitato tutti e tre i grandi giri, una cosa unica».
Parlando delle tappe piemontesi, si partirà da Venaria e si arriverà a Novara il primo giorno. Che percorso vedremo?
«Sarà una grande festa dedicata ai corridori veloci nella prima giornata. Il secondo giorno, con l'arrivo a Limone Piemonte sono curioso di vedere cosa accadrà e non escluderei una bella azione di Ciccone. Onestamente quella zona non la conosco, mentre la terza tappa sarà nella zona di Alba, la conosco bene, sono dei posti pazzeschi. Poi ci sarà Susa e praticamente sarà come correre a casa mia. Ecco a Limone Piemonte, mi potrei già aspettare Ciccone in prima fila e se sarà bravo potrebbe anche conquistare la maglia rossa».
Ma cosa possiamo aspettarci da Ciccone?
«Se dovessi dargli un consiglio, per come lo conosco e da quello che ho visto negli ultimi anni, posso solo dirgli di crederci. E’ un corridore che nelle gare di un giorno ha dimostrato di poter fare degli ottimi risultati, il mondiale quest'anno è duro, ma gli direi di farci un pensiero. Per la Vuelta magari gli direi di concentrarsi su qualche tappa, piuttosto che inseguire la classifica generale. Alla Vuelta incontrerà corridori come Vingegaard, che sulle grandi salite non lasceranno niente a nessuno».
Tra gli italiani che possono fare bene, c’è anche Giulio Pellizzari che, dopo il sesto posto finale al Giro, in questa Vuelta potrebbe puntare alla classifica generale.
«Penso che dovrebbe correre per riconfermarsi o migliorarsi. Al Giro ha dovuto prima correre per Roglic e solo dopo ha potuto correre per se stesso. In questa Vuelta Roglic non ci sarà e penso che lo vedremo un po' più libero e quindi credo che potrà fare una buona classifica».
Il grande favorito per la vittoria finale è Jonas Vingegaard. Secondo lei dovrà preoccuparsi di qualche avversario o per lui sarà vittoria facile?
«Negli ultimi due Tour forse è andato addirittura più forte di quando ha vinto e quest'anno non ha portato a casa neanche una tappa. Vincere la Vuelta potrebbe essere anche un modo per lui di togliersi un po' di questa pressione. Poi penso che dovrebbe puntare anche ad altri obiettivi e provare la Liegi e venire al Giro d'Italia. Dovrebbe cercare di vincere qualcosa di diverso per allargare un po' il suo palmarès e uscire da questa gabbia del Tour. Credo anche che avrebbe bisogno di smarcarsi dal dualismo Vingegaard-Pogacar, perché poi alla fine Tadej lo mette anche un po' in mezzo e i risultati sono quello che sono. Può fare bene ma bisogna vedere in che condizioni è uscito dal Tour e quanto sarà riuscito a recuperare».
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