
Giovanni Battaglin è uomo da record: nel 1981 ha trionfato in Vuelta a Espana e Giro d’Italia. Vincere nel medesimo anno le massime gare a tappe di Spagna e Italia è impresa da grandi. Oltre al vicentino di Marostica ci sono riusciti Eddy Merckx (1973) e Alberto Contador (2008).
Quando alla Vuelta trionfarono Battaglin e Merckx il calendario del grande ciclismo era differente rispetto a quello attuale: la Vuelta a Espana era il primo dei 3 grandi Giri. Il record di Battaglin è imbattibile: vinse la Vuelta che si corse dal 21 aprile al 10 maggio, e poi il Giro d’Italia, 13 maggio-7 giugno. Nel 1981 l’umile e fortissimo Battaglin apparteneva all’Inox Pran del ds manager Davide Boifava. “Quando la Vuelta finì a Madrid – esclama Giovanni, ora 74enne – non feci nemmeno in tempo a passare da casa, andai subito in hotel a Trieste”.
Il Giro d’Italia 1981 iniziò con un cronoprologo nella città giuliana. Battaglin s’impose in una Vuelta di 19 giorni agonistici (2 dei quali con 2 semitappe), senza riposo. Nel Giro d’Italia ’81 (un prologo a cronometro più 22 tappe, in una giornata 2 semitappe) ci furono invece 3 giorni di riposo.
“Nell’arco di 48 giorni – aggiunge Giovanni con orgoglio – ho vinto Vuelta e Giro correndo praticamente in apnea”. Il poster di Giovanni trionfatore a Madrid in maglia “amarillo” (gialla) campeggia nella sua azienda di biciclette. “Era bella la maglia gialla – fa notare il campione – che si distingueva nettamente. Adesso per il leader della Vuelta c’è la maglia rossa che si confonde con quella di tanti Gruppi Sportivi”.
Nel 1981 si gareggiò anche in situazioni difficili. “Quando passammo nella parte nord della Spagna tante camionette coi militari e numerosi poliziotti ci scortarono. Si temevano attentati da parte dei separatisti Baschi, già anni prima era accaduto. Fortunatamente nell’edizione 1981 non si verificarono incidenti. Battaglin era capitano dell’Inox Pran, squadra che nei primi giorni di Vuelta vinse 2 tappe col neoprofessionista Guido Bontempi e una grazie ad Alfredo Chinetti.
“Avevo una buona squadra – prosegue Giovanni – che per aiutarmi si è spremuta come un limone. Il problema è che Bontempi, Leali, Sgalbazzi, Marcussen e Bausager erano velocisti o passisti, mi potevano aiutare nei primi 150 km di tappa, sulle ultime salite ero quasi sempre da solo contro tutti. Sulle salite finali al massimo mi rimaneva di fianco Luciano Loro”.
Nei primi 7 giorni dominò la scena soprattutto il francese Régis Clère. Il 29 aprile, giornata numero 8, ci furono 2 semitappe; al termine della prima, a Granada, Clère era leader. Battaglin vinse la cronometro pomeridiana Granada-Sierra Nevada (30,5 km), con la seconda metà in ripida salita, e balzò al comando della classifica.
“Miguel Lasa partì davanti a me. Lo stavo riprendendo ma forai la ruota posteriore. Il meccanico mi sostituì la ruota perché non volevo cambiare la bici, utilizzavo quella da cronometro e mi trovavo a mio agio. Comunque vinsi quella tappa, la maglia amarillo diventò mia e non me la tolsero più”.
Tuttavia Battaglin e la Inox Pran non ebbero vita facile fino a Madrid. Giovanni vinse la Vuelta con 2’09” su Pedro Munoz, 3° a 2’29” Vicente Belda. “Non furono solo Munoz e Belda a impensierirmi. Intanto nelle prime 15 posizioni la classifica rimase corta, con margini minimi tra l’ulto e l’altro, fino agli ultimi 2 giorni. Ogni fuga era pericolosa poiché ne facevano parte almeno un paio di avversari di classifica”.
A quell’epoca in Italia divampava la rivalità tra Battaglin, Moser, Saronni, Baronchelli che mai si sarebbero aiutati in gara. “Gli spagnoli alla Vuelta invece si aiutavano moltissimo. Si sono coalizzati contro di me”, precisa Giovanni. “Non solo , anche a livello organizzativo e mediatico quell’anno ho combattuto contro la Spagna. In una tappa Faustino Ruperez andò in fuga inizialmente favorito dalla scia di un automezzo della tv di Stato spagnola. Arrivò ad essere leader virtuale della classifica. La mia Inox Pran pilotò un miracoloso inseguimento e io salvai il primato in classifica”.
Nella tredicesima tappa con arrivo a Rasos de Peguera ci fu il violento attacco di Belda al leader. Lo spagnolo correva nella Kelme, squadra di orgogliosi spagnoli. “Belda fuggì e fu una delle occasioni in cui rimasi senza gregari. Lo inseguii da solo, quasi raggiungendolo. Belda vinse la tappa e io arrivai 2°, a 100 metri”. Invece Alvaro Pino cercò di dare scacco a Giovanni nella tappa numero 16, a Torreson de Ardoz. “E anche lui non riuscì a spodestarmi, il mio colpo di pedale migliorava costantemente. Gli spagnoli non si rassegnarono fino alla penultima tappa. E’ quella in cui Munoz, Belda, Pino, Ruperez e altri spagnoli mi affiancarono dicendo che ero il più forte e meritavo di vincere. Mi sentii lusingato”. Giovanni parla della Vuelta 2025: “Quando la vinsi non avrei immaginato che 44 anni dopo sarebbe partita dall’Italia. Abbiamo Antonio Tiberi che va forte anche a cronometro, alla Vuelta può fare bella figura. Anche Giulio Ciccone che vedo esplosivo e un po' mi assomiglia penso che ci regalerà soddisfazioni, come l’inossidabile Damiano Caruso”.
da Tuttosport