
Sono passati alcuni giorni dalla conclusione dei sei giorni delle rose di Fiorenzuola e, a pedali fermi, tuttobiciweb ha intercettato Claudio Santi, che assieme al gruppo di appassionati volontari della ASD Florentia organizza la manifestazione, per chiedere un bilancio dell’evento. Molti i temi trattati, ecco di seguito le riflessioni dell’esperto organizzatore emiliano.
BILANCIO POSITIVO. «Il bilancio è positivo, i sei giorni di gare sono andati benissimo e per questo successo sono stati determinanti diversi fattori. Durante le gare non abbiamo avuto cadute o infortuni; il meteo è stato favorevole e le gare si sono svolte senza eccessivo caldo. Abbiamo avuto una partecipazione numerosa e qualificata con atleti e atlete provenienti da tutto il mondo. Il successo è stato reso possibile anche da tutte le persone che si sono impegnate per consentire agli atleti di gareggiare e, attenzione, non mi riferisco solo a chi fa parte della squadra organizzativa della ASD Florentia ma di tutte le persone che nei vari ruoli, si sono messe al servizio degli atleti e delle atlete: sono loro i veri protagonisti dell’evento. Infine un grazie ai nostri sostenitori: il successo è anche merito di questo gruppo di amici che sono al nostro fianco da ventotto anni Come sempre quando una manifestazione va così bene l’asticella si alza ed è complicato ripetersi ma sono sicuro che con l’aiuto ci riusciremo».
IL CAMBIO DI FORMULA: DALLA 6 GIORNI AI GRAN PREMI «Modificare la formula passando dalla 6 giorni ai Gran Premi per noi è stato fondamentale: in questo modo abbiamo avuto più di 150 atleti in pista di cui 85 ragazze, quando con la 6 giorni avremmo avuto un numero limitato di coppie in gara. Aggiungiamo che le gare attribuivano punti per il ranking che servono agli atleti per la qualificazione ad eventi come mondiali e giochi olimpici ed è facile comprendere come la differenza a favore della nuova formula sia enorme».
L’IMPORTANZA DEL RINNOVAMENTO CONTINUO «Rinnovare è il segreto di ogni azienda e della vita. Innovare la nostra manifestazione è stato importante per stare al passo coi tempi e, per dirla con il gergo ciclistico, “non perdere il giro”. Le 6 giorni tradizionali hanno degli enormi problemi. Vi invito a riflettere: Berlino si corre in due giorni mentre Monaco, Grenoble e Parigi non ci sono più. Non c’è più un calendario delle 6 giorni. I motivi? Certamente molteplici, uno certamente è il cambiamento del ciclismo».
BEN OLTRE LA PARITÀ DI GENERE «Un dato importante che ci riempie d’orgoglio, come ho detto prima, è quello del numero delle atlete: 85 rispetto ai 65 uomini. Anche questo è indicativo del cambiamento del ciclismo. Vent’anni fa non avremmo mai pensato di correre con più di 20 donne e con più di 40 uomini».
RICORDI ED EMOZIONI DEGLI ATLETI. «La speranza e l’obiettivo del nostro gruppo è di lasciare agli atleti dei ricordi e delle emozioni: ritengo siano preziosi come gioielli, più delle medaglie e delle vittorie. Questo ovviamente vale anche per noi organizzatori e, conclusi i giorni, di gara rimangono nella mente e nel cuore di ognuno. Se, tornando da Fiorenzuola, ci si portano a casa ricordi ed emozioni abbiamo raggiunto il nostro obiettivo».
VERSO IL 2029 E I 100 ANNI DEL VELODROMO. «Il nostro obiettivo è il 2029. In questi anni lavoreremo per arrivare a celebrare i cent’anni di un Velodromo che il 17 ottobre 1929 ha vincere Girardengo, che ha visto gareggiare Coppi, Bartali, Coblet, Bugno, Hoy e tanti altri ragazzi e ragazze, fino ai giorni d’oggi. Già da subito ci sarà un cambio di leadership e disegneremo a più mani la prossima edizione della manifestazione con Luca Taranti che ha polso fermo e l’età adatta per farlo. Non so dire come sarà l’edizione 2026, so quasi dire cosa faremo fra quattro anni. L’obiettivo principale, lo ripeto, è festeggiare i cento anni del Velodromo Attilio Pavesi».
VELODROMI ALL’APERTO E VELODROMI COPERTI. «Nella sua storia il Velodromo Pavesi ha ha attraversato diversi momenti difficili: le guerre, la crisi della pista negli anni ’70 e la crisi degli ultimi anni in cui sembra che i velodromi debbano essere solo al coperto. In realtà i velodromi coperti stanno attraversando una crisi mondiale terrificante e del mantenimento della attività internazionale nei velodromi all’aperto. Basti pensare che e gare internazionali di classe 1 in Europa si svolgono in piste all’aperto come Fiorenzuola, Pordenone, Dublino – solo per fare degli esempi – mentre nei velodromi coperti non si corre quasi mai, eccezion fatta per i campionati del mondo. La motivazione è molto semplice: i velodromi all’aperto sono più gestibili e meno dispendiosi. Il Velodromo Pavesi di Fiorenzuola ha avuto tante date certe di fine ma la fine non si è vista. Al contrario, nei recenti sei giorni delle rose si è visto un mare di partecipanti e di appassionati».
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