
È nato a Brest nel 1967 Jean-François Quénet, francese e, orgogliosamente bretone, ma di pari passo cittadino del mondo per vocazione e professione. Parliamo di una presenza giornalistica a tutto campo, costante e importante, seppure anche volutamente defilata, del giornalismo del movimento professionistico ad elevato livello. Orgogliosamente bretone e, quindi, diciamo per inevitabile conseguenza, appassionato di ciclismo, il quale premette ed evidenzia che Brest è la città che ha ospitato il più elevato numero di “grandi partenze” del Tour de France dopo la capitale Parigi. Un segno tangibile della passione per le due ruote che pervade la Bretagna con il fiore all’occhiello – declinato un po' al passato - della gara Paris-Brest-Paris, nata nel lontano 1891, gara per corridori professionisti che, riassunta in soldoni, misurava (e misura) 1.200 chilometri circa (lo ribadiamo in lettere milleduecento km.) con un albo d’oro di primo rilievo che, dal 1951 – per mancanza di concorrenti professionisti disposti a sobbarcarsi tale fatica con l’aggravante del forte e costante vento proveniente dalla vicine coste marittime - si è trasformata in una randonnée cicloturistica (si fa per dire). Attualmente si disputa ogni quattro anni.
Brest è un’importante città portuale, sia commerciale, sia militare, disposta lungo un vasta rada, la più estesa d’Europa, affacciata sul mar Atlantico, prossima al canale della Manica, nel dipartimento della Finistère (significa proprio “fine della terra”), all’estremità occidentale della Francia.
E, nella lingua francese, “tonnerre” che significa tuono è associato al nome di Brest per indicare forti temporali con lampi, tuoni e onde impetuose.
Già dall’età di sei anni Quénet legge quotidianamente il giornale locale, a grande diffusione, Ouest-France che, naturalmente, in rispetto dello spiccato DNA ciclistico dei lettori, riserva molto spazio ai protagonisti delle due ruote. A sedici anni, studiando con profitto, si impegna a scrivere di ciclismo, collaborando nel 1984 con la prima edizione del Tro Bro Leon, manifestazione che alterna asfalto a sterrato e seguendo la squadra calcistica del Brest che, quest’anno, si è addirittura cimentata nella Champion’s, puntualizza con un certo, malcelato ma comprensibile, orgoglio.
Nel 1988 il giornalismo, in chiave sportiva, diventa l’attività professionale di Quénet, soprattutto nell’ambito delle due ruote, scrivendo per il quotidiano regionale, a grande tiratura, Ouest-France, il parigino Le Parisien libéré, Cyclingnews.com e molteplici riviste specializzate come Velo Magazine, in Francia e altre all’estero fra le quali BS e tuttoBICI. La sua produzione pubblicistica si articola anche in annuari, sempre di ciclismo, dove spicca Le Livre d’Or.
La sua carriera inizia un nuovo capitolo, importante, con la collaborazione assidua e apprezzata nel settore della comunicazione di primari enti organizzatori come ASO, RCS Sport, Unipublic. Di pari passo s’avvalgono della sua disponibile ed apprezzata competenza nel settore manifestazioni assai più giovani come il Giro di Turchia, il Tour de Langkawi in Malesia, un po' il suo posto del cuore, alcune corse in Cina. La sua valigia, come lui, è sempre in viaggio. Un sintetico riassunto delle sue attività propone un palmarès impressionante e, anticipando un po’ scaramanticamente i tempi con un “se tutto va bene”, a fine 2025, assommeranno a 70 (settanta per ribadire e confermare) grandi giri.
Al Giro d’Italia e alla Vuelta spagnola, da una decina d’anni, svolge la funzione di primo intervistatore per sollecitare e raccogliere le immediate impressioni e dichiarazioni dei protagonisti di giornata e dei leader delle differenti classifiche nelle interviste “flash” del circuito televisivo internazionale. E Jean-François Quénet porge il suo microfono al corridore intervistato ma rimanendo sempre, con la sua innata discrezione, dietro la telecamera. Parla varie lingue con naturalezza così come conosce tutte le espressioni e le definizioni, anche quelle gergali, proprie del variegato circuito internazionale a due ruote.
E il nostro è anche un po’ un “talent scout” di promesse ciclistiche e, in tema, ricorda i nomi del belga Philippe Gilbert e di corridori degli antipodi e dintorni come gli australiani Bradley McGee, Baden Cooke, Simon Gerrans e Caleb Ewan oltre al passista svedese Thomas Lofkvist e del francese Yoann Offredo.
Tanto per non farsi mancare nulla, ha creato in Francia il Trofeo Madiot, una classica nel suo genere per la categoria Allievi. Per la sua naturale riservatezza non parla della sua funzione propedeutica di formazione “on the road” in favore di giovani che vogliono intraprendere la carriera giornalistica con particolare derivazione ciclistica.
Grazie ai suoi rapporti con organizzatori di tutto il mondo coordina la partecipazione di un certo numero di giovani giornalisti, provenienti da vari Paesi, per offrire loro la possibilità di vivere un’esperienza formativa partecipando dal di dentro, “live”, in un settore sempre più stanziale, a qualche gara a tappe in vari continenti. Ed è certo e comprovato che lui non lesina, con il suo garbo, consigli ed esperienze personali in una materia che conosce e ama profondamente.
In conclusione, Jean-François Quénet sintetizza così il suo lavoro, una passione oltre che un lavoro, “seguire i giovani corridori e atleti di altri sport, principalmente calcio e basket”.
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.