
Kaden GROVES. 10 e lode. Problemi di velocità? Bene, vinco in solitaria. Colpo a sorpresa in una tappa filata via a 50 km orari, con una condotta di gara di rara bellezza e lucidità. Gamba dinamitarda per l’australiano, che oggi in una tappa modello classica del nord fa valere la sua ispirazione. Dopo 7 tappe alla Vuelta e 2 al Giro completa la collezione con un successo che difficilmente dimenticherà. È il 114esimo corridore della storia a completare la “trilogia”, almeno una tappa in tutti e tre i Grandi Giri.
Frank VAN DEN BROEK. 4. Il 24enne corridore olandese della Picnic (ma quanto sono stati bravi) corona una giornata all’attacco con un posto d’onore di assoluto livello, ma al pari di Eenckhorn ha la colpa di ingaggiare un minuetto con il compagno di fuga: vai tu?... E Kaden va…
Pascal EENCKHORN. 4. Vale il discorso un po’ per tutti questi ragazzi, che oggi non si sono presi pause, hanno battagliato come se non ci fosse un domani. Tutto bene, poi quando parte Groves si prende una pausa di riflessione.
Simone VELASCO. 6,5. È il primo degli italiani, anche oggi. È a quasi 3 ore, ma corre con personalità cercando di sfruttare le occasioni più adatte a lui. In una corsa così dura e veloce non è come dirlo, non è semplice. Con Ballerini tiene in piedi la spedizione francese della XDS Astana.
Tadej POGACAR. 10 e lode. Vince un Tour che era fatto ad immagine e somiglianza di Jonas Vingegaard. Era perfetto per il danese, ma lo vince lo sloveno. Tante le vette sulle quali Tadej aveva sofferto, patendo la supremazia del “re pescatore”, che stavolta viene preso a pesci in faccia. A Caen nella crono la prima lezione, che sa tanto di KO tecnico e, con il senno del poi, oggi possiamo anche dirlo. Lo appende nuovamente al Muro di Bretagna, per poi sferrargli un uno-due pirenaico impietoso ad Hautacam (prima rivincita) e nella cronoscalata di Peyragudes, dove vince a mani nude e con una bici da strada, senza ammennicoli spaziali: basta lui, l’extraterrestre. Quindi le Alpi Marittime, con il gigante della Provenza, il Monte Ventoux. Dove soffrì due anni prima, questa volta fa soffrire lui. Infine le Alpi, dove decide di difendersi, visto che sono tappe adattissime al danese, che fa e disfa lungo la vallata verso Courchevel Col de la Loze, dove Taddeo ha patito la sconfitta più cocente della sua stratosferica carriera. Punture di spillo, che non fanno male allo sloveno che decide di alzare il piede dall’acceleratore, perché la sua assetata voglia di vincere ha irritato gran parte del gruppo e allora lascia fare, ma c’è sempre chi ha da dire: ma questo è spettacolo? Sorride Tadej, visto che ha imparato a contare fino a quattro prima di mandare qualcuno a quel paese. Uno due tre quattro tour, chiamatelo Tadej Pokercar.
Jonas VINGEGAARD. 7. Ha dalla sua il percorso, che gli sorride parecchio. L’ultima settimana è l’ideale per far saltare in aria il Marziano, che però non si scompone, sfortuna per lui. Non si muove di una virgola, anzi i puntini sulle “i” li mette Tadej. Il danese ha dalla sua il fatto che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Provate a pensare un Tour senza di lui: altro che noia. Il problema è tutto però nelle sue parole, imparate come una stucchevole poesiola natalizia e ripetuta con ossessiva costanza senza convinzione. «Il Tour non è finito: il bello deve ancora venire». «Io sto benissimo e a costo di rimetterci il secondo posto proverò tutto il possibile». Parole, soltanto parole. La realtà è stata un’altra: un corridore che si è accontentato, che nel tappone alpino di Courchevel riesce ad isolare l’avversario e resta con lui. Si fa sotto a sei fuggitivi compreso l’americano Jorgenson e, inspiegabilmente, invece di farlo tirare a tutta lungo la vallata, lo manda in fuga e si fa riprendere da un gruppetto di corridori che era a quasi 3’. Non aveva le gambe, direte voi. Certo, allora poteva risparmiare di dire anche dopo il Col de la Loze: «Il Tour non è finito», come un pugile suonato.
Florian LIPOWITZ. 8. Per il tedesco il podio con quei due giganti vale quanto un successo. Terzo e maglia bianca del Tour: la Red Bull Hansgrohe salva il Tour con questo ragazzo 24enne che dimostra di possedere ancora qualche margine di miglioramento. Tra due giganti emerge anche il lillipuziano Lipowitz.
Oscar ONLEY. 9. Il ragazzino (ha 22 anni) della Picnic viene sulle strade di Francia per fare una gita tra i grandi e si accorge di non essere più piccolino, tantomeno invisibile. Lo scozzese è la vera e autentica sorpresa di questo Tour e lo conferma dall’inizio alla fine, facendo una corsa d’avanguardia dall’inizio alla fine, senza l’ausilio di fughe bidone o situazioni strane che lo agevolino. Lui si piazza li con i migliori orchestrali del mondo e suona a orecchio, mostrando anche ottime gambe e buona testa. È la nota più positiva, quella di Onley you.
Felix GALL. 7. Il 27enne austriaco della Decathlon Ag2r La Mondiale conferma la sua solidità. Lottatore fatto e finito, capace di attaccare e incassare come pochi. Non si piega mai sulle ginocchia, aggrappato al manubrio mangia la strada.
Tobias JOHANNESSEN. 7. Il 25enne norvegese della Uno X Mobility regala a sé stesso e al suo giovane team un piazzamento nei dieci (6°) prestigioso come pochi. Regolarista.
Kevin VAUQUELIN. 7,5. Ha 24 anni il transalpino, se ci lavora può anche migliorare. Il ragazzo della Arkea B&B è chiaramente una delle note più liete e sorprendenti di questa corsa. Anche per lui vale il discorso fatto per Onley: quello che alla fine ottiene è frutto di lavoro e non di una giornata estemporanea andata bene. Corre con grande determinazione dall’inizio alla fine. E anche nel finale, difficilissimo, si difende molto bene.
Primoz ROGLIC. 6,5. Onore al grande sloveno. Alla soglia dei 36 anni, dimostra di essere ancora sul pezzo e fa quello che ci si aspetta che faccia: ma non era scontato. Serio, scrupoloso e generoso (pure troppo), si mette al servizio della squadra e impartisce consigli. Ha esperienza da vendere e ne regala un po’. A lui nessuno fa regali, ma Primoz è sempre generoso.
Ben HEALY. 6. È un folletto un po’ troppo folle, anche se in questo Tour dimostra di muoversi con maggiore lucidità e attenzione. Vince una tappa, ma nell’ultima settimana, che sarebbe a lui adattissima visto che sarebbe un grimpeur, si fa molto desiderare e aspettare. Insomma, mi convince a metà.
Jordan JEGAT. 7. A sorpresa il 26enne transalpino della TotalEnegie porta a casa un 7° posto di tappa e un insperato 10° posto nella generale, che soffia proprio sul finire a Ben O’Connor. Solo cinque anni fa questo ragazzo faceva l’operaio in fabbrica, con i suoi genitori ha deciso di prendere un anno sabbatico per provare il tutto per tutto nel ciclismo: un po’ come oggi. Bravo Jordan!
Ben O’CONNOR. 6. Non arriva al top della condizione in Francia e qualche problemino lo rallenta nei primi dieci giorni. Però l’australiano è tosto, capace e resiliente. Si mette pazientemente a caccia di una vittoria di tappa e alla fine la trova. Raggiunge anche la top ten, ma oggi dorme come se i giochi fossero finiti, mentre c’è chi ha voglia ancora di giocare.
Tim WELLENS. 8. Il campione del Belgio si fa vedere anche oggi, come per tutto il Tour. Fa di tutto e di più: è l’uomo in più di Tadej.
Matteo TRENTIN. 8. Fa l’uomo squadra, perché lo è. Consiglia, supporta e aiuta. Anche oggi all’attacco, prova la gloria personale, ma le gambe ormai sono quelle che sono. Corridore prezioso, ragazzo d’oro.
Thymen ARENSMAN. 8. Tiene in piedi la baracca Ineos, vincendo due bellissimi tapponi. Doveva essere l’uomo d’aiuto per chi avrebbe dovuto fare classifica come Carlos RODRIGUEZ (voto 4), e alla fine aiuta mettendosi in proprio.
Guillaume MARTIN. 4. Il filosofo ha cervello fino, ma le scarpette sui pedali girano con meno intensità di un tempo.
Enric MAS. 4. Era l’uomo di punta della Movistar e il team spagnolo sprofonda nella sofferenza di questo ragazzo che solo a sprazzi fa vedere di essere in possesso di talento.
Emanuel BUCHMANN. 4. Malanni, condizione approssimativa, testa che si stacca dal cuore e dalle gambe: mille ragioni per una disfatta netta e totale.
Michael STORER. 5,5. Arriva al Tour sfinito, dopo una primavera-estate interminabile. Forse hanno anche preteso troppo da questo ragazzo.
Julian ALAPHILIPPE. 6. Per l’impegno, per la continuità, per la voglia di risalire la corrente come un salmone instancabile meriterebbe una vittoria di tappa. Si batte e si dibatte, non conosce la resa. Per me amore eterno. W LouLou.
Bruno ARMIRAIL. 6,5. Uomo squadra (Decathlon) e uomo ovunque: è tra quelli che si distinguono per dare sempre qualcosa. Mai banale.
Geraint THOMAS. 6. Il SignorG è un signore. Non lo si vede quasi mai, se non staccato nelle retrovie, ma cosa volevamo ancora da lui? Era all’ultima recita: applausi.
Quinn SIMMONS. 8. Capitan America è fenomenale. Sia come personaggio che come corridore. Instancabile faticatore, attaccante nato, gladiatore senza pari; si butta nella mischia e straforma il wrestling in ciclismo.
Michael WOODS. 4. Il Signor Woods è un galantuomo, sempre ispirato dal sole, con due pistole caricate a salve e un canestro vuoto (di risultati) pieno solo di parole. (chiedo scusa a De Gregori per la libera, molto libera, interpretazione).
Santiago BUITRAGO. 4. Arriva a quasi tre ore, chiaro che qualcosa non è andato per il verso giusto, ma lui è andato in ogni caso troppo piano. Troppo.
Wout VAN AERT. 5,5. Conosciamo la classe, conosciamo il temperamento, conosciamo la sua tenuta e la sua voglia di dare battaglia, ma questo è il lontano parente di Wout Van Aert.
Jonas ABRAHAMSEN. 7. È un vichingo, che non ha paura, che non si fa intimorire, tutt’al più intimorisce. Che curidur…
Lenny MARTINEZ. 6. Il nipote e figlio d’arte che ha uno “zio” che lo considera come un figlio (Ivano Fanini) fa quello che può. Si fa vedere, si mette in mostra, per qualche giorno indossa anche maglia a pois, prima di essere risucchiato nel ventre del gruppo. Non è un gigante, ma si fa vedere.
Marc HIRSCHI. 4. Chi l’ha visto?
Vincenzo ALBANESE. 6,5. Corre tra mostri con personalità, mostrandosi.
Luke PLAPP. 6. Quando serve c’è. Applausi. Plap plap plap.
Biniam GYRMAY. 5,5. Fa bene la prima volata, poi fatica tanto, troppo.
Arnaud DE LIE. 4. Era deputato a fare le volate: sulla carta.
Jonathan MILAN. 10. Ha una missione: vincere al suo esordio sulle strade di Franca almeno una tappa. La prima sarebbe stato il massimo, ma la manca. Poi di tappe ne vince due e rompe il digiuno italiano dopo 113 tappe senza vittorie. Riporta in Italia la maglia verde, che è stata prima di lui solo di Franco Bitossi e Alessandro Petacchi. Ci siamo giocati il Jonny e ci è andata bene.
Tim MERLIER. 9. Se lo porti allo sprint sono dolori per tutti. Se fora o viene rallentato da una caduta, qualche speranza c’è. Il suo lo fa: sempre.
Dylan GROENEWEGEN. 4. Si è perso, si perde, non vede più il traguardo.
Phil BAUHAUS. 7. Fa quello che può con quello che ha: e fa tanto.
Arnaud DEMARE. 4. Ha perso la rotta, ha rotto la bussola.
Davide BALLERINI. 6. Non si tira indietro, quando gli capita l’occasione si fa vedere e prova a cambiare il corso della storia.
Joao ALMEIDA. 7. Fin che c’è stato ha fatto un lavoro esemplare, poi i suoi compagni, con Politt e Wellens in testa, dimostrano che la Uae non è così debole…
Remco EVENEPOEL. 5. Ha sempre subito, costantemente. Ad ogni scatto sempre in affanno. Conferma di essere il numero uno delle crono, esclusa la cronoscalata, ma lì non era più il vero Remco. Lui è convinto di essere vicino ai due giganti, secondo me Onley e Lipowitz gli sono davanti.
Mattias SKJELMOSE. 4. Si è fermato, ma quando c’era era troppo fermo. Per la Lidl-Trek una grande delusione.
Jasper PHILIPSEN. 8. Forse sarebbe stato il più veloce di tutti, chissà, ma poi finisce per terra. Quello che fa vedere, però, è giusto ricordarlo.
Mathieu VAN DER POEL. 8. Sarà un caso, ma quando si ferma lui (polmonite) il Tour sembra un po’ ammosciarsi. L’olandese volante riempie i vuoti e la sua assenza non solo si vede, ma si sente.