
“Ho pagato tutto in anticipo – gli disse Fausto Coppi -. E ogni lira guadagnata è un colpo di pedale”. Enzo Biagi incontrò il Campionissimo al Sestrière nel 1959. “Era la sua ultima stagione. Stava per compiere quarant’anni, e un cronista lo aveva già chiamato ‘il nonnino’. Ma continuava a rispettare le regole e le buone abitudini degli atleti: filetto al sangue, frutta cotta, germi di grano, acqua minerale”.
Il flash è alla pagina 141 di “Incontri e Addii” (Rizzoli, 1992, riemerso in un book crossing), un libro autobiografico, ma in cui le vicende personali “fanno solo da sottofondo alla vita degli altri”. Biagi dedicò a Coppi neppure due pagine, ma quell’incontro, che allo stesso tempo era anche un addio, memorabile, senza sconti, senza omaggi, senza freni. E di Coppi, anche in questi giorni alpini di Tour de France, spesso di racconta.
“Facemmo colazione al Sestrière – scriveva Biagi -, c’era anche Giulia Occhini, l’amica, e Flora Lillo, una soubrette, che in quel momento stava con Mike Bongiorno. Giulia Occhini non mi sembrò una fine diplomatica; durante la conversazione disse: ‘Tutte le attrici sono puttane’, e Flora Lillo, pronta: ‘Però, anche certe signore’”. Giulia, la Dama Bianca, non era un’amica, neanche l’amica, ma la moglie. E Flora era un’attrice: in tv nel programma “Rosso e nero” con Corrado, nella serie del Tenente Sheridan, nello sceneggiato “Anna Karenina”, in teatro con Macario e Nino Taranto, nel cinema con Amedeo Nazzari.
“Fausto parlava sottovoce, garbatamente, era gentile e pacato; magro, timido, solitario, non suscitava forti impressioni”. Timido, ma sapeva confidarsi, spiegarsi, raccontarsi, anche a Biagi. “Dicono che ho avuto dalla mia parte molta fortuna, e forse mi invidiano. Può darsi, ma tante volte io penso come sarebbe stato bello se fossi rimasto a Castellania, con mio padre e con Serse, a lavorare i campi. Io sono nato contadino, certe cose non sarebbero accadute, si può essere felici anche con pochi soldi, non importa avere il nome sui giornali”. Biagi insisteva: “Neppure in famiglia c’era tanta comprensione; la madre lo chiamava ‘lo zingaro’ e il giorno che Serse cadde la moglie (Bruna Ciampolini, ndr) gli disse: ‘Anche tu farai la stessa fine’. Aveva rinunciato alla giovinezza”.
Le curiosità a volte sembrano sempre le stesse: “Gli domandai che cosa occorreva per diventare un campione: ‘Saper soffrire, saper resistere quando il caldo e la polvere soffocano, quando sei straziato dalla stanchezza e dallo sconforto, quando sei solo e sconfitto”.
Erano, quelli, gli ultimi fuochi. Coppi viaggiava e pedalava in cerca di ingaggi. “Gli avevano offerto duecentomila franchi per sera, e per molti mesi, pur che andasse a correre, come aveva fatto Robic, in un circo francese: ‘Ne va della tua dignità’, intervenne la signora Occhini, ‘non potrò sopportare questa umiliazione’. ‘Ma Giulia’, disse pacato Coppi, ‘io sono soltanto un corridore in bicicletta, e se mi pagano bene perché non dovrei? E’ il mio mestiere e ho dei figli’”.
Il finale dell’incontro non sarà il finale che Coppi aveva previsto: “Cercherò dei giovani, farò il direttore sportivo. Mi occuperò di quelli che non hanno mai vinto, di quelli che fanno fatica a trovare una bicicletta, e un cambio di tubolari. C’è chi corre per mangiare, solo per mangiare. Anche le antiche polemiche si sono spente. Con Bartali siamo amici, ci vediamo volentieri. E penserò a tirar su mio figlio Angelo Fausto, ha il mio carattere: è testardo. Forse, lei capisce, è viziato. Sua madre non sa dirgli di no. Ma è bravo, Fausto”.
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