
Un nuovo reportage, trasmesso venerdì sera dal consorzio televisivo tedesco ARD, riaccende i riflettori sul doping nello sport e in particolare nel ciclismo.
Tutto parte dall’Operazione Aderlass, che nel febbraio del 2019 sconvolse prima il mondo dello sci nordico e poi quello del ciclismo. Il documentario, dal titolo “Dietro le quinte del doping”, prende le mosse dalle parole del procuratore capo di Monaco di Baviera, Kai Gräber, che si è occupato in prima persona del caso Aderlass. Secondo Gräber, non sono state condotte ulteriori indagini nei confronti di circa 20 sospettati ed è possibile che i fatti non possano più essere perseguiti perchè ormai giunti o prossimi a giunere alla prescrizione.
In particolare si parla di un personaggio che operava nel team Ineos (personaggio che ha rifiutato di rispondere così come il team britannico ha deciso di non commentare) e che avrebbe presentato al dottor Mark Schmidt, figura centrale dell’intera inchiesta - condannato in sede penale e radiato dall’ordine dei medici - uno spacciatore del quale non viene mai fatto il nome ma solo il nickname, Mister Baltazar. Tramite questa figura, gli elementi coinvolti avrebbero acquistato sostanze vietate come Aicar e TB500, ma nelle chat allegati agli atti del processo penale si parla anche di apparecchiature vietate, sulla carta destinate esclusivamente ad istituti medici.
Secondo un testimone diretto, che ha depositato una dichiarazione giurata, l’Aicar - che aveva fatto parlare molto di sé attorno al 2010 - sarebbe ancora molto utilizzato in gruppo: si tratta di un attivatore metabolico endogeno che, usato nella sua forma sintetica, consente di aumentare l'energia muscolare e riduce l'affaticamento.
È vero che l’Aicar è stato inserito da anni ormai nell’elenco delle sostanze vietate, ma nel documentario il nutrizionista Oliver Catlin, esperto di doping, ha dimostrato come una semplice ricerca su Internet gli abbia permesso di trovare 166 preparati simili ad Aicar, dei quali solo 4 sono nella lista dei prodotti vietati dall'Agenzia mondiale antidoping (WADA).
Oltre all'Aicar, il testimone parla anche dell'EPO, sostanza che non è passata di moda e sarebbe ancora utilizzata in gruppo con la tecnica dei microdosaggi.
«Ritenere che nulla di proibito sia accaduto al Tour de France dal 2015 (anno dell’ultimo controllo positivo in corsa, fra l'altro una positività per uso di cocaina giudicata doping non intenzionale, ndr) ad oggi è ridicolo - spiega un ex ciclista professionista, anche lui protetto dall’anonimato -: il fatto è che molte persone hanno paura di parlare. So che qualche ciclista voleva testimoniare ma si è fermato quando ha ricevuto minacce di morte».