La voce gira subito: ore contate per la passeggiata turistica di Teddy l'ingordo. Ha finito di fare la bella vita. Si profila all'orizzonte il suo grande avversario, sempre più forte e minaccioso: il virus. Nessuno l'ha iscritto, ma è partito da Torino senza farsi notare e tappa dopo tappa sta venendo fuori con prepotenza. Tutti i giorni, al via, facciamo la conta dei partenti, verso casa: malati veri, malati così così, malati con una bassissima soglia di sofferenza. Nel complesso, comunque una mezza epidemia. Gli ultimissimi sono Uijtdebroeks e Oldani, il primo addirittura maglia bianca, gran bel corridorino.
Girando per i pullman cerco di chiarire con i medici delle squadre la natura dei malanni, ma alla resa dei conti è come stabilire se sia meglio in bianco o al sugo: non c'è una spiegazione unanime e certa. Chi dice virus respiratorio – ma c'è anche qualche corridore appiedato da problemi gastroenterici -, chi dice ma quale virus, è colpa dei continui cambi di tempo e di temperatura, con tutto quel che segue in tema di laringiti, raffreddori, bronchiti. Chiedo anche se l'allarme sta spingendo a prendere qualche precauzione in più, tipo un prudenziale ritorno alla mascherina, ma tutti parlano del solito protocollo, niente di diverso: tamponi appena qualcuno ha i primi sintomi, rapporti esterni con tifosi e amici limitati al minimo, vestizioni e svestizioni in corsa e nel dopocorsa più tempestive. Per il resto, un bel segno di croce e che il Cielo provveda.
Se striscia il virus – o chi per esso –, ancora più strisciante è l'impronunciabile piano d'attacco degli avversari di Teddy. Dove non possono arrivare loro, adesso sperano chiaramente che arrivi la costipazione. Non per augurargli niente – no, figuriamoci, quando mai -, ma solo per pura verità: come colpisce gli altri, perchè non potrebbe azzoppare anche la maglia rosa? Fa parte dei giochi, in una gara di tre settimane. Lo sanno tutti. Non basta la forza, deve andare tutto bene. E se la forza è quella che è, sovrumana, insuperabile, la vulnerabilità si associa alla salute. Con un virus così dilagante, è un attimo patire (tenendo pure conto, confermano i dottori, che col passare dei chilometri e degli stress, il fisico s'indebolisce e la difese calano).
Messa così la seconda metà del Giro, torna prepotentemente d'attualità la teoria che tanto piace ai supertecnici dell'opinionismo da palco: il Giro non è finito, può ancora succedere di tutto. Ma va? E pazienza se non saranno i rivali a battere Teddy sulla strada, ma il malanno. Da qui in poi, gli osservatori non si concentreranno più sui soliti parametri di valutazione (watt, pendenze, distacchi). Al posto del cronometro, useranno il termometro.
Però vorrei dare subito una notizia, a chi tifa virus: risulta agli atti che Teddy abbia già battuto pure quello. Più precisamente: lo stia battendo. La Uae se l'è trovato in casa sin dai primi giorni, ne hanno sofferto in diversi, corridori e personale. Anche Teddy. Il giorno peggiore resta quello della cronometro Foligno-Perugia, così mi conferma il diesse Fabio Baldato, quel giorno pure lui in bambola, guarda caso il giorno in cui il mondo-Giro accusò poi Teddy d'essere un po' isterico, quanto meno nervoso e scorbutico. Altro che insofferenza alla popolarità e ai cerimoniali rosa: era preoccupato, seriamente preoccupato perchè non stava bene (alla faccia della malattia, crono stravinta, quanto avrebbe rifilato se perfettamente in salute?).
Il peggio comunque sembra passato. Teddy ha ancora le narici un po' infiammate – notare nei primi piani l'abbinamento cromatico con la maglia rosa –, ma siccome di armocromisti ne abbiamo già abbastanza converrà assestarci nella nuova prospettiva del Giro 2024: tecnicamente, in gara, è strafinito, ma fino all'ultimo chilometro si porterà dietro l'incombente variabilità dell'imponderabile, dal virus al vaso di gerani in testa. Ammettiamolo, va bene, può succedere di tutto. Al Giro come nella vita. Ma qualcosa mi dice che, eventualmente, a battere Teddy non sarà un avversario in bici.