PINARELLO: IL METODO TOYOTA PER IL BRAND TREVIGIANO

PROFESSIONISTI | 30/06/2021 | 11:22
di tuttobiciweb

Il Toyotismo, ossia il processo di produzione snella che ha fatto la fortuna del brand nipponico, è stato poi esportato con successo nel mondo dell'impresa. Il Corriere della Sera,nella sezione economica, dedica un approfondimento a Pinarello. Il brand trevigiano, che ha fatto scuola nel mondo, viene raccontato dal CEO Antonio Dus.


Metodo Toyota per Pinarello, uno dei più noti marchi al mondo di biciclette. L’azienda di Treviso ha cambiato socio di maggioranza con l’ingresso nel 2017 del fondo L Catterton (Lvmh) ma non la sua vocazione. E ora il nuovo management, con alla guida Antonio Dus, amministratore delegato da gennaio di quest’anno, vuole fare la «rivoluzione» per unire alla parte «anima e poesia» un modello scientifico di organizzazione. Obiettivo numero uno: «Consegnare la “bici da sogno” al cliente-ciclista in tempi giusti: non si possono aspettare 6 o 10 mesi», dice Dus, che proviene da un altro brand sportivo, Tecnica, e conosce bene le imprese Made in Italy «innamorate del prodotto». 


Difficile cambiare in un brand storico?

«Bisogna partire dal percorso già fatto. Il marchio nasce dallo sport: Giovanni Pinarello è stato l’ultimo vincitore della “maglia nera”, assegnata all’ultimo arrivato nel Giro d’Italia, così ambita che hanno dovuto ritirarla perché i corridori si gettavano fuori strada pur di arrivare ultimi, visto che dava molta visibilità. Nel 1952 smette e fonda la casa di produzione di bici da strada con il suo nome. Era comunque un ciclista da Giro e il marchio ha vinto più di tutti gli altri: quest’anno con il Giro d’Italia siamo arrivati a 30 Grand tour ». 

E allora perché una «rivoluzione»?

«Pinarello anche dopo il passaggio delle consegne a uno dei figli di Giovanni, Fausto, che oggi è il presidente, ha mantenuto sempre un’attenzione spasmodica verso l’eccellenza e la competizione sportiva. Con un punto debole: l’organizzazione». 

Così è nato il cambio di proprietà?

«Il fondo, individuato il mondo del ciclismo come molto vivace e con un trend valoriale positivo, ha avvicinato Pinarello: terzo marchio al mondo per notorietà, decimo o undicesimo per dimensioni. Oggi il fatturato è sui 70 milioni, con oltre il 70% di export. L’americana Specialized è prima per notorietà e ha ricavi per 1,8 miliardi. L Catterton ha deciso di investire per accompagnare il “salto” organizzativo. Nel procedere in questo passaggio si sono avvicendati un paio di manager e poi, da giugno 2020, la situazione si è stabilizzata con la costituzione di un nuovo team. Con il mio arrivo abbiamo completato il business plan che prevede investimenti sull’innovazione di prodotto, che è nel dna aziendale, e nell’organizzazione. Bisogna ridisegnare tutto il processo che va dall’ordine alla consegna, dalla programmazione alla produzione, compreso il rapporto con il fornitore, quindi la supply chain. Per farlo abbiamo scelto Lean, che vuol dire snello».

Il metodo Toyota.

«Esatto. Ci siamo perciò rivolti ad Auxiell, società molto strutturata dal punto di vista metodologico, e vicina perché è di Padova. E ciò è molto utile perché l’applicazione delle tecniche richiede una collaborazione quotidiana. Va detto che Pinarello aveva già in sé elementi Lean: molte delle bici sono customizzate, personalizzate sul cliente. Prima del carbonio la bici migliore era quella fatta su misura. Con il carbonio il telaio è monoscocca, fatto su uno stampo, quindi si va a taglie. Fra modelli, colori, telai, manubri e reggisella possiamo arrivare fino a 16 milioni di combinazioni. Per la Dogma F, che verrà lanciata per il Tour de France, si potranno ottenere 352 misure. Una customizzazione nell’ottica Lean che ha fra i principi il one-piece-flow: non produco a lotti ma il singolo pezzo».

Cosa cambia per il cliente?

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