IL GRANDE VOLO DI ALEOTTI

DILETTANTI | 27/12/2019 | 07:43
di Giulia De Maio

Quando si alza sui pedali spicca il volo, ma giù dalla bici Giovanni Aleotti resta con i piedi per terra. Quest’anno il 20enne emiliano è stato il miglior Under 23 di casa nostra e ha riportato il tricolore sul podio del Tour de l’Avenir, ottenendo il miglior risultato in classifica generale per la nazionale italiana dal 1973, vale a dire dal successo di Gian­bat­tista Baronchelli, ed eguagliando il secondo posto di Ed­ward Ravasi del 2016. Il portacolori del Cycling Team Friuli ha meritato l’Oscar tuttoBICI Gran Premio Iseo Serrature precedendo il campione del mondo Samuele Battistella (Dimension Da­ta for Qhu­beka) e Francesco Di Fe­lice (Gene­ral Store Essegibi).


Prota­go­ni­sta dell’intera stagione con la maglia di club e con quella della Na­zionale, ha già la strada spianata verso il professionismo visto che nel 2021 approderà nel Team CCC dove lo aspetta il suo “mo­dello” Alessandro De Marchi. Intanto si è goduto la meritata passerella sul tappeto rosso dell’Oscar tut­toBICI e ci ha raccontato la sua storia.


Da dove arrivi?
«Da Finale Emilia, in provincia di Modena, dove vivo con mamma Ales­san­dra, che lavora in Panaria Cera­mica, papà Roberto, che è dipendente del Comune in cui abitiamo, e mia so­rella maggiore Anna, che ha 24 anni e a luglio ha conseguito la lau­rea magistrale in Lettere a Bolo­gna. In più c’è Bruto, il nostro bulldog inglese».

Caratterialmente che tipo sei?
«Sono un ragazzo tranquillo, sereno, solare, semplice. Amo andare in bici e quando sono a casa mi piace uscire con gli amici. Dopo il diploma di liceo linguistico, mi sono iscritto all’Università di Ferrara per studiare Scienze Mo­to­rie. Non è facile conciliare libri e gare, ma mi porto avanti con gli esami in inverno, per potermi dedicare di più alla bici durante la stagione. Tenere al­lenato il cervello secondo me è fondamentale. Impegnandosi si possono conciliare buoni risultati nello studio e nello sport, personalmente sono interessato agli argomenti che vengono trattati a lezione, anche perché mi ci ritrovo come atleta, quindi non mi pesa seguirle».

E come corridore?
«Ho sempre pensato di essere più adatto alle corse di un giorno perché vado bene sulle salite brevi e ripide, mi esprimo bene su questi terreni, sono esplosivo. In più sono veloce, quindi quando si arriva in un gruppetto spesso riesco a dire la mia. Con il risultato dell’Avenir, che è arrivato un po’ a sorpresa, ho acquisito più fiducia nelle mie capacità rispetto alle salite più lunghe. Detto questo, devo ancora scoprirmi e testarmi. Guardandole in tv mi hanno sempre affascinato le Classiche delle Ardenne. Se devo scegliere una corsa dei sogni dico la Liegi-Bastogne-Liegi, ma anche il Giro dell’Emilia, perché è la corsa di casa che sono sempre andato a vedere fin da bambino ed è stata anche la prima gara che ho di­sputato con i professionisti l’anno scorso in maglia azzurra».

Momento top e flop di questa stagione.
«L’Oscar tuttoBICI premia la regolarità quindi in generale è stata una buona stagione senza alti o bassi esagerati. Sono orgoglioso di aver ottenuto questo premio, che devo condividere con tutto il Cycling Team Friuli, a partire dal presidente Roberto Bressan, i direttori sportivi, il preparatore Andrea Fusaz, che mi ha permesso di fare grandi miglioramenti, e tutti i compagni. Senz’altro il Tour de l’Avenir ad agosto è il momento in cui sono andato più forte e che mi ha trasmesso più emozione. Il secondo posto in classifica generale, in quello che è il Tour de France riservato agli Under 23, alle spalle del norvegese Tobias Foss e da­vanti al belga Ilan Van Wilder, è stato il risultato più prestigioso che ho ottenuto (nel 2019 ha centrato tre vittorie: il Trofeo Edil C a Collecchio, a Diex in Austria e a San Daniele del Friuli, nella corsa di casa; in più è stato secondo all’italiano a cronometro, secondo alla Carpathian Race in Polonia, secondo al Belvedere e terzo al Recioto, ndr). Non posso invece essere pienamente soddisfatto del mio primo Giro d’Italia perchè per via di tre cadute non sono riuscito ad esprimermi come volevo».

Hai già ripreso a pedalare?
«Sì, dopo l’ultima corsa in calendario mi sono concesso due settimane di ri­poso, nelle quali uscivo solo se avevo vo­glia, dopodiché ho cominciato la preparazione invernale. Nel mese di novembre ho alternato palestra e uscite su strada o in mtb, poi ho cominciato a pedalare su strada. Nel tempo libero mi piace seguire lo sport a 360°. Mi piacciono il calcio, tifo Inter, la Formula 1, e in generale tutte le discipline, anche se il ciclismo per me non ha paragoni. Tra i campioni in attività quello che stimo di più è Philippe Gilbert, sono cresciuto con le sue vittorie, lo apprezzo per le sue caratteristiche, per come vince. Trovarmi al suo fianco in corsa alla Adriatica Ionica Race quest’anno è stato strano e bellissimo, quasi incredibile».

Come hai iniziato?
«Da piccolo vedevo papà uscire con gli amici in bici e in casa la tv era sempre accesa sulle corse. La passione è venuta da sé, da quando ho memoria giravo nel quartiere su una piccola biciclettina e appena ho potuto mi sono iscritto al­la squadra vicino a casa. Prima gara a sette anni, da G2, in maglia Stella Al­pina Renazzo, su una Scout giallo fluo di quelle con il cambio sul telaio, e con le scarpe da ginnastica, finii se­condo. La prima vittoria è arrivata alla seconda gara».

Aver già firmato per un team World Tour quanta tranquillità ti dà?
«Tanta, ma non dormo sugli allori. Nel corso della prossima stagione potrò lavorare serenamente per migliorare in ottica 2021, privilegiando l’esperienza con i professionisti alla ricerca del ri­sultato a tutti i costi. Quando verso la fine dell’estate ho trovato un accordo con la CCC, ho realizzato un sogno. Ogni ragazzo della mia età desidera fa­re il grande salto, per me farlo nella stessa squadra di De Marchi, un esempio da seguire per me e i miei compagni del Cycling Team Friuli, è una grande soddisfazione. So che anche lui è contento per me e per la squadra in cui lui stesso è cresciuto».

Chi devi ringraziare per essere arrivato fin qui?
«In primis i miei genitori, che mi hanno sempre supportato fin da quando ero piccolo, e le squadre per cui sono passato, dalla Sancarlese in cui ho militato da allievo a junior al Cycling Team Friuli, una seconda famiglia, e il mio procuratore Raimondo Scimone, che mi ha dato una grande mano. Ora mi aspetta un altro anno in cui cercare buoni risultati e crescere ulteriormente. Dal 2021 si ricomincia tutto da ca­po. Con i professionisti sarà una nuova avventura, mi farò trovare pronto».

Come ti immagini tra dieci anni?
«Prima di tutto spero di essere ancora nel professionismo, per il resto non mi voglio porre aspettative né troppo basse né troppo alte. Darò del mio meglio e vedremo cosa saprò fare. Al giorno zero di un nuovo percorso uno ha tanti punti di domanda davanti a sé: ho voglia di iniziare a trovare delle risposte».

da tuttoBICI di dicembre

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