Ricordiamo, in quest’occasione, un cognome che, in varie forme e largheggiando un po’, con qualche licenza temporale che ci concediamo, è presente nel ciclismo da circa un secolo. Ci riferiamo al cognome Farolfi, tipicamente indicativo della zona d’origine, la Romagna, con Guerrino Farolfi, nato appunto a Faenza il 18 maggio 1916, che ben presto, in gioventù, nella categoria allievi, gareggiando per la società Faenza Sportiva, ottiene buoni risultati nelle gare regionali. Il successivo passaggio fra i dilettanti conferma le sue attitudini di valente scalatore che lo conducono alle preselezioni per i giochi olimpici. Una carriera nella categoria contrappuntata da varie vittorie di valore in campo nazionale e, fra queste, spicca in primo piano, la Bologna-Passo della Raticosa, strada ricca di curve che collega l’Emilia-Romagna alla Toscana con il valico a quota m. 968 situato nel comune di Firenzuola, già in provincia di Firenze, gara ambitissima ai suoi bei dì dove si è svolgeva pure una nota gara di velocità in salita poi riservata alle auto storiche.
Era il 1937 e in una giornata da tregenda, sotto una fitta nevicata, Guerrino Farolfi ottenne la più importante affermazione della sua carriera agonistica tanto da meritare l’appellativo di “Gazzella della Raticosa” che lo accompagnò poi per tutta la vita, un soprannome coniato dal giornalista torinese Ruggero Radice, conosciuto anche con lo pseudonimo di “Raro”, sosia del popolarissimo attore americano Clark Gable, baffi compresi.
Per gli amici romagnoli però Guerrino Farolfi era sempre “Scainel”, diminutivo della parola “scaglia”, per la sua magrezza attenuatasi un po’ comunque con il passare degli anni. Il periodo bellico impedisce probabilmente al tenace scalatore il passaggio fra i professionisti ma lui, legatissimo all’ambiente, resta nell’ambito ciclistico organizzando circuiti e seguendo dappresso corridori faentini approdati con successo al professionismo del calibro di Vito Ortelli, Aldo Ronconi e Giuseppe “Pipaza” Minardi.
Guerrino Farolfi inizia a collaborare, come motociclista, con i giornali della sera, allora molto diffusi e il suo compito consisteva nel prenotare, in posti telefonici pubblici, la linea libera con le redazioni. Al tempo la teleselezione era di là da venire e bisognava effettuare le prenotazioni tramite le centrali della società telefonica per mettere a disposizione la linea, libera e pronta, per il giornalista che sopraggiungeva. In gergo il suo ruolo era quello del “trombettiere”, ma un trombettiere speciale con specifica competenza, capacità di lettura della corsa e passione. Doti che non gli mancavano certamente e che furono notate da un dirigente della Rai che propose la sua assunzione per facilitare il lavoro dei radiocronisti.
E nel 1955 entra in Rai, in organico alla sede di Bologna, proprio per non allontanarsi troppo dalla sua Faenza. Con lo sviluppo della televisione allargò la sua collaborazione anche per i telecronisti. E’ un periodo d’intensissima attività, sempre in sella alla moto, con la tipica tuta azzurra della Rai, senza abbigliamento specialistico specifico, su strade non sempre agevoli operando con continuità al Giro d’Italia, al Tour de France, ai mondiali e alle maggiori classiche in Italia e all’estero. Nel 1963, una forte colica renale lo costrinse ad abbandonare il Tour. Il direttore della sede Rai bolognese, per due anni, gli precluse, adducendo motivi di tutela della sua salute, di riprendere il servizio alle corse. Così, per un paio d’anni, Guerrino s’ingegnò comunque a seguire le corse sfruttando con accortezza ed elaborati calcoli ferie e permessi, per salire sul palco delle telecronache abbandonando l’amata motocicletta. In tale modo poteva continuare la frequentazione dell’ambiente ciclistico tanto da creare la figura dell’assistente del telecronista, ruolo poi ufficialmente divenuto istituzionale e riconosciuto, operando a fianco di figure di rilievo come Nando Martellini, Adriano De Zan, Giorgio Martino e altri ancora con il suo viso pacioso, il ciuffo di capelli e gli occhialini sempre sulla punta del naso, passando fogli con notizie, dati, nomi e distacchi ai telecronisti. Era legato da viva amicizia con il conterraneo Sergio Zavoli che aveva anche in Guerrino Farolfi un punto di riferimento, riscontro e fonte d’informazione dall’interno del gruppo, per spunti e motivi da trasferire, da par suo, nel suo inarrivabile “Processo alla tappa”.
Pure dopo il pensionamento Guerrino Farolfi continuò a operare in ambito Rai con contratti di collaborazione fino alla metà degli anni Novanta.
Un breve compendio statistico della sua attività riferisce di 40 Giri d’Italia, 25 Tour de France, una trentina di mondiali e un’infinità di altre corse al suo attivo. E’ scomparso il 5 novembre del 2000. Era sposato con la signora Vanda e dal matrimonio sono nati due figli: Goffredo e Mino.
E Mino, all’anagrafe Giacomo ma, per tutti, Mino, nato a Faenza il 3 novembre 1952 è il proseguimento di papà Guerrino – in altra forma – nel ciclismo. Quello praticato da Mino è di breve, brevissima, durata. Riceve la prima bici da corsa a 12 anni ma la sua passione si trasferisce ben presto, già a 14 anni, sulle due ruote ma quelle con il motore e con il “motore”, come dicono in Romagna, segue la sua prima corsa nel 1971, il classico Giro di Romagna con partenza e arrivo a Lugo, senza incarichi specifici.
L’anno seguente è però subito arruolato, non ancora ventenne, al Giro d’Italia dei professionisti. Guida la moto del ravennate Jader Armuzzi, dinamico ed estroverso personaggio che gestiva i traguardi a premio – al tempo molti diffusi e con montepremi, sia in denaro, sia in natura, sovente cospicui, di notevole valore –. Era in continuo e stretto contatto con i corridori con i quali riusciva a intrattenere rapporti cordiali e amichevoli gestendo con capacità di mediazione e convinzione eventuali controversie sui premi vinti, accontentando tutti con il suo “savoir faire” anche nell’arte del baratto fra premi in denaro e in natura. Era un esponente di punta di quella che era scherzosamente definita, all’interno delle corse rosa, “l’orchestra Casadei”, ossia i numerosi addetti “made in Romagna” presenti in carovana.
Il Giro d’Italia 1972 partiva da Venezia, da Mestre precisamente, e Armuzzi insegna al giovane Mino i comportamenti in corsa alla guida della moto. E Mino ricorda che fu favorito anche dal fatto che al via si schierarono solo cento corridori. Nel 1975 La Gazzetta dello Sport, con la F.C.I., mettono a punto il servizio di Radioinformazioni, quello che ancora oggi opera nelle corse con Enrico Fagnani tuttora alla guida, dopo l’abbandono dell’importante servizio da parte della francese Klèber-Colombes nel 1973 e un’esperienza non soddisfacente nel 1974.
E così sulla moto di Mino è installata una radio Allocchio-Bacchini a valvole per fornire informazioni in corsa con Jader Armuzzi che, anche per motivi d’età, svolge il suo compito su una vettura.
Mino Farolfi intanto non trascura gli studi e si laurea in scienze politiche a Bologna e inizia a lavorare lasciando l’uso della moto in corse ciclistiche ai fine settimana e alla distribuzione spalmata delle ferie calibrata sul calendario ciclistico. Negli anni ’80 inizia la collaborazione con il giornale il Resto del Carlino e nel 1989 – dopo ben otto nevicate subite nella stagione precedente – lascia la moto e si accomoda in vettura (si fa per dire….) svolgendo il ruolo di speaker di Radioiformazioni.
Nel 1994 matura un contratto con la Rai di Bologna e lascia per qualche anno il Giro e le altre corse, trasmesse da Fininvest diventando giornalista professionista. Ritorna al Giro nel 1998, chiamato dall’allora direttore di Raisport Giovanni Bruno, seguendo tutte le edizioni della corsa rosa fino al 2010 quando, per impegni di lavoro e di famiglia, deve rinunciare al Giro d’Italia per seguire dappresso gli avvenimenti sportivi in Emilia-Romagna. Anche in questo periodo non manca, però d’essere vicino al ciclismo sia per corse e avvenimenti legati al professionismo e alle varie categorie delle due ruote per la Testata Giornalistica Regionale Rai.
Nel suo palmarès figurano la partecipazione a 35 Giri d’Italia, un Tour de France, tre Mondiali e un gran numero di corse a tappe e in linea.
Papà Guerrino era di carattere assai estroverso mentre Mino è piuttosto schivo, comunque sempre con approccio amichevole, cordiale e collaborativo e, dall’inizio di questo mese di novembre, è in pensione per raggiunti limiti d’età nonostante l’aspetto ancora molto giovanile.
Sono due Farolfi, in continuità ciclistica e familiare, di lunga e articolata storia connotata anche dalle due ruote, senza e con motore.
foto Archivio Farolfi
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