L'ORA DEL PASTO. LUNGO IL FORTORE

STORIA | 15/04/2018 | 09:18
Non c’è una mappa. Non c’è una cartina, né chilometrica né altimetrica. Non c’è un itinerario con partenza e arrivo, con soste e rifornimenti, con gran premi della montagna e traguardi intermedi. Non che sia obbligatorio, nella vita, ma in un libro che si occupa di terra e acqua, di aria e soprattutto strade da percorrere – perdipiù – in bicicletta, sembra più una dimenticanza che una scelta. E invece.

Rocco Cirocco, nome e cognome che suonano come uno pseudonimo ma anche come un doppio colpo di pedale, ha tradotto la passione per il ciclismo e l’omaggio alla sua terra in “Il Fortore nei pedali”, sottotitolo “Turista in bicicletta nella mia terra” (Natan edizioni, 80 pagine, 16 euro, prefazione di Filippo Cauz e postfazione di Massimo Longo) senza ricorrere a mappe.

Perché quello che doveva segnare e illustrare, descrivere e spiegare, lo ha fatto a forza di parole e fotografie, e con sei disegni a introdurre i capitoli. Il Fortore è un fiume che nasce nel Beneventano e sfocia nell’Adriatico, è una comunità montana che comprende i comuni campani lungo il fiume e quelli nella valle del Miscano, è una zona soggetta ai terremoti e anche per questo dimenticata, trascurata, abbandonata. Scoprirla o riscoprirla diventa missione, salvezza, opportunità. Per i locali e per i globali.

La bicicletta non tradisce. Rispetta l’ambiente, la fatica, le distanze. Allena la memoria, la pazienza, l’immaginazione. Dà tempo al tempo, e si fa strada anche dove la strada cede, anzi, torna ai sentieri. E’ una compagna silenziosa, ma di silenzi ricchi e visibili. Duemila chilometri e tre copertoni certificano, per l’autore, esplorazioni azzardate non solo con i polpacci, ma anche con gli occhi e il cuore. Le fontane (quella in piazza a Foiano di Valfortore opera della Cassa per il Mezzogiorno) e le strade (quella che arriva al Passo Casone Cocca, quota 1050 metri), ma anche le chiese (quella verso San Giorgio, avvolta nell’edera) e le botteghe (la sede del sindacato con le gabbie degli uccellini), soprattutto campi (di grano, di cardi, di fieno, di mucche) e pale (come campanili, come obelischi, come sentinelle, come crocefissi).

Quella di Cirocco è una dichiarazione di amore, radicale e familiare. Il Fortore è nei pedali, non a pedali e neanche con i pedali. Il Fortore è una meta e un traguardo, probabilmente la meta e il traguardo del prossimo viaggio.

Marco Pastonesi
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