STORIA | 02/01/2018 | 07:20 Coppi: Fausto Coppi. Castellania: la chiesetta, il mausoleo, la piazza intitolata a Candido Cannavò, il paese neanche cento anime, ma il villaggio globale, i locali del Comune, la casa-museo, i murales e la statua, la locanda. Cinquantotto anni fa: il 2 gennaio 1960, alle 8.45 di mattina, non qua su a Castellania, ma là sotto a Tortona, in pianura, nell’ospedale, quando l’Airone chiuse le ali e il suo angelo custode, Ettore Milano (l’altro: Sandrino Carrea), gli chiuse gli occhi. Coppi era freddo e nebbia d’inverno e caldo e zanzare d’estate, una famiglia come tante numerosa, numerosa anche di povertà e semplicità, una sola classe per tutta la scuola elementare, l’Italia ristretta fra le due guerre mondiali. Coppi era una voce del verbo faticare aspettare sognare, una voce del silenzio, una voce che sarebbe diventata del padrone ma senza mai spadroneggiare. Coppi era una bicicletta da salumiere, poi una Prina, poi una Legnano e, per sempre, una Bianchi.
Coppi era un ciuffo ribelle, un naso affilato, uno sguardo febbricitante, una smorfia ferita, un petto carenato, un torace pneumatico, due gambe meccaniche, due caviglie affusolate, due piedi alati. Coppi era lo strafuso, il dardéla, ‘l muntagné, era questo qui, era quello là, era un garzone, poi un gregario, una maglia rosa, una maglia bianco e celeste, una maglia gialla, una maglia tricolore e azzurra, una maglia iridata, l’Airone, il Campionissimo.
Coppi era una bandiera, un simbolo, un inno, un inno alla vita, all’avventura, alla gioia, era la radio, il giornale, era la prima pagina della “Gazzetta dello Sport” e la copertina della “Domenica del Corriere”, era titolo e un’invocazione, era un ritaglio, una figurina, una biglia, era un pezzo di Orio Vergani, un fogliettone di Curzio Malaparte, una visione di Dino Buzzati, un articolo di Rino Negri, una cronaca di Mario Fossati, un elogio di Candido Cannavò.
Coppi era una vittoria e comunque una rivincita, era un inizio e la sua fine è stato l’inizio di un’altra epoca, di un’altra era, una sorta di spartiacque, il prima e il dopo, un dopo fondato sul prima, perché a quel punto Coppi era il ciclismo, a pedali e a parole, a immagini e a pensieri, a scienza e a letteratura, in eterna fuga e al suo infinito inseguimento.
Ecco perché il 2 gennaio, ogni 2 gennaio, si ricorda Coppi ma si festeggia la bicicletta e si celebra il ciclismo. E tutto aiuta a tirare avanti: la messa nella chiesetta di Castellania, il mercatino dell’usato e dell’antico, il calendario, i premi Welcome Castellania (stavolta a Paolo Viberti e Sergio Meda) e Fausto Balduzzi (a Andrea Corradi), la presentazione di un libro (stavolta “Un’altra storia di Fausto Coppi” di Salvatore Lombardo con Faustino Coppi al Museo dei Campionissimi di Novi Ligure) e poi gli incontri cicloletterari nel Borgo di Castellania e nella locanda Il Grande Airone.
Siamo tutti coppiani: Coppi era un lontano parente, e in quel Coppi c’eravamo già anche noi.
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