STORIA | 27/12/2017 | 07:02 Elena, a Bergamo, la notte di Natale. Travolta, soccorsa. Invano. Aveva 22 anni. “Si va abbastanza forte per assaporare l’ebbrezza della velocità e coprire distanze più lunghe di quelle che si fanno a piedi. E si va abbastanza pano per gustare il paesaggio e immergersi nella natura e nei suoi odori” (“La mia vita in bicicletta” di Margherita Hack, Ediciclo).
Un morto al giorno, e questo soltanto in Italia. Una strage all’anno. Un genocidio silenzioso, continuo, inarrestabile. “Nella Bassa la bicicletta è una cosa necessaria come le scarpe, anzi più delle scarpe perché mentre uno anche se non ha scarpe ma ha la bicicletta può andare tranquillamente in bicicletta, uno che la scarpe ma non ha la bicicletta deve andare a piedi” (“Don Camillo e Peppone” di Giovannino Guareschi, Rizzoli).
Una settimana fa, al Senato, è stata approvata la prima legge nazionale sulla mobilità ciclistica. L’articolo 1 recita: “La presente legge persegue l’obiettivo di promuovere l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto sia per le esigenze quotidiane sia per le attività turistiche e ricreative”.
“La teoria è che se qualcuno va in bici abbastanza a lungo, allora la bici diventa al 30 percento umana e l’uomo diventa al 70 percento bicicletta” (“Tom Waits on Tom Waits” di Paul Jr Maher, Chicago Review Press).
Questa legge fissa alcuni principi entro i quali – come in un quadro, come in una cornice – si stabiliscono diritti e doveri. E il primo principio è quello che pone la bici sullo stesso piano degli altri mezzi di trasporto, con eguale dignità.
“Era buio, ormai, ma sono andato in bici lungo la strada statale, fino al punto da dove si vede la ferrovia. Non mi vergogno a dirlo, ho pianto. Ma questa guerra sarà finita, prima o poi, e allora potremo vivere da ragazzi” (“Seduto nell’erba, al buio” di Mino Milani, Bur ragazzi).
Una rincorsa lunga, cominciata addirittura due secoli fa, quando la bicicletta aveva due ruote, il manubrio e la sella, ma non i pedali: e per andare avanti, i più lenti camminavano, i più veloci correvano. Una rincorsa che impegna tutto il popolo rotondo, dal democratico Paolo Gandolfi, coordinatore dell’intergruppo parlamentare Mobilità nuova, alla Fiab, la federazione italiana amici della bicicletta, un arcipelago di gruppi agonistici e turistici, umanitari e urbani, pindarici e pitagorici, troppo spesso scollegati. “Biciclettina rossa, so quello che mi piace” (“Buckets Of Rain” di Bob Dylan, dall’album “Blood On The Tracks”). Dedicato a Elena, che pedala fra le stelle di Natale.
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