IL NIBALI PENSIERO. «POGACAR, DEL TORO, I TIFOSI, SCARONI, VINGEGAARD. E AGLI SPONSOR DICO: GUARDATE AI GIOVANI»

INTERVISTA | 21/10/2025 | 08:21
di Francesca Monzone

Cinque Giri di Lombardia di fila mettono Tadej Pogacar su un podio unico, dove lo sloveno si gira e vede solo Fausto Coppi accanto. Anche il Campionissimo, ha conquistato come lo sloveno cinque Giri di Lombardia, ma non consecutivi. A Bergamo abbiamo incontrato Vincenzo Nibali che ha voluto fare un bilancio di quello che abbiamo visto al Lombardia, con un occhio alla stagione che si sta per chiudere e una riflessione sul ciclismo italiano.


Lo Squalo era in fuga con Pogacar nel primo trionfo dello sloveno a Bergamo, nel 2021, e poi ha vissuto da corridore, nell’ultima sua corsa da professionista, anche la vittoria di Tadej a Como nel 2022. Per lo Squalo Il Lombardia è stata la Classica Monumento che ha disputato di più: 15 volte, la prima nel 2005 da neoprofessionista, arrivando 80° a oltre 8’ dal vincitore Paolo Bettini. Poi i suoi due successi nel 2015 e poi nel 2017 e il secondo posto l’anno successivo alle spalle di Pinot. «


Conosco benissimo queste strade. Abbiamo visto un po' quello che è successo anche nel fine stagione con le vittorie di Tadej, la superiorità di squadra, il controllo e la gestione di gara da parte del suo team. E poi quell’attacco che gli altri hanno potuto seguire solo con gli occhi».

Pogacar a Bergamo ha fatto vedere ancora quale è la sua forza, con la città  e il pubblico che hanno risposto benissimo. «E’ stato molto bello e lo dico da appassionato e da ex professionista. C’erano due ali di folla sulle mura di Bergamo così come sulla salita di Ganda. È bello vedere tutto questo grande interesse nel nostro panorama italiano. Vuol dire che questa corsa appassiona i tifosi e accende la voglia di vincere dei corridori».

Ci poteva essere qualche altro colpo di scena, con un finale diverso? «Sì, magari, però alla fine più o meno tutti sapevamo che, con la condizione che aveva, Tadej era superiore e quindi non lasciava tanto scampo ad altre soluzioni».

Ci sono indicazioni che non sono sfuggite all’occhio critico del siciliano che, sceso dalla sella, è sempre presente a tutte le corse italiane come testimonial di RCS. «Questa corsa sta crescendo molto bene, abbiamo visto Del Toro in supporto a Tadej che doveva andarsi a prendere questo record storico di 5 vittorie di fila al Lombardia, però in futuro con l'aiuto del team si divideranno un po’ il calendario e quindi nel 2026 questo giovane messicano ne avrà uno tutto suo, da capitano».

Nibali fa un piccolo bilancio della stagione, soffermandosi su questi risultati che sono veramente unici. «Rispetto all’anno scorso la Uae è stata molto più incisiva. C’è un punto interrogativo sul Giro d'Italia, qualche errore sicuramente c'è stato (Del Toro ha perso la maglia rosa da Simon Yates alla penultima tappa sul Colle delle Finestre, ndr), ma Pogacar, oltre ai trionfi, ha fatto un podio in ogni Classica Monumento. Poi le vittorie di Van der Poel a Sanremo e Roubaix, quando ha resistito agli attacchi di Tadej. Mi aspettavo qualcosa di più da Vingegaard al Tour de France, però si è rifatto in parte con il successo alla Vuelta: adesso spero di vederlo il prossimo anno al Giro d'Italia. Tra le squadre, la XdS Astana ha fatto un deciso salto in classifica, andando molto forte in tutta la stagione, ha lanciato una rivelazione come Scaroni che è stato uno dei migliori italiani dall'inizio alla fine».

Poi ci sono le immagini più belle, che possono essere usate come cartoline e anche lo Squalo ha scelto la sua cartolina per chiudere questa stagione. «Secondo me, il Mondiale in Ruanda è l’immagine  più bella, quella che si potrebbe incorniciare come simbolo, ma anche come esempio. Era una scommessa e la scommessa è riuscita. Non ci sono andato ma l'ho visto in tv ed è stato bello: potrebbe essere una promozione, un lancio per un territorio che ha sofferto tanto».

Ovviamente non potevamo dimenticare il ciclismo nostrano e Nibali anche in questo caso è stato attento e preciso nella sua analisi. «E’ tutto da costruire partendo non dal professionismo ma dal settore giovanile. C'è tanto lavoro da fare tra i giovani, bisogna scoprire anche la formula giusta e non è facile trovare i fondi, ma in questo momento le squadre stanno soffrendo. È bello il mondo del professionismo che è la vetrina d'eccellenza, ma se non puntiamo sui nostri giovani non abbiamo il ricambio. Non dico niente di nuovo, perché è sempre stato così, però il mio messaggio è quello di cercare di far capire agli investitori e agli sponsor, che amano tanto questo ciclismo, di non pensare solo al professionismo: è il settore giovanile che ha bisogno della loro forza».

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