
Chi va piano va sano e va lontano, ma nel ciclismo, come in tutto lo sport, è la velocità il fine primo e ultimo. Nel ciclismo di oggi si va velocissimo: ragazzi impazienti di affermarsi che si mettono in modalità fuga per dare spettacolo. Il cilcismo di oggi, però, è anche fatto di tante cadute, troppe, alcune anche molto gravi e dolorose. Il mondo del ciclismo e gli organismi che lo regolano si stanno interrogando. Oggi Piero Mei su Il Messaggero tratta con attenzione questo delicato argomento.
«I primi Giri d'Italia si correvano ad una velocità che andava tra i 25 e ì 29 chilometri orari - scrive Mei -, quello del 2024 ha fatto registrare una media di 41,86. La velocità di punta nell'ultimo Tour de France è stata di 130 km/h: in discesa, d'accordo. In zona scapicollo, però».
È necessario studiare qualcosa, sono in atto riflessioni e valutazioni: si parla di sperimentazione. «La sperimentazione – durante questa stagione, la gara è da definire, aggiunge sempre Mei - è stata annunciata, pure se con qualche perplessità, da David Lappartient, il 5lenne politico francese, recente candidato non eletto alla presidenza del Cio (4 voti), che è il presidente dell'Uci, l'ente che governa il ciclismo mondiale. E, tra gli accorgimenti del futuro per disinnescare la miscela esplosiva "velocità-incidente" che è quella che incombe sul traffico automobilistico ordinario, prendendo il primo posto statistico fra le cause di mortalità, spunta questa idea di rallentamento, un po' da ciclismo "zona 30", che contraddice il "citius", vai più veloce, prima parola del motto olimpico "citius, altius, fortius". È allo studio anche una specie di air bag, sul tipo dei piloti di auto, moto e cavalli ma risulta difficile immaginare qualcosa di leggero o meglio leggerissimo da indossare quando il sole incoccia e si viene giù magari dal mitico Ventoux dove non cresce un filo d'erba e neppure una foglia d'albero».
La bicicletta è finita sotto la lente di ingrandimento. Sempre più veloce e performante, è chiaramente l'oggetto di studio. «È la bicicletta sulla quale si stanno cercando soluzioni "frenanti". E qui entrano in ballo i famosi "rapporti", braquet in francese - spiega Mei -. I "rapporti" riguardano il cambio, un congegno di italica invenzione che rende possibile allungare lo sviluppo di metri coperti a pedalata con la catena che si muove da un rotore all’altro. Più son grossi questi, più si va, ma anche più la pedalata è faticosa. Ora la riduzione del congegno, o un'altra diavoleria (il pulsante pit limiter della Formula Uno?) proporrà altre novità: la frequenza della pedalata, che diventerà essa sì più veloce giacché un giro sarà meno duro, e con la frequenza della pedalata potrà perfino mutare l'assetto in sella, in piedi sui pedali o seduto che si stia. E quindi, per deduzione, allenamenti diversi al diverso movimento. "Il tutto per andare più piano?"». Forse, perchè chi va piano...