Bruseghin: dopo la festa, torno a fare il gregario

| 03/06/2008 | 11:32
Il terzo gradino del podio al Giro d’Italia a 34 anni (il prossimo 15 giugno) può essere considerato l’apice della carriera? Era da ben 45 anni (Guido De Rosso nel 1964 dietro Anquetil e Zilioli) che un trevigiano doc non saliva sul podio rosa. “Mah, forse si, forse no. Lo sai che con certezza non te lo so proprio dire...se ti dicessi che lo scopriremo solo vivendo?”. Sarà una coincidenza, ma il miglior risultato al Giro di Marzio Briseghin è arrivato proprio alla decima partecipazione, per lo più corsa da capitano della Lampre in assenza di Cunego che ha optato per il Tour. “E’ stata una doppia sfida per me quest’anno. Le potenzialità per piazzarmi tra i primi cinque ho sempre saputo di possederle. Per arrivare sul podio però non basta andare solo forte. Occorre quel pizzico di fortuna che fa sempre la differenza. Se poi riesci a sfruttare le occasioni è fatta. Le crisi di Simoni e Di Luca mi hanno aiutato”. Già la fortuna. Per soli 2” l’hai spuntata su Pellizotti. Con tutti gli avversari che c’erano...proprio Franco dovevi battere? “Vero. Nell’indescrivibile gioia che ho provato c’è stato questo grande dispiacere. Franco è un amico, una persona splendida e corretta. Mi spiace infinitamente. Questo podio se lo meritava lui quanto me. Non è una cosa tanto facile da accettare”. In qualche modo dovrai farti perdonare. “Si, sicuro. Non so se una cena possa bastare”. Dopo la cronoscalata di Oropa 2007 anche quella di Urbino. Ti manca sempre la vittoria di una gara che non sia una crono. “Già, non ho mai alzato le braccia al cielo. Mi piacerebbe farlo, però non è che mi manchi più di tanto. Se però il destino vuole così lo accetto. Cosa posso farci?”. Sul podio del 91. Giro d’Italia eri il più vecchio. Contador e Riccò hanno 10 anni in meno. Complimenti! “Effettivamente. A un certo punto ho avuto la sensazione di avere sbagliato categoria. Mi parve di esser tra gli Under 23 o gli Juniores”. Contador ha bissato il successo al Tour dell’anno scorso ma non ha entusiasmato. Ha badato più a difendersi che attaccare. Ha fatto proprio l’Indurain. “Si è presentato al via come ha potuto dal momento che l’Astana è stata chiamata all’ultimo momento. Poi ha avuto avversari davvero ostici in un percorso senza respiro, il più ostico che abbia mai affrontato anche per i trasferimenti che hanno aumentato lo stress”. Tanti big sullo stesso livello, distacchi minimi. Giro e podio definiti l’ultimo giorno. Non capitava da secoli. E’ forse stata una edizione corsa senza benzina super? “Il Giro ed il ciclismo hanno già vissuto i momenti più difficili. Adesso viviamo un’altra fase, diversa. C’è più maturità da parte dei corridori. Il livellamento c’è stato verso l’alto. Campioni come Kloden e Leipheimer fuori classifica, ed uno come Valjavec che tra i dieci arriva lo stanno a testimoniare. Era dal ’99, ovvero dai tempi di Pantani che un Giro non allineava così tanti assi al via (Contador, Menchov e Di Luca i vincitori dei Grandi Giri della stagione precedente, ndr)”. Il capolavoro di Bruseghin sul Mortirolo? “Sicuro, ma soprattutto nella successiva discesa dove mi sono buttato al limite affrontando le curve a radicchio”. E’ mancato davvero poco che il piede messo a terra a 5 km dal traguardo del Fedaia risultasse fatale per il podio. “Potevano pesare i 13” persi a Cittadella che Pelli non aveva incassato. Baldato non aveva chiuso quel buco ed ogni giorno gliel’ho ricordato. Penso però che siano stati determinanti quei 5” che gli ho preso scattando proprio sul traguardo della Marmolada”. Al Giro è scoppiata la Bruseghin-mania. Tutti col cappellino dalle orecchia da asino. Specialmente sulle Dolomiti. “Effettivamente in tutta Italia sono stato acclamato. Non me lo so spiegare neppure io perché. Piaccio forse perché sono spontaneo. Non faccio il divo, perché non ho mai ambito a diventare un corridore affermato e non ho mai dato al ciclismo un valore assoluto. Per esempio mi emoziona più stare ad ascoltare un contadino che mi parla della sua terra e del suo lavoro che un campione del passato”. A Milano hai fatto festa tra amici e la familiari. “Si il Bomba e i fioi che mi seguono sempre hanno organizzato una corriera per Milano. C’erano i miei (papà Corrado e mamma Bruna, ndr), il nipotino Raffaele (nato durante il Giro 2003, ndr) con mia sorella Sabrina. Poi Marco Varisco (il maestro trevigiani del vetri autore del calice senza bsa mostrato sul palci di Urbino, ndr) è venuto su da solo. Un evento per lui che non si muove mai. Presto a faremo una gran festa, ma stile...Oktober-Fest. Sul palco di Milano ho sventolato com orgoglio la bandiera del Veneto col Leone di S.Marco. L’orgoglio veneto, quell delle mie terre, deve sempre rimanere alto”. La stagione però non mica è finita. Anzi. Ti aspetta il Tour, quindi le Olimpiadi ed i Mondiali. Ieri era al Criterium di Arona. Domani sarà a Salò e domenica a Pieve Vergonte. “Tornerò a fare il gregario. Però ti dirò una cosa. E’ più stressante. Perchè? Da capitano devi solo pensare per te stesso. Quando lavori per gli altri ti tocca farlo sempre per due”. Parola del saggio di Piadera. Massimo Bolognini
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