GUAZZINI, LA REGINA VITTORIA

DONNE | 29/10/2022 | 08:25
di Carlo Malvestio

Poche discussioni, il volto della spedizione azzurra al Mondiale di Wol­longong è senz’altro quello di Vittoria Guazzini. Classe 2000 di Poggio a Caiano, Vittoria è stata l’unica italiana a portarsi a casa la maglia arcobaleno dall’Australia, grazie al successo nella cronometro U23. La toscana della FDJ-Suez-Futuroscope non la si scopre di certo oggi, visto che è da quando è junior che colleziona medaglie e maglie a Europei e Mon­diali, sia in strada che su pista, ma l’impressione è che quest’anno abbia davvero intrapreso il percorso giusto per accomodarsi presto tra la crème de la crème del ciclismo femminile.


Come buona parte delle ragazze del nostro ciclismo, Vittoria si è fatta le os­sa con la Valcar di Valentino Villa e Da­vide Arzeni, prima di approdare quest’anno in Francia nella squadra di Marta Cavalli e Cecilie Uttrup Ludwig tra le altre. La frattura alla caviglia rimediata alla Parigi-Roubaix del 2021 non l’ha fermata, ma solo rallentata nella prima parte di questa stagione:  quando è tornata a marzo si è ri­presentata subito competitiva, togliendosi anche le prime soddisfazioni in termini di successi. A maggio ha vinto la classifica generale del Bretagne La­dies Tour e a giugno la cronometro dei Giochi del Mediterraneo, ma la versione più splendente di Guazzini l’abbiamo vista proprio in Australia. Oltre al titolo U23, ha impressionato il quarto posto tra le elite, a soli 52” dalla tre volte iridata Ellen Van Dijk, oltre alla medaglia d’argento nel Team Relay, in cui ha fatto da capotreno al terzetto femminile az­zurro composto anche da Elisa Longo Borghini e Elena Cec­chi­ni, che per poco non ribaltava la Sviz­ze­ra e si prendeva una clamorosa me­daglia d’oro. Ma Vittoria è anche una splendida pistard: a metà ottobre avrà l’opportunità di dimostrarlo una volta di più al velodromo di Saint-Quentin-en-Yvelines, ai mondiali, sui quali ha messo la testa appena tornata dalla ter­ra dei canguri.


Vittoria, non male questa trasferta au­straliana…
«Sono molto soddisfatta della settimana mondiale, mi ero preparata bene, sapevo di aver fatto tutto il possibile, ma poi non sai mai come andrà. Per una volta sono molto contenta di quello che sono riuscita a fare, sono risultati che mi danno convinzione nei miei mezzi e mi motivano anche in vista degli ultimi appuntamenti stagionali».

Sei andata oltre le tue aspettative?
«Nella cronometro sono rimasta un po’ sorpresa, sono onesta. Terminare quarta assoluta, a non troppi secondi di di­stacco dal podio e dalla prima è qualcosa di inaspettato. Deve però essere un punto di partenza in vista dei prossimi anni, in cui spero di poter fare qualche altro passo in avanti».

Le migliori specialiste a cronometro del mondo non sono così lontane.
«Sapevo di aver lavorato molto bene con la squadra da questo punto di vi­sta, abbiamo studiato la posizione in bicicletta per rendere al meglio e sono felice che i risultati si siano visti. La crono è una disciplina che mi piace, spero di poter colmare il gap con le migliori del mondo e riuscire un giorno a vincere la maglia arcobaleno nella massima categoria».

Una maglia, comunque, l’hai portata a casa. Ti dispiace non avere la possibilità di indossarla?
«Un po’ sì, ma mi accontento. Già averla vinta e indossata sul podio è stato emozionante, per il momento me lo faccio bastare».

Ti ha convinto il fatto di assegnare i titoli U23 nelle gare élite?
«Certamente sarebbe bello avere una gara ad hoc per le categorie U23, ma credo che per questi primi anni dovremo farcela andare bene comunque. Se non sbaglio dal 2025 ci saranno gare distinte e per le ragazze che passeranno da junior sarà un bel vantaggio, perché il salto di categoria è notevole e si sente. A cronometro può anche andare bene, si prendono i tempi e si fanno due classifiche distinte, ma nella prova in linea le dinamiche sono molto diverse: come si fa a correre tra le elite puntando magari a vincere tra le U23? Per il momento, però, è già tanto che l’UCI si sia mossa per creare una categoria U23 femminile...».

E pensare che il 2022 era iniziato ai box per la frattura alla ca­viglia rimediata alla Parigi-Roubaix del 2021…
«Sì esatto, non mi sono presentata nel migliore dei modi alla nuova squadra essendo già infortunata, ma sono stati pazienti, non hanno forzato la mia ripresa e alla fine sono tornata riuscendo ad essere subito piuttosto competitiva, meglio di quanto mi potessi aspettare. Poi mi sono presa pure il covid... insomma, è stata una stagione con mol­ti alti e bassi, ma alla fine il bilancio è buono, direi proprio che non mi posso lamentare».

A proposito, come ti trovi con la FDJ-Suez-Futuroscope?
«È una bella realtà, mi son trovata be­ne fin da subito sia con lo staff che con le compagne, sono super organizzati, sto imparando il francese anche se alla fine ci parliamo tutte in inglese. Non a caso ho rinnovato fino al 2025. Ar­ri­vavo da una realtà comunque molto solida come quella della Valcar, che ha fatto un grandissimo lavoro con tutte noi e ci ha preparato al meglio per il salto nel WorldTour. La differenza più grande l’ho trovata nella struttura, non tanto nelle gare o negli allenamenti».

Quanti margini di miglioramento ha Vittoria Guazzini?
«Credo e spero tanti, ma lo vedremo nei prossimi anni. Penso di aver trovato il giusto equilibrio nella mia vita da atleta, sicuramente dovrò migliorare nelle salite un po’ più lunghe ma credo di essere sulla buona strada. In questa stagione ho anche provato a buttarmi in volata quando non avevamo la velocista in squadra e ho raccolto qualche buon risultato. Si può lavorare anche su quello».

Lo switch strada-pista è complicato?
«Non mi pesa, ormai vado dalla pista alla strada, dalla strada alla pista, senza tanti problemi, ho un sistema rodato che mi permette di cambiare disciplina con facilità. E poi sono attività complementari, una dà benefici all’altra e viceversa».

Sei uscita con il 100 dal liceo scientifico, ti è mai venuto in mente di iscriverti all’università?
«Mi è sempre piaciuto studiare e non nascondo che prima o poi mi piacerebbe tornare sui libri, al di là della carriera ciclistica che avrò. Però quando faccio una cosa voglio farla bene e ora come ora credo che non sarei pronta a sopportare lo stress dei vari esami. Ero brava nelle materie scientifiche, mi piaceva molto la chimica, ma dopo tre an­ni lontano dai libri non mi vedo proprio a fare laboratori e quant’altro, al mo­mento non saprei cosa fare. Dicia­mo che sono in stand-by».

da tuttoBICI di ottobre

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