L'ORA DEL PASTO. BARTALI EROE VERO? LA MIA TESTIMONIANZA

STORIA | 09/01/2021 | 09:56
di Marco Pastonesi

Salvò, o no, centinaia di ebrei dalle persecuzioni nazifasciste? In un nuovo libro, titolo “L’ossessione della memoria” (Castelvecchi), sottotitolo “Bartali e il salvataggio degli ebrei, una storia inventata”, autori Marco e Stefano Pivato, si sosterrebbe l’infondatezza dei racconti sulle missioni cicloumanitarie dell’Uomo di ferro, che trasportava documenti falsi per dare una nuova identità a chi era destinato a deportazioni, prigionie e gassificazioni. Stefano Pivato, padre di Marco e docente di Storia contemporanea all’Università di Urbino, avrebbe così ribaltato la tesi sostenuta nel suo “Sia lodato Bartali” (Castelvecchi, del 2018). I condizionali sono inevitabili, perché “L’ossessione della memoria” uscirà il 21 gennaio. Gian Antonio Stella ne ha parlato con lo storico e ne ha scritto ieri per il “Corriere della Sera”. Il titolo lascia spazio all’immaginazione: “L’enigma”.


Nel 2012 andai ad Assisi per “La Gazzetta dello Sport”. C’era da raccogliere una nuova testimonianza. I cronisti sono uomini (e donne) da strada. Vanno e vengono, esplorano e scoprono, rilevano e rivelano. La velocità sconfina nella superficialità. Nel mio piccolo, ma consapevole della grandezza del giornale che rappresentavo, ascoltai, guardai, confrontai, cercai – per quanto possibile – di verificare. Il teste-chiave era una suora, vecchia e fragile, ma lucida. Ripropongo il testo, pubblicato il 12 maggio 2012, durante il Giro d’Italia. Senza la pretesa di possedere la verità.


«L’ho visto una sola volta, ma me lo ricordo come se fosse qui adesso. Gino Bartali stava alla ruota, una porta girevole, che lo nascondeva quasi completamente alla vista. In silenzio. E consegnava una busta». Suor Eleonora Bifarini ha 96 anni. Nata a Ripa, un paesino a una decina di km da Perugia, il 26 aprile 1916. Origini umili, infanzia povera. Nel Monastero di San Quirico, ad Assisi, entrò a 10 anni: «Uno zio frate a Santa Maria degli Angeli, e missionario in America, diceva che la nostra famiglia aveva bisogno di un miracolo al giorno per tirare avanti, e che noi creature non avevamo possibilità, e che l’unica soluzione era che andassimo dalle monache». Cinque anni dopo decise che sarebbe rimasta lì. E 10 anni più tardi divenne Suor Eleonora, sorella clarissa di clausura, e si dedicò per sempre a Dio.

«Bartali - racconta Suor Eleonora - veniva, consegnava una busta, mangiava, poi andava nella Chiesa di San Francesco, pregava, tornava qui, ritirava un’altra busta e ripartiva. Era un messaggero, a suo modo un missionario: portava fotografie vere, ritirava documenti falsi. Li metteva nel telaio della bicicletta, forse nel manubrio, forse nel reggisella, poi con la scusa di allenarsi, li trasportava a Firenze. E così garantiva una nuova identità a uomini e donne ebrei, salvandoli dalla deportazione». Tra l’8 settembre 1943 e il 17 giugno 1944, Assisi era diventata porto, rifugio, asilo. I monasteri - le collettine francesi, le stimmatine, le cappuccine tedesche, le benedettine di Sant’Apollinare - offrivano le foresterie per esiliati, perseguitati, sbandati, evasi, fuggitivi. «Così anche nel nostro Monastero - ricorda Suor Eleonora -. Madre Giuseppina Biviglia, la badessa, cominciò a ospitare tanti disgraziati, che venivano e andavano». «Le persone che si rifugiavano da noi - scrisse Madre Giuseppina nel libro delle memorie del Monastero - furono, per grazia di Dio, nei nostri riguardi tutte oneste, rette, buone, e anche religiose». Cattolici ed ebrei, fascisti durante il Governo Badoglio, socialisti durante la Repubblica sociale. Madre Giuseppina concludeva: «Era proprio un’arca di Noè».

«Bartali - prosegue Suor Eleonora - faceva parte di un’organizzazione che aveva, come coordinatore, padre Rufino Niccacci, guardiano al Convento di San Damiano. Era lui a smistare i rifugiati. Ed era il tipografo Trento Brizi, di Assisi, a stampare i documenti falsi con le fotografie vere, che Bartali poi trasportava per distribuirli». Nell’operazione erano coinvolti anche il monsignor Elia Della Costa, cardinale di Firenze, il vescovo Nicolini che aveva dato gli edifici di sua competenza per farne ospedali, e il suo segretario don Aldo Brunacci. Si dice che fosse coinvolto perfino Valentin Muller, colonnello medico tedesco: si prodigò per proclamare Assisi città ospedaliera, con la proibizione alla truppe tedesche di entrare in città, e intuì che la Chiesa nascondeva e proteggeva centinaia di persone, e chiuse un occhio, se non tutti e due. «In tempo di guerra si faceva la fame - ammette Suor Eleonora - ma qui c’era sempre qualcosa in tavola. Padre Rufino riusciva a procurarsi il cibo, e a dividerlo, se non a moltiplicarlo, un po’ per tutti. Noi mettemmo a disposizione la foresteria e, quando la situazione precipitò, anche le grotte. Stanze, cunicoli, gallerie sotterranee, che collegavano il convento con la piazza del Vescovado e fino alla piazza del Comune. Un labirinto di salvezza».

Si rivelarono preziose. Il 26 febbraio 1944 due ospiti della foresteria del Monastero di San Quirico andarono a Perugia in bici. Erano un croato, già evaso da un campo di concentramento in Jugoslavia, e un ufficiale dell’aviazione italiana. Al ritorno, furono fermati da agenti della Repubblica sociale che cercavano proprio un croato: li arrestarono e interrogarono. Il croato confessò di essersi nascosto nel Monastero. La mattina dopo gli agenti circondarono il Monastero e irruppero per un sopralluogo. «Suor Giuseppina - racconta Suor Eleonora - ci disse di andare a pregare. Sperava di risolvere la situazione da sola. Cercò di resistere alle pressioni dei tedeschi, alla fine mostrò loro il dormitorio grande. C' erano due fratelli e un colonnello. I due fratelli riuscirono a entrare in clausura, il colonnello no, tentò di allontanarsi, ma fu fermato e interrogato. Poi gli agenti ispezionarono la grotta e trovarono, oltre al giaciglio del colonnello, un altro letto caldo. Le cose si misero male, malissimo. Gli agenti pretesero di ispezionare anche la clausura, altrimenti avrebbero portato la badessa in prigione. Suor Giuseppina fu decisa: “Sono pronta, ma prima munitevi del permesso, perché sono monaca di clausura e non posso abbandonarla senza autorizzazione”. Gli agenti si convinsero della sua innocenza e se ne andarono solo con il colonnello». Soltanto allora le suore si accorsero di avere corso altri tre enormi rischi. Il primo: «Nel cuscino del letto ancora caldo - ricorda Suor Eleonora - avevamo nascosto tutte le nostre ricchezze. Banconote di banca per 38 mila lire». Il secondo: «Nel cassetto di un tavolo nel dormitorio, c’era un disegno con i sette letti occupati da sette uomini in camicia da notte, con tanto di nomi. Una specie di tessera di riconoscimento». Il terzo: «Nella grotta, in una federa, erano state nascoste carte d' identità false, stampini di ottone per fabbricarle, una rivoltella e altri oggetti compromettenti. Suor Giuseppina, esasperata, qualcosa gettò nel fuoco, il resto nel pozzo. E ringraziò Dio». Suor Eleonora è stata badessa per 18 anni, adesso è la più anziana delle 16 sorelle che vivono nel Monastero di San Quirico, sorto ai primi del Quattrocento, prima riservato alle terziarie francescane, dal 1931 alle clarisse. «Mi sveglio alle 5, le altre cominciano a pregare alle 5 e mezzo, io ho ottenuto di farlo alle 6 e mezzo. Facciamo colazione alle 8 e mezzo, poi si lavora. Io ho ancora le mani ferme e la vista buona: con un occhio vedo bene da vicino, con l' altro bene da lontano. Una volta mi occupavo di telai elettrici, rumorosissimi, e le suore benedettine, nostre vicine, si lamentavano. Così siamo tornate a lavorare a mano. Io sono specialista del punto francescano, che voi chiamate punto croce. Senza fare niente, non posso stare. Poi ancora preghiera, pranzo, riposino, ancora lavoro, ancora preghiera, alle 7 di sera la cena, e poi a dormire. Finché Dio vuole. Gli ho chiesto solo una cosa: di lasciarmi la testa buona, il resto di prenderselo pure».

E Bartali? «Dicevano che fosse un grande campione, e che il suo avversario fosse un certo Coppi, ma io non me ne sono mai interessato molto - ammette suor Eleonora -. Però ho visto qualcosa in tv, documentari, filmati, corse, e il ciclismo mi è piaciuto». Ha conosciuto la moglie Adriana e il figlio Andrea: «Gentili e affettuosi. Con la signora Adriana, che ha quasi la mia età, facciamo la gara a chi ha più acciacchi. Io solo alle ginocchia. Adesso mi muovo in carrozzina, una specie di bicicletta. Una volta è arrivato anche un gruppo di ciclisti, pantaloncini corti e scarpe con i tacchetti, camminavano e scivolavano. Che ridicoli».

 

 

Copyright © TBW
COMMENTI
Antonio Stella
9 gennaio 2021 15:31 canepari

in un certo punto del suo pezzo sul Corriere dice che “l’accuratezza è un dovere…” Questa storia dei documenti nei tubi del telaio, ci aveva convinto tutti. Alberati si è guadagnato addirittura UNA LAUREA. Personalmente continuo ad esserene convinto, almeno parzialmente, avendo conosciuto l’uomo e la sua fede. Se però non si palesano i documenti e le prove che Pivato va cercando da anni, bisogna temporeggiare un attimo. La verità storica è la cosa più vera che si riesce a conoscere. Quante FAKE si porte dietro in nostro soprt per comodità di racconto e per negligenza nel cercare le “fonti”. ! Pivato ha chiesto i documenti. Credo che dopo oltre 70 anni possano anche essere mostrate in modo da portare “verità bartaliane” a cui teniamo molto.

Storie belle e storie vere
9 gennaio 2021 15:40 maurop
Conoscevo le perplessità di Michele Sarfatti, tra i migliori conoscitori della storia degli ebrei italiani, cui ora pare si aggiungono quelle di Stefano Pivato, forse il più autorevole storico dello sport in Italia. Non escluderei quindi qualche esagerazione sul ruolo effettivo di Bartali quale salvatore di centinaia di ebrei italiani. Non credo sia tutta una invenzione ma in tempi dominati dalla fiction è possibile che non ci si sia accontentati della verità, e si sia voluto abbellirla con tratti e particolari più memorabili anche se non sufficientemente documentati. Io non mi sono mai troppo appassionato alla cosa, Giro era certamente uomo buono e generoso e anche per questo, oltre che per la sua grandezza di campione, si merita comunque ogni riconoscimento.

Hai dimenticato i tuoi dati, clicca qui.
Se non sei registrato clicca qui.
TBRADIO

00:00
00:00
Casper VAN UDEN. 10 e lode. Volata di testa, per restare in testa. Dalla centrifuga di Lecce il 23enne della Picnic esce bello come pochi dopo aver strizzato tutti per benino, con sicurezza e apparente semplicità. Vince bene il Picnic,...


Ci sono argomenti sommersi e striscianti, per loro natura noiosi e contorti, che vengono regolarmente ignorati. Errore madornale. Perchè più di tante chiacchiere spiegano come stia cambiando, o come sia già inesorabilmente cambiato, il ciclismo moderno. Non c'è come la...


«Cambia la direzione del percorso, cambia anche la direzione del vento». (Giada Borgato, motocronaca Rai, rivela di non avere le qualità per lavorare nell’ufficio meteo).  La direzione del Giro E precisa che Mattera è il nome...


La prima tappa italiana,  la Alberobello-Lecce di 189 km, del Giro d’Italia 2025 sorride a Casper van Uden. L'olandese della Picnic PostNL si è imposto allo sprint sul traguardo di Lecce battendo, grazie a una volata lunghissima, i...


La Classique Dunkerque, disputata tra Dunkerque e Lens sulla distanza complessiva di 193 km, si è conclusa con una volata serratissima tra Pascal Ackermann, Biniam Girmay e Alberto Dainese. A spuntarla è stato il tedesco della Israel - Premier Tech che ha anticipato l'eritreo...


Se n’è andato in silenzio, con la stessa discrezione con cui ha spesso affrontato la vita. Adriano Mei non ce l’ha fatta: la malattia, subdola e impietosa, ce l’ha portato via. E con lui - che era nato a Carbonia...


Ieri sera, nella suggestiva cornice dell’Hotel Stella Maris a Marina di Ginosa, si è tenuto l’evento “Storie a pedali – Il ciclismo come scuola di vita”, un incontro pubblico dedicato al valore formativo, sociale e culturale dello sport, con particolare...


Giulio Ciccone si è goduto l'abbraccio dei tifosi prima della partenza da Alberobello e ci ha regalato qualche battuta: «Avere la maglia rosa in squadra è davvero molto bello, continuiamo a lavorare in attesa che arrivi qualche tappa adatta a...


Domani, mercoledì 14 maggio, partirà da Ceglie Messapica (Brindisi) per arrivare a Matera, la seconda tappa italiana del Giro d’Italia 108. Anche quest’anno, per il 23° anno consecutivo, Banca Mediolanum è sponsor ufficiale del Gran Premio della Montagna, riconfermando il...


Giulio Pellizzari è una delle note liete di queste prime tappe del Giro d'Italia, occupa il decimo posto della classifica generale e guarda con il sorriso al suo capitano Primoz Roglic che occupa la seconda posizione: «Siamo solo all'inizio del...


TBRADIO

-

00:00
00:00
SONDAGGIO
30 ANNI DI TUTTOBICI, VOTATE LA COPERTINA PIU' BELLA
Trenta copertine per raccontare la nostra storia: scegliete quella che per voi è la "copertina delle copertine"





DIGITAL EDITION
Prima Pagina Edizioni s.r.l. - Via Inama 7 - 20133 Milano - P.I. 11980460155




Editoriale Rapporti & Relazioni Gatti & Misfatti I Dubbi Scripta Manent Fisco così per Sport L'Ora del Pasto Le Storie del Figio ZEROSBATTI Capitani Coraggiosi La Vuelta 2024