GUARNIERI. «I SEGRETI DEL TRENO? FIDUCIA RECIPROCA E INVENTIVA»

GIRO D'ITALIA | 07/10/2020 | 08:05
di Francesca Monzone

Essere gli ultimi per arrivare primi. Questo è il ruolo che ha Jacopo Guarnieri nella sua Groupama-FDJ: pilotare il proprio capitano nella volata che porta alla vittoria. Ad ogni volata c’è un gruppo di uomini che lavora per il proprio capitano: è il treno dei velocisti, che si compone nella parte finale della corsa, dove la velocità è altissima e non è permesso sbagliare. Jacopo Guarnieri è l’ultimo uomo di questo treno, alle sue spalle c’è il velocista che deve vincere e, grazie a questo lavoro basato sulla fiducia e la precisione, Arnaud Demare ha vinto la prima volata del Giro d’Italia 2020.


Ieri avete conquistato il primo arrivo dedicato ai velocisti. E’ vero che Arnaud non aveva capito di aver tagliato per primo il traguardo?
«Sì, è andata così. Demare pensava di aver fatto secondo o terzo, perché era un po’ più arretrato e se guardate il fotofinish si vede come gli altri corridori abbiano dato il colpo di reni, mentre lui è più indietro con il corpo».


Lei è l’ultimo uomo di Demare. Cosa vuol dire con precisione?
«In televisione si sente sempre parlare dei treni degli sprinter. Quei treni sono formati da velocisti che, come me, si sono reinventati. Non siamo noi che andiamo a tagliare il traguardo per la vittoria, ma aiutiamo l’uomo più veloce della squadra a farlo e io sono l’ultimo uomo a spostarsi prima di aver guidato il capitano fino agli ultimi metri di gara».

Ma come si costruisce questo treno?
«Nel nostro caso specifico, come Groupama-FDJ, il treno è formato da tutta la squadra, perché in questo Giro tutti siamo al servizio di Demare, il nostro velocista. Ognuno di noi ha un ruolo preciso, che si basa sulla massima fiducia del resto del gruppo. Solo chi è in testa guarda la strada, tutti gli altri devono seguire il compagno che hanno davanti e questo lo puoi fare solo se ti fidi ciecamente di chi ti precede».

Ieri il vostro treno è stato perfetto?
«No, ci siamo scomposti negli ultimi 800 metri e abbiamo perso due uomini. Abbiamo dovuto lavorare tantissimo e spendere energie che sono fondamentali per il finale. Siamo riusciti a recuperare e abbiamo Arnaud che è molto forte. In realtà non ha vinto con il colpo di reni, se lo avesse fatto avrebbe vinto con maggiore distacco. E’ andata bene ed è questa la cosa che conta».

Nelle volate si possono commettere degli errori, voi come capite di essere nella posizione giusta?
«Ci chiamiamo ad alta voce. Urliamo il nome della persona che abbiamo dietro per avere la certezza di essere nella giusta posizione, perché non possiamo voltarci a quelle velocità. Io che sono l’ultimo uomo del treno, chiamo Arnaud che si trova alle mie spalle. Se mi risponde immediatamente capisco che posso procedere con la volata. Altrimenti chiamo ancora e se non sento la risposta vuol dire che qualcosa non ha funzionato e mi sposto».

In quale modo studiate le vostre tappe?
«Abbiamo i nostri tecnici che vanno a fare le ricognizioni. Fanno le riprese dell’ultima parte del percorso e poi le guardiamo e le studiamo insieme. E’ un lavoro molto importante perché ci aiuta a non commettere errori».

Capita che la volata non sia come l’avevate pianificata?
«Certo può succedere e a quel punto dobbiamo essere velocissimi nel trovare una soluzione, che deve essere la migliore per arrivare comunque al successo di tappa. Dobbiamo avere inventiva.».

In quale modo cercate di correggere eventuali errori?
«Una volata non è mai perfetta e bisogna sempre correggere qualcosa. Per questo alla fine di ogni corsa riguardiamo tutti insieme come ci siamo mossei e come abbiamo fatto la volata. In modo da correggere o migliorare quello che abbiamo fatto».

Esistono delle regole non scritte in gruppo nella volata?
«Esiste il rispetto delle posizioni. Nel mio caso se Arnaud è alla mia ruota, nessuno deve sgomitare per prendere il suo posto. Sostanzialmente nessuno deve invadere il treno di una squadra».

La gente spesso non ama le tappe per velocisti, considerandole noiose. Cosa ci può dire al riguardo?
«Io sono un velocista, quindi mi dispiace che ci sia gente che pensa questo. Forse non è chiaro tutto il lavoro che viene fatto in queste tappe. Oggi la tecnologia aiuta a capire certe dinamiche e sarebbe bello se le persone, guardassero con maggiore attenzione come si formano i treni e come si svolge la volata».

Quale sarà la prossima tappa adatta a voi?
«Matera non è proprio adatta alle ruote veloci, mentre Brindisi è perfetta. Il gruppo quasi certamente arriverà compatto e la volata verrà lanciata dai treni delle squadre e noi saremo lì, per tentare di conquistare un’altra vittoria».

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