MERCKX RIVELA: «UN MESE FA HO RISCHIATO DI MORIRE»

NEWS | 14/11/2019 | 14:53
di Guido La Marca

Ieri ha pianto la morte di Raymond Poulidor e oggi Eddy Merckx ha accettato di raccontare per la prima volta di come sia arrivato anche lui, un mese fa, ad un passo dalla fine. Il Cannibale è caduto - probabilmente a causa di un malore - domenica 13 ottobre durante un giro in bicicletta con gli amici ed è stato ricoverato d’urgenza all'ospedale di Dendermonde con un grave trauma cranico: indossava il casco ma l'impatto con il terreno è stato violentissimo e subito si era manifestato un grosso ematoma sopra ad un occhio. Dopo cinque giorni ha lasciato il nosocomio e oggi ha raccontato a Sporza per la prima volta quanto fosse grave la situazione.


«Ora sta andando meglio, ma le cose non vanno ancora come dovrebbero. C’è troppo da spiegare, vi dico solo che mi sto curando, devo sottopormi ad altri esami scanner e mi è assolutamente vietato salire in bicicletta».


Merckx non gira attorno all’argomento: «Se ripenso a quel che è successo, posso dire di essere stato molto fortunato. Se per una coincidenza non fosse passata un'infermiera dove sono caduto, penso che per me sarebbe finita: 50 anni dopo Blois, un altro incidente che coinvolge la mia testa...».

Il campione belga si riferisce ad un episodio poco noto che risale al settembre 1969. Si era in Francia, a Blois, su di una lunga pista in ce­mento, scoperta, si corre­va una riunione ad ingaggio con tanti stra­disti. Merckx era reduce dal primo dei cin­que trionfi al Tour de France. La gara era di quelle dietro derny, l’allenatore di Eddy si chiamava Fernand Wambst. D’improvviso la moto che precedeva quella che pilotava Merckx, ebbe un problema ed il motociclista finì a terra. Wambst l’investì e cadde in un groviglio di motorette e biciclette. Anche Merckx finì a terra e la gente in tribuna urlò di spavento nel vedere quei corpi esanimi sul cemento del velodromo. Wambst morì sul colpo, dopo aver picchiato la testa. Merckx perse conoscenza ma si riprese in fretta, anche se a lungo si portò dietro poi tremendi mal di schiena a ricordo di quel ca­pitombolo. E commentò sempre con com­mozione l’episodio: «Il povero Wambst in­dossava un robusto casco di cuoio, io un ca­schetto dell’epoca, ben poca cosa. Ma ebbe la peggio lui. Al destino non ci si può proprio opporre».

Destino che un mese fa gli ha sorriso ancora attraverso gli occhi di una infermiera...

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