Operacion Puerto: si riapre il caso e i computer

| 15/02/2008 | 00:00
Clamoroso: l’Operación Puerto si riapre. La quinta sezione dell’Audiencia Provincial di calle Ferraz a Madrid (tribunale di ambito provinciale composto da tre giudici, paragonabile a una corte d’appello italiana) si è riunita lunedì, dopo il rinvio di venerdì scorso per l’indisposizione di uno dei componenti, e ha respinto la richiesta di archiviazione dell’inchiesta spagnola avanzata l’8 marzo 2007 dal giudice dello Juzgado 31 di Madrid, Antonio Serrano. E se il mondo del ciclismo riprende ancora una volta a tremare, anche altri sport, dal calcio al tennis all’atletica leggera, potrebbero finire sotto accusa. ORIGINE - L’inchiesta, sulla spinta della positività all’Epo di Roberto Heras alla Vuelta nel settembre 2005, era cominciata in segreto a febbraio 2006, ma era deflagrata il 23 maggio: il giorno dell’arresto a Madrid di 5 persone tra cui il ginecologo Eufemiano Fuentes, l’ematologo Merino Batres e il team manager dell’allora Liberty Seguros Manolo Saiz. SOLO 4 - Sul ciclismo ha avuto l’effetto di una tangentopoli, anche se a pagare sono stati solo Ivan Basso (2 anni), Michele Scarponi (18 mesi) e Jorg Jaksche (un anno), più Jan Ullrich che si è ritirato. Ma Fuentes aveva ammesso, prima di essere minacciato: "Ho lavorato anche per atletica, tennis, calcio. Mancano molti nomi, c’è stato un filtro". E anche nel ciclismo di dubbi ne erano rimasti tanti: da Alejandro Valverde, che sarebbe "Valv-Piti" nel famoso "sanscrito di Eufemiano", a Alberto Contador, il re del Tour 2007 citato nel dossier iniziale. Contador correva nella Liberty di Saiz, ma il 26 luglio 2006 aveva ricevuto dal giudice istruttore di Madrid un documento di estraneità. PRESSIONI - In Spagna il giudice aveva archiviato perché all’epoca dei fatti non esisteva la legge antidoping (entrava in vigore a inizio 2007), pur ammettendo che "lo sport aveva perso la sua funzione di gioco pulito". Ma le pressioni, soprattutto negli ultimi tempi, si erano moltiplicate. Basti pensare a quelle della Wada e del Cio, sottolineate anche dal presidente Jacques Rogge nella conferenza mondiale di Madrid e novembre. E quelle della Procura antidoping del Coni retta da Ettore Torri, che ha mostrato l’intenzione di convocare in Italia i coinvolti (oltre ad aver trasmesso gli incartamenti alla Procura della Repubblica di Roma): per gli atleti che rifiutassero c’è il rischio di non correre in Italia. E quest’anno proprio in Italia c’è un arrivo di tappa del Tour, oltre al Mondiale di Varese. SCENARI - Ci fosse stata l’archiviazione (alla quale si opponevano l’avvocatura dello Stato, l’Uci, la federazione spagnola, la Wada), il materiale, comprese le sacche di sangue, sarebbe tornato a Fuentes&C. Ora il giudice Serrano dovrà riprendere le indagini. In Spagna non rischiano gli atleti, ma i medici: in discussione non c’è infatti il doping, ma l’ "attentato alla salute pubblica". Le ipotesi di reato riguardano l’ottenimento, il trasporto, l’identificazione, la conservazione e la somministrazione delle sacche di sangue. DISCO RIGIDO - Potrebbe essere esaminato, però, il disco rigido del computer dell’ematologo Merino Batres, così da rivelare altri segreti. E soprattutto dall’estero si potrebbero richiedere le sacche per confronti del Dna. Come dire che di Operacion Puerto si parlerà ancora. E che il mancato invito dell’Astana di Contador, diretta da Johan Bruyneel, a Giro d’Italia e Tour de France, potrebbe essere figlio (anche) di questa riapertura, già nell’aria. da «La Gazzetta dello Sport» del 15 febbraio 2008 a firma Ciro Scognamiglio e Filippo Maria Rici
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