Ma vi sembra proprio un Giro di schiappe?

| 08/02/2008 | 00:00
Una corsetta di provincia, un giro di schiappe, questo è quello che pensa il numero uno del ciclismo mondiale, Pat McQuaid, che prima declassa e posiziona la corsa rosa in una non ben definita «fascia B», poi la ricolloca in una sezione nobile del calendario, tra i «monumenti» di questo sport con Tour, Vuelta, Sanremo, Roubaix, Liegi e Lombardia. «Con questi inviti - ha detto McQuaid ai microfoni di Eurosport - siamo tornati indietro di vent’anni. Francamente non capisco: l’organizzatore del Giro dice che la sua prova è uno degli avvenimenti più importanti e poi non invita alcune tra le squadre migliori del mondo». Senza tanti giri di parole, McQuaid sostiene che il Giro è una corsetta che esclude squadroni e secondo il numero uno del ciclismo mondiale dà spazio ad atleti di secondo piano come il campione del mondo Paolo Bettini, il tricolore Giovanni Visconti, il vincitore dell’ultimo Giro Danilo Di Luca, il suo compagno di squadra alla Lpr Paolo Savoldelli (che di Giri ne ha vinti due). E non è finita la lista: con loro Gilberto Simoni (due Giri vinti al suo attivo e sei volte sul podio), Damiano Cunego (un Giro vinto), il vecchio Leonardo Piepoli e il giovane Riccardo Riccò, poi una schiera di stranieri, dal vincitore del Giro di Spagna, il russo Denis Menchov, ad Alexander Efimkin, Mauricio Soler (maglia a pois all’ultimo Tour), José Rujano, Vladimir Karpets, Joaquin Rodriguez, Koldo Fernandez, Igor Anton e Samuel Sanchez. Poi Tom Danielson, David Millar, David Zabriskie, Kurt Asle Arvesen, Alexandr Kolobnev e Carlos Sastre, oltre a Eugeni Petrov e Michail Ignatiev. Poi una nutrita schiera di velocisti, da Petacchi a McEwen, passando per Napolitano e Bennati. Insomma, si fa prima a dire chi manca: Alberto Contador per esempio, il vincitore dell’ultimo Tour che ha qualche grana in Spagna per l’«Operacion Puerto» e per questo è in forse anche per la Grande Boucle; Alejandro Valverde, per il quale vale lo stesso discorso fatto per Contador, più il velocista Thor Hushovd e il nostro Stefano Garzelli. «In verità mancherebbe solo Cadel Evans, il vincitore morale dell’ultimo Tour de France, il secondo classificato – spiega Angelo Zomegnan, direttore della corsa rosa -. Quest’anno giustamente l’australiano concentrerà tutte le sue forze sulla Grande Bloucle, ma il prossimo anno, per il Giro del Centenario, anche lui sarà con noi. Poi nella lista, se dalle varie Procure d’Italia non dovessero arrivare altre segnalazioni imbarazzanti, potremmo inserire ancora una squadra: l’americana High Road è in pole-position con i suoi Rogers, Hincapie, i velocisti Cavendish e Ciolek, oltre all’italiano Pinotti. Do quindi un consiglio al presidente McQuaid: si studi meglio la lista da noi stilata e si accorgerà che la qualità non manca. Poi non si dimentichi che il ciclismo è uno sport individuale fatto attraverso le squadre e non viceversa. Avere l’Astana, che non ti porta i corridori migliori (Contador, Leiphaimer e Kloden, ndr) a noi non interessa. Poi tutte le squadre sono affiliate all’Uci e tutte hanno pari opportunità, o no?». Gli fa eco Renato Di Rocco, presidente della Federciclismo: «Mi spiace leggere certe affermazioni, soprattutto dopo la “pace di Treviso” fatta quindici giorni fa. Basta tensioni, avevamo detto: ora ci ritroviamo punto a capo. Il problema è che da tre anni discutiamo sul numero di squadre di Pro Tour: 18 sono troppe e non tutte sono di qualità. I criteri di selezione non sono tecnici ma solo di tipo economico». Non diverso il pensiero di Alcide Cerato, presidente del consiglio del ciclismo professionistico, l’equivalente del Matarrese del calcio. «Zomegnan ha fatto benissimo a lasciare a casa squadre che hanno avuto in passato gravi problemi con il doping. Il Giro corsa di schiappe? Mai come quest’anno ci saranno i migliori corridori del mondo. Forse McQuaid non li conosce tutti». da Il Giornale dell'8 febbraio 2008 a firma Pier Augusto Stagi
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