Squinzi: di sistematico in Mapei c'era solo l'antidoping

| 11/07/2007 | 00:00
di Pier Augusto Stagi Si corre il Tour, lentamente, molto lentamente e per molti osservatori questo è un buon motivo per annunciare al mondo intero che finalmente si corre pulito. Visto che non siamo nati ieri e alle favole non ci crediamo più da tempo, aspettiamo di vedere le prossime tappe e le prossime settimane di corsa. Tanto per incominciare, il cronoprologo di Londra vinto da Cancellara (grande colpo della maglia gialla che ha vinto anche ieri a Compiegne, con una stoccata sul pavé da autentico maestro della Roubaix: secondo Zabel, terzo Napolitano, ndr) a quasi 54 km/h è il secondo della storia (1994, Lille, Boardman percorrere i 7,2 km a 55,152 km/h): sono medie in linea con la storia. Poche storie. Intanto dalla Germania via Francia arrivano nuove e brutte storie di doping. L’edizione «on line» dell’emettente televisiva Ard parla di doping «sistematico ed estensivo», in particolare alla Mapei, e cita «documenti emersi in Italia dal 2001» che riguarderebbero soprattutto la squadra ciclistica che lasciò le corse l’anno seguente, dopo un decennio di trionfi ad ogni latitudine. Doping organizzato con prodotti pesantissimi (epo, gh, testosterone, ormoni vari) nell’anno 2001. Questa l’accusa che la televisione tedesca ha lanciato nei confronti della Mapei, il Milan del ciclismo mondiale, che aveva già rotto sia con il team-manager Patrik Lefevere, così come con Johan Museeuw, e aveva tra le proprie fila lo spagnolo Oscar Freire, Paolo Bettini e giovani promettenti come Rogers e Cancellara, l’attuale maglia gialla al Tour. Sul sito internet della tv compaiono i riferimenti a due documenti, un verbale dei Carabinieri del Nas di Firenze e un foglio a quadretti che indica la «programmazione» di trattamenti con sostanze dopanti come l’Andriol (testosterone), il Profasi (gonadotropina) e flebo varie. Il documento con le indicazioni dei prodotti dopanti è molto simile – diciamo pure uguale - a quello sequestrato dai Nas di Firenze a David Tani, il corridore che alla fine del 2001 fu mandato via dalla Mapei e qualche anno dopo finì in vicende legate al doping (fu trovato positivo in una gran fondo amatoriale, la Nove Colli, ndr). «Sono senza parole e mi faccio una domanda: vale la pena condurre una campagna serrata contro il doping? – dice sconsolato Aldo Sassi, all’epoca dirigente della Mapei e oggi direttore del Centro di medicina sportiva di Castellanza, voluto da Squinzi -. Forse ci conveniva fare quello che molti per anni hanno fatto tutti gli altri: avremmo vinto molto di più e oggi saremmo qui a difenderci per nascondere una verità scomoda. Oggi invece si inquina la verità e noi dobbiamo difenderci». Bob Stapleton, team manager della T-Mobile, formazione nella quale militano oggi Michael Rogers e Patrik Sinkewitz, due giovani usciti dal vivaio Mapei, ha commentato così queste dure accuse. «Non c’è alcuna prova del coinvolgimento dei nostri corridori – ha detto Stapleton - e non trovo giustificate queste illazioni costruite senza fondamento. Oggi parlare di doping va di moda, soprattutto perché noi abbiamo scelto la linea della pulizia, ma non è accettabile che se ne parli senza avere le prove». Per nulla rassicurato dalle parole del dirigente americano Giorgio Squinzi, che valuterà nelle prossime ore le azioni legali da intraprendere contro l’emittente tedesca. «Ho denunciato nel’97 il doping ematico e invitai l’allora presidente dell’Uci Verbruggen a fare qualcosa, perché altrimenti questo sport sarebbe morto – ricorda Squinzi, che nel 2002 lasciò il ciclismo dopo la positività al “probenecid” di Stefano Garzelli al Giro -. Lui diceva che erano illazioni della stampa, io sono andato per la mia strada e devo dire che ho perso. Ma oggi la sconfitta è ancora più amara. Ci accusano di doping “sistematico”, ma di sistematico c’è stato solo il nostro rigore contro il doping. Se avevo l’idea di tornare nel ciclismo, oggi mi è passata definitivamente». da Il Giornale dell'11 luglio a firma Pier Augusto Stagi
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