Manzano: «In Spagna nulla è cambiato e Valverde c'entra eccome»

| 05/06/2007 | 00:00
Nulla è cambiato, parola di Jesus Manzano. L'ex ciclista spagnolo, uno dei principali pentiti nell'inchiesta Operacion Puerto sul doping in Spagna, accusa pesantemente la giustizia del suo Paese. «La verità è che in Spagna tutti gli incriminati stanno continuando ad esercitare», ha detto in un'intervista a L'Equipe. Manzano, che nel settembre dello scorso anno rivelò di essersi sottoposto ad un ciclo di 20 iniezioni di Epo praticate dal medico Eufemiano Fuentes, ha assicurato di aver fornito agli inquirenti «una montagna di prove». Ad aver ostacolato le indagini, tuttavia, ci sarebbero state «troppe pressioni e troppi interessi in gioco». Manzano raccontò alla tv tedesca Zdf di essersi intrattenuto più volte in un albergo della cittadina castigliana di Torrejon de Ardox, in cui c'era, disse, «parecchia gente», tra cui tre campioni dell'atletica legggera spagnola e «un calciatore di uno dei principali club di Spagna». Ma la giustizia spagnola, accusa oggi l'ex corridore della Kelme, è rimasta ferma. «Sono disposto a continuare questa battaglia soltanto se serve a cambiare qualcosa. In Italia, Francia e Germania le cose cambiano. In Spagna si preferisce tirare avanti, qui nulla è cambiato. Non credo nella giustizia del mio Paese», ha detto. Manzano, che mercoledì dovrebbe essere ascoltato dalla magistratura di Roma, è stato uno dei principali testimoni della rete di doping ematico messo in atto da Fuentes, le cui attività hanno coinvolto anche Jan Ullrich e Ivan Basso. Tra i nomi tirati in ballo dall'ex corridore c'è quello di Alejandro Valverde: «Era nella Kelme e ci vogliono far credere che fosse l'unico che correva a base di lattuga. E' chiaro che è coinvolto fino al collo nella vicenda Fuentes». Manzano ha anche segnalato alla magistratura spagnola, che ha archiviato l'inchiesta perché precedente all'entrata in vigore della legge sul doping, i nomi del suo ex direttore Vicente Belda e del responsabile della Caisse d'Erpagne Josè Miguel Echavarri. Sull'ex direttore sportivo della Once, Manolo Saiz - uno degli arrestati insieme a Fuentes - l'ex ciclista ha spiegato che «è impegnato a recuperare i suoi soldi» e che presto tornerà nel mondo del ciclismo. Manzano ha rivelato anche che durante la Vuelta di Spagna le dosi di Epo viaggiavano con la carovana, mentre in Francia il prodotto veniva somministrato da un'infermiera - definita «la colomba bianca» - moglie di un meccanico che ha ricevuto 27.000 euro. Il sistema messo a punto da Fuentes, inoltre, funzionava anche con la complicità della giustizia sportiva spagnola. Un laboratorio omologato dall'Unione ciclistica internazionale, infatti, era incaricato - secondo Manzano - di avvertire i medici delle squadre quando inviava i suoi ispettori per i test antidoping. Ma l'ex corridore, parlando delle morti di José Maria Jimenez, suo amico, e di Marco Pantani, ha anche collegato il doping alla dipendenza di molti ciclisti alle sostanze stupefacenti. «Sono molti i corridori dipendenti da coca, eroina o farmaci. E non solo ciclisti».
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