GIRO D'ITALIA | 27/05/2018 | 07:15
Oggi sarà in ammiraglia, al Giro del Belgio, con la sua Cofidis. E’ in programma l’ultima tappa, come al nostro Giro, si va da Landen a Tongres, con in più il Chilometro d’Oro che potrebbe anche rovesciare la classifica. Però Roberto Damiani è stato il primo ad arrivare a Roma in bici: non avrà corso i tremila e rotti chilometri del Giro di Chris Froome, ma il suo viaggio è stato anche più importante. Lo ha fatto nel 2016, l’anno del Giro di Vincenzo Nibali, di un’altra corsa cappottata in dirittura d’arrivo. E poi lo ha raccontato in un bel libro.
Perché andare in bici va bene comunque, ma se hai anche qualcosa da dire vale ancora di più. E quella volta Damiani, assieme ai suoi compagni della Legnanese, decise di pedalare per la pace: 12 tappe, 14 giorni in bicicletta, 2.142 chilometri in tutto, partenza da Auschwitz e arrivo a Roma. Vedere da vicino il campo di sterminio di Birkenau, dove morirono non meno di un milione e mezzo di ebrei, ti lascia diverso da come sei entrato. E Damiani in quella lunga pedalata toccò Mauthausen, Dachau e anche il campo di concentramento di Fossoli, non lontano da Carpi. L'idea era quella di rendere omaggio a Gino Bartali e a quello che fece per tanti ebrei durante la seconda guerra mondiale. E anche questo Giro d’Italia lo ha fatto.
Damiani aveva visitato Auschwitz-Birkenau per la prima volta nel 2007, dopo aver accompagnato molto presto due suoi corridori all’aeroporto di Cracovia. «Alle sei del mattino ero davanti al binario maledetto e ho così passato due ore in completa solitudine tra le baracche e i block di Birkenau. All’uscita ero così impressionato che mi sono ripromesso di ritornarci per capire meglio perché è successo tutto questo. Per non dimenticare». Così, quando sentì al telegiornale che Bartali era stato dichiarato Giusto tra le Nazioni, un giorno di settembre del 2013, Damiani si disse che il mondo del ciclismo avrebbe dovuto in qualche modo rendergli onore. Il modo migliore per farlo era usare il suo stesso mezzo, sentendo la stessa fatica. Una duplice fatica: quella fisica (pedalare sfianca) e quella dell’anima, che certo pesa di più.
Anche quel viaggio fece tappa ad Assisi, come questo Giro, come ogni viaggio ideale con la pace come traguardo. E anche quel viaggio si concluse a Roma, come oggi, con un incontro speciale: quello con papa Francesco.
Oggi il Giro d’Italia, partito da Gerusalemme e passato da Assisi, finisce nella grande bellezza di Roma. Sarebbe bello se chi lo vedrà passare pensasse ai viaggi di Bartali, e alle persone che grazie a lui si salvarono la vita.
Alessandra Giardini
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