
Quinto successo in questo Giro d’Italia per la Quick Step Floors, la novità è che a firmarlo non è Elia Viviani in volata ma il suo giovane compagno Maximilian Schachmann grazie a una fuga da lontano. «Gli ultimi chilometri sono stati durissimi, sapevo di avere buone speranze di spuntarla in fuga, non ho voluto rischiare partendo troppo presto, così ho tenuto alto il ritmo e allungato solo negli ultimi metri. Dopo 18 giorni nessuno ha più grandi gambe, io sono felice di avere ancora un po’ di energie e di stare capendo che posso essere competitivo anche in una corsa a tappe di questo livello» commenta il 24enne tedesco, che a Prato Nevoso festeggia la sua prima vittoria in un grande giro.
Sembravi in totale controllo della gara, come è andata?
«Sapevamo che fosse il giorno giusto per la fuga, ma non eravamo sicuri al 100% perché il Giro è stato speciale finora, senza fughe. I primi del tentativo sono andati via molto presto. Devo ringraziare Morkov per il lavoro eccezionale che ha fatto per riportarmi davanti, siamo stati gli ultimi due a riagganciarci. Il resto della tappa è andato bene, sentivo ottime gambe, ho cercato di portare la vittoria a casa puntando a una sparata negli ultimi 2km. Pedalavo facile in salita e così ho fatto e ho vinto».
Un finale quasi da partita a scacchi, perché non hai risposto allo scatto di Cattaneo?
«Circa a 2km dal traguardo ho guardato indietro e ho visto che Plaza stava rientrando e lui è uno pericoloso, di grande esperienza. Non sono andato nel panico quando ha attaccato Cattaneo perché era ancora lontano il traguardo e in ogni momento sentivo la corsa sotto controllo in salita. Infatti sono rientrato e ho vinto».
E come hai battuto Plaza?
«So bene che quando attacchi e poi vieni ripreso e ti stacchi, anche se poi riesci a rientrare è molto difficile che tu possa fare un buono sprint perché le gambe sono molto stanche. Mi sentivo abbastanza rilassato e in controllo e così ho fatto una progressione dai meno 500 metri e ero ottimista che non mi sarebbero stati dietro. E così è stato».
Raccontaci qualcosa di te
«Arrivo da Berlino. Ho studiato fino alla Maturità e dopo aver finito bene mi sono concentrato sul ciclismo e mi sono detto che se non fossi diventato professionista dopo l’under 23 non avrei perseverato e sarei tornato a studiare, all’Università. Ma i risultati stanno arrivando e sono contento della mia decisione. Una delle mie passioni è la pesca, ma non ho molto tempo da dedicarci».
L’anno scorso hai subito un brutto incidente al Polonia
«Sì, davvero una brutta caduta. Ho rotto in 12 parti il tallone ed è stato ricostruito ad Amburgo da bravissimi medici, niente era al proprio posto, ma sono riusciti a rimettermi in sesto. Mi hanno detto che soltanto una parte non sarebbe tornata come prima. Appena ho potuto ho infilato la scarpetta e ho provato lo spinning a casa. Ho iniziato con 20 minuti e non è andato male così ho proseguito la riabilitazione presentandomi al ritorno in squadra a dicembre con una buona condizione. Devo ringraziare soprattutto la mia ragazza Josephine, che sta con me da ben nove anni e mezzo e ne ha sopportate tante, sono via spesso ma mi è sempre stata vicino e mi ha supportato tanto durante la riabilitazione. Senza di lei non sarei qui».
E qui al Giro?
«Tornato in squadra ho avuto un buon anno e mi hanno dato un po’ di libertà qui al Giro e questa fiducia mi ha aiutato a ottenere questo importante risultato».
Ti sta piacendo questo Giro, potresti diventare un grande campione.
«Spero di si, ma non si sa. Bella esperienza, mi sento già abbastanza vicino a tanti corridori di punta e questa sensazione mi ha dato tanta sicurezza. Penso che questo sia il momento della mia carriera dove mi posso divertire».
Da Pratonevoso, Diego Barbera
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