PROFESSIONISTI | 02/05/2018 | 19:00 Non è il massimo della vita per Tom Dumoulin, vincitore uscente del Giro d’Italia, ricevere molte più domande su Chris Froome che sul proprio stato di forma. Ma era più che preventivatile che sarebbe successo. L’olandese si è presentato a Gerusalemme con la consapevolezza di dover lottare non soltanto contro il britannico, ma anche con le lunghe ombre che si porta dietro.
E la sua posizione è stata netta, inequivocabile: «Non sarei qui se fossi stato al suo posto». Il 27enne portacolori del Team Sunweb è il grande favorito della cronometro di Gerusalemme ed è pronto a portare onore al numero uno che si troverà sulla schiena e sulla bici. Ma la battaglia è iniziata a parole, prima che a pedalate.
Cosa ne pensi della presenza di Froome qui? «È una buona domanda con la quale iniziare. È una sua decisione quella di essere qui. Come ho già detto il mio team è parte del MPCC (Movimento Per il Ciclismo Credibile - che promuove lo sport pulito e che prevede la sospensione di un corridore positivo. La Sky non ne fa parte, NDR) e se fossi stato al suo posto non sarei qui. Ma ribadisco che ha preso lui questa scelta e non sono obbligato ad avere un’opinione a proposito».
Che impatto ha sul ciclismo? «La sua presenza qui non è un bene per il ciclismo. Nessuno avrebbe voluto che ciò accadesse, compreso Froome. Debuttare al Giro con tutti questi dubbi e incertezze non è bello, magari vincerà la corsa e dopo poche settimane decideranno che perderà il successo. Non sarebbe qualcosa di così gradevole anche per lui. Non sarebbe gradevole per nessuno, ma non posso farci niente».
Come ti senti alla vigilia, quali sono le tue condizioni? «Non mi metterei sullo stesso piano di Froome. Il suo palmares è molto più ricco del mio: io ho vinto un Giro e un Mondiale a crono (l’ultimo, a Bergen, con Chris terzo, NDR); lui ha vinto il Tour quattro volte e una volta la Vuelta. Sapremo in tre settimane se sarò capace di batterlo. Non posso dirlo con certezza ora, ma quel che so è che sto bene».
Sei il favorito per la crono del debutto? «Non sarebbe la fine del mondo se la mia crono di apertura non fosse buona,
ma di certo sarebbe bello ottenere un risultato importante, magari vincerla. Non ho
ancora visionato il percorso, sulla carta sembra vallonato, dunque potrebbe essere adatto a
me».
Quale è stata la tua prima impressione di Israele? «È stata buona. Sono arrivato ieri
sera e non ho resistito al desiderio di visitare in bici la città vecchia. La gente mi
guardava in maniera stranita, forse perché avevo vestiti normali e una bici da corsa...».
Ti senti cambiato rispetto a un anno fa? «La maggiore differenza è nel modo in cui la
gente mi guarda, ma io non mi sento cambiato. Forse a inizio di stagione ho esagerato perché
volevo far vedere a tutti quanto fossi forte, volevo vincere ma non è andato molto bene. L'anno scorso non avevo niente da perdere, durante la primavera mi sono reso conto, invece, che ora ho qualcosa da perdere e ho perso sicurezza in me. Ma bisogna sempre credere in noi stessi. Così ho riflettuto sulla mia situazione e ho ripreso più fiducia. Dall’esperienza dell'anno scorso ho imparato come superare le difficoltà».
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