PROFESSIONISTI | 13/04/2018 | 07:22 La Bocchetta ha gli occhi dolci. Spicca, coi suoi oltre 700 metri, tra le colline alle spalle della Val Polcevera. Indispensabile valico utilizzato anticamente come via di commercio e comunicazione, faceva parte della romana Via Postumia, prima di diventare uno dei punti chiave del Giro dell'Appennino. Ma dicevo, ha gli occhi dolci. Come quelli di Fausto Coppi e Luigi Ghiglione, che da lassù, sulla vetta, si godono il passaggio dei veicoli a motore o a pedali nei giorni feriali o nelle domeniche di sole, e che benedicono i corridori, di cui il primo faceva parte e di cui il secondo era perdutamente innamorato, durante i giorni di corsa. E stanno lì. E quando li vedi, puoi finalmente respirare.
Ma la Bocchetta, seppur severa nelle sue pendenze, è dolce anche per i ricordi che i suoi tornanti conservano gelosamente. Tra questi, ce n'è uno, a cui, da un po' di tempo, le sue strade pensano particolarmente. Era il 15 aprile 2012, era un giorno di corsa. E chi partecipa a questa corsa sa che se passi per primo sul Passo della Bocchetta, puoi provare a stabilire il record di scalata. Ci sono tre uomini in fuga, che sono scattati sulla schiena del GPM. Arrivano in tre, in cima, da soli, col gruppo che insegue. Il terzo ha la maglia bianca, il secondo rosa e blu, il primo azzurra e bianca. E' Maglia Azzurra che passa per primo, ma non è di lui che parleremo. Maglia Rosa e Blu si chiama Michele. Il cognome sa di origini contadine, di fatica e fango, di neve e ghiaccio. Scarponi. Anche senza aver visto il suo scollinamento, quel 15 aprile 2012, se chiudete gli occhi, potrete immaginarlo. La barba leggermente accennata sul viso, le sottili rughe sotto gli zigomi, la fronte corrugata per lo sforzo che assottiglia gli occhi e li rende due fessure. Forse uno sbuffo, anche due. Michele sui pedali, per rilanciare, per crederci un po' di più, perché anche se il traguardo è lontano, Michele ci prova lo stesso. In tre, magari, si può arrivare. Michele che poi si vede raggiungere e chiuderà sesto.
Michele, che il 22 aprile 2017 ha salutato tutti. Michele, che il 22 aprile 2018 verrà ricordato più degli altri giorni, al termine del Giro dell'Appennino, con un Memorial in suo onore, dedicato alla classifica finale dei GPM. Perché è lì che Michele vive, dove Michele ci sorride ogni giorno. Lui, che al Giro d'Italia 2015 fu il primo a scollinare la Cima Coppi. E sta dove solo le aquile sanno stare, ad alta quota, forse la più alta di tutte.
Resta da raccogliere la sua eredità, ciò che Michele ci ha affidato. Se volete realmente capire chi è Michele, dovete leggerlo negli occhi lucidi e nelle parole affettuose degli abitanti di Filottrano. Vi diranno quanto era bello incontrarlo per strada, durante gli allenamenti, per scambiare qualche parola. Vi diranno che in paese si conoscono tutti, e che tutti conoscevano Michele, diventato fratello, amico, figlio, un po' di tutti. Durante la tappa della Tirreno-Adriatico che aveva l'arrivo proprio nel cuore di questo paese marchigiano, non è stato possibile pensare ad altro che a lui. Ad ogni angolo, ve lo ritrovavate di fronte, a sorridervi, o con quelle sue espressioni uniche. A braccia alzate, in piedi sui pedali, a far fatica. “Grazie Capitano”. Parole così semplici, tanto da rimanere impresse sulla pelle, come un tatuaggio doloroso, ma necessario.
Però, mi raccomando, lasciate Filottrano con un sorriso, anche se è dura, perché è il modo migliore per dirgli “Ciao”. Magari vi capiterà di sentirlo ancora vicino, di cercarlo in mezzo ai vicoli, e non sarà follia. Michele c'è.
E anche quando poi sarete davanti a Luigi e Fausto, sarete arrivati in cima al Passo della Bocchetta. Farà male, ve lo assicuro, perché è dura, crudele, quella salita dagli occhi così dolci. Ma appena sarete lì, con le gambe o con il cuore, prendetevi un momento per riprendere fiato, bere un sorso d'acqua e sorridete. Vedrete, Michele sarà anche lì.
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