PROFESSIONISTI | 14/02/2018 | 07:00 La festa del primo “Fan Club Davide Martinelli” è l'occasione buona per fare due chiacchiere con Beppe Martinelli, papà del talentuoso corridore della Quick-Step Floors, ma soprattutto uno dei più grandi direttori sportivi italiani che dal 2010 è sull'ammiraglia della kazaka Astana. Classe 1955, bresciano della frazione Lodetto di Rovato, prima è stato professionista per una decina di anni, poi dal 1986 è salito in ammiraglia e come direttore sportivo ha vinto di tutto e di più: Giro d'Italia e Tour de France con Marco Pantani e bis nel recente passato con Vincenzo Nibali in maglia gialla nel 2014 e in maglia rosa nel 2013; senza dimenticare i trionfi sempre nella corsa rosa con Gilberto Simoni, Stefano Garzelli e Damiano Cunego, per finire con la Vuelta del 2015 dove guidò al successo Fabio Aru.
Tuo figlio Davide è al terzo anno tra i professionisti: il primo è stato scoppiettante con due vittorie, lo scorso senza acuti ma con un gran lavoro per la squadra. Che bilancio ti senti di tirare? «Il primo anno mi ha sorpreso perché vincere all'esordio una gara di World Tour ed essere competitivo subito all'esordio in questo momento succede a pochi e solo se sei un campione vero. E Davide deve ancora dimostrare di esserlo. Quello che ha fatto nel 2017, secondo me, gli servirà per calibrare un po' il futuro lavorando sugli sbagli commessi. Per questa stagione è già partito bene, lo vedo, so come sta e so che sarà competitivo fin da subito; corre in una grande squadra dove non è facile vincere in quanto lo fanno spesso tanti suoi compagni. Ma sono contento che faccia parte di un grande team come la Quick Step Floors dove sicuramente puoi imparare a correre».
Qual è il gradino che Davide deve ancora scalare per arrivare ad essere protagonista? «Deve migliorare ancora un pochino in salita. Cosa che non è affatto facile perché in salita c'è un bel gruppo di corridori che va veramente fortissimo, però io credo che con un po' più di allenamento e di specificità può migliorare, e allora avremo un corridore abbastanza completo».
Magari per poter puntare a qualche Classica in un futuro non troppo lontano? «Quando era dilettante pensavo che potesse vincere qualche Classica. Adesso dico che il 2018 non è ancora l'anno giusto per riuscirci, ma nel futuro secondo me può farcela. Corre in una squadra dove molte volte lo mettono a fare il cosiddetto “lavoro sporco” che però aiuta sicuramente a migliorare l'atleta e penso che un giorno o l'altro questo lavoro lo gratificherà».
Viene in mente, tanto per fare un nome, un certo Matteo Trentin che dopo anni di “lavoro sporco”, tra l'altro proprio alla Quick-Step Floors, è diventato un vincente e si è ritagliato il ruolo di capitano in un altro team. «Se facesse la strada che ha fatto Trentin sicuramente ne sarei molto contento. Lo scorso anno il trentino è andato fortissimo e quest'anno sarà ancora più forte perché avrà a disposizione la squadra nei momenti più importanti della corsa».
Hai dichiarato che in questo 2018 vuoi fare un passo indietro, dopo anni e anni quindi non ti vedremo sull'ammiraglia? «Vorrei fare quello che non mi piace, ma che in questo momento ho accettato. Vedrò di stare giù dall'ammiraglia e seguire da dietro le quinte un po' tutto cercando di migliorare ancora di più la nostra squadra. Da fuori magari si possono vedere meglio alcune cose, capire dove manchiamo, e trovare quelle cose sbagliate che dall'ammiraglia a volte non si vedono perché sei concentrato su mille altre problematiche. Non lo so, proverò quest'anno e poi per il futuro vedremo».
Possiamo definirlo un anno di transizione? «Sì. E' un anno che ho deciso di passare in questo modo e l'Astana lo ha accettato. Non lo so se riuscirò, perché alla fine sono molto legato all'ammiraglia, al ruolo di direttore sportivo che sento sempre addosso. L'idea è di tornare poi a fare quello che ho nel mio dna subito dal 2019».
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