STORIA | 10/10/2017 | 07:11 “Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo” (Ernest Hemingway). Macerata, Overtime Festival, Teatro della Filarmonica. Serata Overtime Wine Festival. Si parla di ciclismo e vini, di borracce e calici, di rosa e rossi. Gerbi che era figlio di un oste, Bartali che beveva Chianti, Nencini che lo sorseggiava in corsa, Massignan che la prima volta che si sedette a tavola con i professionisti della Legnano vide una bottiglia di vino e domandò se fosse così tutti i giorni. E quei Bianco, Bianchetto, Morellini, De Rosso e tanti Rossi, Barbero, Pinot… E quelli che confondono la Croatina con la creatina.
“Il vino è il canto della terra verso il cielo” (Luigi Veronelli). Francesco Moser è qui con i suoi ricordi: “Dal papà ai figli, tutti contadini, tranne il fratello prete. Quando Bartolozzi venne a casa per ingaggiarmi nella sua Filotex, la mamma s’intristì: lei, gli disse, mi porta via il nostro migliore contadino. Bevevo vino fin da bambino: i grandi ci mandavano a prendere le damigiane in cantine, e qualcosa rimaneva a noi scale salendo. Avevamo anche la nostra damigiana: pigiavamo l’uva con le mani, facevamo il vino, lo vendevamo per 10 lire al bicchiere”.
“Il vino mi ama e mi seduce fino al punto in cui il suo e il mio spirito si intrattengono in amichevole conversazione” (Hermann Hesse). Francesco Moser è qui con i suoi vini: “Prima facevamo il vino soltanto per noi, poi davamo l’uva alla cantina sociale finché, quando Diego smise di correre, si cominciò a produrre le nostre bottiglie. Prima lo Chardonnay, poi il Teroldego, quindi lo spumante. Era il 1984. Francesco Spagnoli, professore dell’Istituto agrario di Trento, che veniva in bici con me, anche se andava piano, sosteneva che lo spumante fosse l’avvenire. Lo battezzammo 51,151: il mio record dell’ora”.
“Interrogato qual vino bevesse volentieri, rispose: ‘Quello degli altri’” (Diogene Laerzio). Francesco Moser qui presenta il suo spumante (“Se io fossi un vino, sarei il 51,151, che viene da uve scelte, che si può bere prima, durante e dopo il pranzo o la cena, che è il nostro campione spumeggiante”), il suo Moscato giallo (“Da bambino è stato il primo vino che riconoscessi. E con le vinacce del moscato si fa una grappa speciale”) e il suo Teroldego (“Negli anni Sessanta eravamo i mezzadri del vescovo, nel 1988 abbiamo comperato il maso del vescovo. Dal 1978 il nostro vino entrò nell’alimentazione della squadra e comparve sulla tavola della cena, due bottiglie divise fra tutti i corridori, un bicchiere a ciascuno non può che fare bene. Portai il nostro vino anche in Messico per il record dell’ora, ma metà venne rubato alla dogana”).
“Non c’è festa senza vino, immaginatevi di finire le nozze di Cana bevendo tè” (Papa Francesco). Francesco Moser brinda: “La mia prima corsa vinta da dilettante? Il Palio del Recioto”.
“In vino veritas” (proverbio latino). Francesco Moser rivela: “Tirreno-Adriatico, tappa di Civitanova Marche. Fuga a due, io e Saronni, alleati contro Hinault. Cambi regolari, arrivammo al traguardo. Pensavo, secondo un’antica regola non scritta, ma d’onore: maglia a lui, tappa a me. Invece in volata si prese anche la tappa. E da quel giorno fu guerra”.
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