C'ERA UNA VUELTA. I BRIVIDI DI ANGELO

STORIA | 08/09/2017 | 07:32
C’era una Vuelta la nevicata del secolo, il secolo scorso si capisce. I primi due giorni di febbraio nella pianura padana il termometro segnò -15, la neve cominciò a cadere al nord, mise in ginocchio l’Emilia e la Toscana, poi arrivò anche a Roma e al centrosud. Il record si registrò il 15 febbraio ad Anzola Emilia: non si è mai più sentito di un -26,2 in pianura. Il freddo durò per mesi, la neve che era caduta a febbraio non si sciolse prima della fine di aprile, ma la primavera tardò ancora ad arrivare. Tanto che l’8 giugno al Giro d’Italia ci fu l’impresa di Charly Gaul sul Bondone, nella tormenta di neve. Un mese prima, alla Vuelta, era tutto un altro mondo.
  
L’Europa congelava, la Spagna ribolliva. Faceva un caldo insopportabile e c’era il sole quando Angelo Conterno diventò il primo italiano a vincere il Giro di Spagna. Eppure lui partì per l’ultima tappa, in direzione di Bilbao, imbacuccato in una maglia di lana. Fu così che i suoi avversari capirono che c’era qualcosa che non andava. Non si sbagliavano: il corridore torinese aveva quaranta di febbre e una polmonite acuta. Quando il medico della squadra gli aveva spiegato che doveva ritirarsi, invece di rispondergli aveva preso la bicicletta ed era andato alla partenza.
  
La maglia di leader l’aveva presa alla seconda tappa, quella che da Santander andava a Oviedo, nelle Asturie, lì dove oggi partirà la Vuelta sessantuno anni più tardi. L’aveva portata via a Rik Van Steenbergen, che comunque in quella Vuelta si consolò vincendo sei volate, e non l’aveva più mollata. Neanche alla dodicesima tappa, quando gli spagnoli decisero di attaccarlo in massa perché non tolleravano che un italiano si portasse via la loro corsa.
  
Mancava soltanto l’ultima tappa, centonovanta chilometri attraverso i Paesi Baschi, da Vitoria a Bilbao. Gli altri italiani, e più di tutti Giancarlo Astrua che di Conterno era amico, cercarono alleanze con i francesi, con gli svizzeri e con i belgi. Gli spagnoli però se ne accorsero, e decisero di andare a stanare quello strano italiano che correva con la maglia di lana sotto un sole cocente. Bahamontes e Loroño sferrarono l’attacco, in salita Conterno perse le loro ruote, tossiva e arrancava, arrancava e tossiva, e gli altri italiani lo riportarono fino in cima mentre ai bordi della strada la gente fischiava e gli sputava addosso. I suoi compagni forarono tutti, lui no: soltanto così riuscì ad arrivare al traguardo.
  
Vinse la Vuelta per tredici secondi sullo spagnolo Jesus Loroño. Era il 13 maggio, in Italia si era appena sciolta la neve.
   
Diciannovesima tappa, Parque natural de Redes-Gijòn, km 149,7; si parte dalla provincia di Oviedo.
Se siete lì, il piatto del posto è la fabada, fatta con fagioli, carne di maiale, sanguinaccio e chorizo. Da accompagnare rigorosamente con la sidra.

Se aspettate la tappa da lontano, ricordate così quella volta del ’56:
https://www.youtube.com/watch?v=6e8xzxdTFQk
   
Alessandra Giardini
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