C'ERA UNA VUELTA. GIANNI A BENIDORM

STORIA | 28/08/2017 | 07:37
C’era una Vuelta una corsa strana, un po’ assurda. E lui, che era il più forte di tutti, quel giorno non era per niente in vena. Di correre, di lottare, di fare fatica. Figuriamoci di vincere. Lo aveva detto anche agli altri, i suoi compagni. «Non contate su di me, non vado neanche a spingermi». Era il principio di settembre e sul mare faceva caldo, troppo caldo. Il percorso era lineare, banale, come spesso succede in questi casi. Stavolta non si erano inventati niente, qualcosa che potesse fare la differenza prima di arrivare al traguardo, uno strappo, un cavalcavia, niente di niente, così quando furono in fondo erano ancora in troppi. E tutti potevano coltivare l’illusione di vincere, di cambiarsi la vita.
(quella corsa l’aveva vinta l’anno prima, da un’altra parte, e aveva avuto dodici mesi di tempo per affezionarsi a quella maglia, anche perché erano stati dodici mesi difficili, mai una gioia, e quella maglia invece gli ricordava un giorno in cui era stato felice, perché aveva fatto esattamente quello che gli aveva detto Alfredo)
 
Vide che gli si avvicinava uno dei suoi, uno di quelli con la maglia azzurro intenso.
Venne a dirgli di stare a ruota, che lo avrebbe portato in volata, e lui così fece. Gli piaceva fare quello che gli dicevano gli altri. Il gregario fece un lavoro fantastico, se lui non lo avesse sfruttato avrebbe deluso tutti. Pensandoci meglio, gli sembrava di stare quasi bene. Quando era partito aveva le gambe dure, imbastite, era convinto di non poter essere mai più quello di una volta. Ma adesso aveva l’impressione di stare quasi bene. Forse però si sbagliava. Le gambe avevano smesso di andare. Era in crisi, non sapeva più vincere, non poteva pensare di farlo ancora. A forza di pensare si lasciò sfilare in fondo al gruppetto.
(Alfredo gliel’aveva spiegata quella cosa della fiducia, che quando la perdi è complicato ritrovarla. Però non è impossibile, gli aveva detto. E poi gli aveva dato uno dei suoi foglietti, quelli in cui scriveva tutto quello che sarebbe successo in corsa con la sua grafia rotonda, precisa. Ma lui glielo aveva detto: lasciami fare il gregario. E Alfredo aveva riso prima di rispondergli serio: tu non sei nato per essere gregario, ti devi rassegnare)

Eccolo di nuovo, quello con la maglia azzurra. Ce l’aveva con lui. Stava urlando a lui. Che cazzo fai? Io sono qui che mi ammazzo e tu ti lasci sfilare? Stai a ruota, ti ho detto. Stai a ruota e vinci quella volata. Non mi sono accoppato tutto il giorno per vederti arrivare in fondo al gruppetto. Quelle parole bestemmiate fecero il miracolo: gli andò dietro, si lasciò guidare. Era così facile fare quello che gli dicevano gli altri. Ai duecentocinquanta metri la strada saliva leggermente, prima di sentirlo lo vide nelle espressioni degli altri. Scorse la fatica, lo sforzo, il dolore, la paura. Lui improvvisamente stava benissimo. Cosa aveva detto quello là? Vinci quella volata. Allora diede un colpo di pedale più deciso e lasciò tutto il mondo fuori.
(urlavano tutti come pazzi, urlava Martini che era sceso dall’ammiraglia con gli occhi lucidi, urlava Perini che era convinto di aver vinto il Mondiale e in effetti aveva ragione, urlavano tutti)
   
Se non ve ne siete accorti, ieri la Vuelta al chilometro 87,2 è passata da Benidorm, dove Gianni Bugno diventò campione del mondo per la seconda volta di fila. Sono passati venticinque anni, ma quello che disse allora lo potrebbe ripetere tranquillamente oggi. «Vincere un mondiale non è niente di speciale».
   
https://www.youtube.com/watch?v=-HQwucBvaYE

Alessandra Giardini
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COMMENTI
Eh sì! Benidorm!!!
28 agosto 2017 20:15 mrfc
Effettivamente giocando con il telecomando tra formula uno e Vuelta, ad un cambio di canale, volume a zero, mi sono detto: \"questa strada l\'ho già vista! Bugno 1992!\".
fs

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