STORIA | 13/07/2017 | 07:47 Il segreto è il tiramisù. «Finchè non arriva uno che lo fa meglio del mio, sono piuttosto tranquillo di non perdere il posto di lavoro». Daniele Zanieri, 46 anni, fiorentino di Dicomano, è il cuoco dell’Astana da cinque anni. Al Tour de France gira col suo camper speciale adibito a cucina: dispensa, fornelli, lavello, lavastoviglie. Niente letti o robe del genere. «Quando i corridori partono per la tappa, io mi metto alla guida e raggiungo l’hotel dove dormiremo la sera. Prima di arrivare, mi fermo a fare la spesa del fresco, carne, pesce, uova, latte, frutta, verdura». Quindi si mangia francese? «Solo i prodotti freschi. Da casa mi sono portato pasta, riso, pelati, parmigiano, bresaola e olio». Toscano? «Di più: fatto da me. Ho sempre avuto la passione di andare a raccogliere le olive, vado a nove chilometri da casa, è l’ultima zona del Chianti. Mi pagano in olio, un po’ lo vendo ai corridori, un po’ me lo porto alle corse». Mentre la tappa infuria, dal camper di Daniele comincia a spargersi un profumo di buono. «Appena arrivo preparo la cena. Poi apparecchio la tavola e li aspetto».
Gli ospiti di Zanieri sono i nove corridori, gli altri dello staff (venticinque persone in tutto) in teoria dovrebbero cenare in albergo. In pratica siamo in Francia, e insomma se non è zuppa è pan bagnato, per cui dopo meno di una settimana davanti al camper c’è la fila. «Un piatto di pasta qui c’è per tutti. E in certi posti a zero stelle faccio trovare anche il secondo». Poi c’è la storia del tiramisù, ma ci arriveremo a suo tempo. Prima vorremmo capire perché mai uno chef che vive in uno dei templi della cucina italiana decida di fare il giramondo alle corse. «Avevo lavorato sempre fra Firenze e il Mugello: ristoranti, qualche albergo. Nel 2012 mi chiama Borselli, che abita vicino a casa mia, e mi fa: siamo senza cuoco per il Delfinato. Prendo le ferie e vado. Ci prendo gusto, e faccio anche Tour e Vuelta. Io piaccio a loro, le corse piacciono a me, per cui parlo con mia moglie, Sara, allora Niccolò aveva appena due anni, e via con questa svolta. Da allora seguo la squadra col mio camper, questo è il mio sesto Tour. Anche se a Dusseldorf mi è partita la turbina e non ho ancora trovato un garage che mi faccia il lavoro in giornata. Sto facendo il Tour senza mai superare i sessanta chilometri orari».
Cerchiamo di capire che cosa mangiano i corridori durante un giro di tre settimane. «Il Tour allestisce un menù che ci invia con qualche settimana d’anticipo. Il problema però è sempre la ripetitività: pollo, tacchino, manzo, pesce, dopo un po’ è sempre la stessa solfa. E il cuoco bravo è quello che riesce a variare, cambiando un po’ le preparazioni. Altrimenti dopo dieci giorni i corridori si annoiano».
Cominciamo ovviamente dalla colazione. «In tavola c’è un po’ di tutto: marmellate, spremute di arancia e di mirtilli, yogurt, Actimel, gallette di riso. Poi si va un po’ a mode: adesso funziona molto lo sciroppo d’agave come dolcificante». Poi arriva il bello. «Per tutti pasta o riso con olio e formaggio. Un etto almeno». Dopo la corsa spesso si mangia durante i trasferimenti, dipende dagli orari. «Si comincia con un’insalatona mista. Ieri insalata, pollo, noci e frutta secca. Stasera radicchio, salmone e avocado. Qualche volta una caprese. Ma anche farro, orzo, quinoa, tonno, ceci, cerco di far trovare ai ragazzi un piccolo buffet. E la sera prima del riposo il massimo della trasgressione: la pizza». La pizza è trasgressione, la regola invece? «Ieri sera primo con le zucchine, oggi risotto al parmigiano, domani pasta al ragù. Come secondo pollo, tacchino, salmone, spigola. E un contorno di verdure bollite o saltate con pochissimo olio». Un dolcino? «La sera sì. Una fettina di crostata con la marmellata e la frutta secca. E poi il caffè: ne consumano a quintali. Vino e birra no, sono ammessi soltanto a corsa finita».
Poi ci sono le preferenze personali. «Nibali ama il piccante. Se gli preparavo gli spaghetti aglio olio e peperoncino era contento. Altrimenti per il dopocorsa aveva il menù fisso: pasta fredda con pomodorini, mozzarella, basilico e parmigiano». E l’attuale capitano dell’Astana, Aru? Gianni Mura ha scritto: ogni volta che lo vedo penso che avrebbe bisogno di un panino. Daniele ride. «Fabio è molto ligio, attentissimo, misura tutte le dosi. L’anno scorso seguiva una dieta con poco glutine, adesso non più. A colazione mangia una pappetta di fiocchi d’avena con l’acqua calda. Dopo la corsa gli piace un riso mischiato con cereali e latte di cocco». Almeno ha mangiato la torta il giorno del suo compleanno? «Sì, una fettina sottile. E si vedeva che pensava: ti mangio o non ti mangio? Poi però l’ha mangiata».
Non c’è regola senza trasgressione. «Federico, il nostro autista, comincia sempre il Tour dicendo che è a dieta. Gli piacerebbe, ma a un piatto di pasta non sa resistere. E anche il personale non italiano si sta affezionando alla pasta. Martinelli invece è un amante dei dolci in generale: vorrebbe far vedere che non li mangia, poi però passa furtivamente vicino al carrello dei dolci e ne prende un po’». Tiramisù? «Anche. Quello è la passione di Shefer, ogni tanto viene e mi dice che ha... una vogliolina del suo dolce. E io lo preparo. Bene, credo. Anche se la mia specialità è sicuramente il pesce. Cottura semplice e veloce, profumi, se devo scegliere dico spaghetti astice e vongole». Non abbiamo parlato di Vinokourov: anche lui avrà una debolezza, o no? «I tagliolini al tartufo. A novembre sono andato in Kazakistan, dovevamo fare una cena, mi sono portato una valigia di 30 chili. Dentro c’erano vino rosso, salamini e il tartufo». Niente dolci? «Anche Vinokourov va matto per il mio tiramisù. Te l’ho detto: finchè non arriva uno che lo fa meglio di me, posso stare tranquillo».
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