STORIA | 09/05/2017 | 07:55 Franco Marton, anni 74, Albino Marton anni 50 - sono padre e figlio - in una famiglia da sempre impegnata con il ciclismo, in varie forme e con diverse mansioni da quasi sessant’anni o giù di lì. Precedenza al padre, se non altro per anzianità, che con la numerosa famiglia d’origine (sei tra fratelli e sorelle, equamente divisi per genere) proveniente dal Veneto, in provincia di Treviso, precisamente Casale sul Sile, terra di rugby, si stabilisce a Varedo, centro all’inizio della Brianza, una quindicina di chilometri a nord di Milano. E’ il 1952 e la passione per la bicicletta, assai diffusa al tempo sia al paese d’origine, sia in quello d’adozione, lo porta qualche anno dopo a gareggiare con la maglia del G.S. Varedo.
Sempre con grande passione e impegno ma senza adeguati risultati, per usare un eufemismo, Franco Marton canalizza la propria passione per le due ruote in altro ambito ciclistico. Conosce Dante Garioni, fino al 1963 giudice d’arrivo di primo piano e poi, dopo i fatti di Potenza del Giro d’Italia con le due maglie tricolori contese fra Bruno Mealli e Marino Fontana, sceglie di rimanere nello “staff” della corsa rosa. Franco Marton ha frequenti contatti di lavoro, nell’ambito Salvarani del quale era dipendente per la filiale lombarda, proprio con Dante Garioni che è un concessionario dell’azienda che vive il suo periodo di grande notorietà, anche ciclistica, con magazzino proprio a Varedo. Nel frattempo Garioni al Giro e alle gare Gazzetta è il vice-direttore di corsa con stabile posizione in coda al gruppo, la prima vettura dopo i corridori. Allora il presidente di giuria viaggiava su propria vettura. Franco Marton, a ventitré anni, guida per tre stagioni una vettura della giuria e ricorda che il suo esordio è stato con lo spagnolo Alberto Gadea, poi per molti anni direttore tecnico della Vuelta.
E’ inevitabile poi, dopo questi tre anni definibili d’apprendistato, passare a condurre la vettura di Dante Garioni. Per diciassette anni la coppia Dante Garioni-Franco Marton al volante, è nelle corse della Gazzetta, è letteralmente “incollata”, per tutta la gara, alla coda del gruppo principale, a brevissima distanza, come voleva Garioni, suscitando talvolta le rimostranze dei corridori e, fra questi, esplicitamente, Franco Marton ricorda Ercole Gualazzini e pure Miro Panizza.
A sua difesa ricorda però che, per tutti quegli anni, mai c’è stato un minimo contatto con corridori. Una posizione che è stata poi occupata da Giorgio Albani, il quale ha fatto il suo esordio alla corsa rosa come vice-direttore di corsa proprio con Franco Marton quale pilota. Attualmente la posizione è ricoperta da Rosella Bonfanti che condivide la vettura con il presidente del collegio di giuria che, a partire dalla metà circa degli anni 1980, ha unito alla funzione del controllo disciplinare della corsa, anche quella della direzione sportiva. Dopo Franco Marton si possono ricordare, quali piloti in quella posizione, Adriano Vavassori, Federico Mangano, Mauro Mondonico, il “Mondo” e l’attuale, Roberto Minervino.
Il ciclismo, dopo il Giro d’Italia, è sempre stato parte integrante della famiglia Marton con Franco che aveva creato la FGM (acronimo di Franco e Giulia – la moglie, paziente con tutti – Marton) con base nel negozio di biciclette e articoli sportivi gestito soprattutto dalla moglie, a Varedo. Sulle maglie giallo-rosse si sono abbinati nomi di specifico valore come la Diadora, la Michelin e la LCP. E' stata notevole anche l’attività organizzativa di quel periodo con la nota “Challenge Michelin”.
E’ stata una formazione di primo rilievo nel panorama dei dilettanti di vertice con presenze e nomi di spicco e, vari fra questi, hanno compiuto poi anche buone carriere professionistiche, sia per la strada, sia per la pista. Per non incorrere in dimenticanze preferiamo non fare né nomi, né cognomi. Poi, a mano a mano, Franco Marton ha passato il testimone al figlio Albino, cresciuto in ditta, meccanico, che tuttora è alla testa di una squadra anche se, per contingenze e conseguenze riferibili alla crisi economica, di minor spessore rispetto agli squadroni degli anni d’oro.
Costante era la polemica, in amicizia, con Dino Giudici di Inverigo, figura di rilievo del campo dirigenziale FCI della Lombardia, prima con Franco Marton poi con il figlio Albino, in merito ai criteri di conduzione della squadra. Giudici ha sempre rimproverato ai Marton il “troppo buonismo” che andava contro criteri d’efficienza richiesti per l’ottenimento di risultati. Albino Marton, oramai da più di trent’anni, è pure un operatore del servizio tecnico d’assistenza in gara, il noto cambio-ruote, con Campagnolo, Shimano, con Casolari, Mavic e infine con Vittoria. Anche Albino ha provato a correre ma ben presto ha preferito andare in bicicletta solo per divertimento.
Ragazzo, anzi oramai ex-ragazzo, uomo fatto di poche parole come il papà, è anche lui un “francobollatore” di corridori in corsa e sa “leggere” le situazioni e le meccaniche di sviluppo della corsa nel delicato settore delle vetture neutre. E’ una presenza silente ma efficace, tempestiva, preparata, quando è richiesto all’opera.
Padre e figlio hanno un’estesa ramificazione di contatti in tutta Italia perché, negli anni che vanno dal 1980 al 2000 e oltre, hanno ospitato presso l’albergo-ristorante Golfetto di Varedo, molti giovani provenienti da varie regioni che hanno tentato la carriera delle due ruote, con alterni successi.
E casa Marton era sempre aperta, sempre ospitale per gli allora giovani che, lontani da casa, trovavano nella famiglia Marton non dei dirigenti o “patron” ma, soprattutto, degli amici sempre disponibili, con consigli e affetti di tipo familiare, aldilà del ciclismo.
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