GIRO D'ITALIA | 07/05/2017 | 16:27 di Cristiano Gatti -
Non si fa buona cronaca se non si racconta anche il clamoroso equivoco che ha paralizzando al via la trasmissione tv più famosa del Giro, il Processo alla tappa. La Zia Ale è arrivata a un millimetro dalla sclerata totale, personalmente non riesco proprio a darle torto.
Succede questo, partendo da lontano: come noto, il Giro moderno ritarda molto partenze e arrivi – rispetto a trent’anni fa, il fuso è spostato anche di tre ore – per le cosiddette esigenze televisive. Da quando i signori dell’Auditel hanno imposto di aspettare che la gente torni dagli uffici per farli assistere ai finali, qui in carovana ci si alza tutti più tardi, ci si ritrova più tardi, si parte più tardi. E ovviamente l’arrivo è matematicamente sempre intorno alle 17,30. Cosa succede di particolare, quest’anno: succede semplicemente che questa imposizione diventa un doloroso boomerang per la Zia Ale, l’Ada Negri del ciclismo lacrimoso e sentimentale. Dopo un lungo Giro, la va a centrare in fronte, proprio in mezzo agli occhi. Da qui la legittima rabbia della poetessa.
Il problema è molto semplice: qualcuno, là nella stanza dei bottoni, dove le meningi si consumano innalzando nubi di fumo, ha clamorosamente sbagliato i calcoli. Nessuno ha tenuto conto che i tiratardi in bici diventano tiratardissimo per colpa del vento, che in queste tappe sarde tira chiaramente contro la signora di tutti i palchi, facendole saltare i piani editoriali e pure i nervi. Medie ridicole e dirette interminabili. Pronti via, subito Processi mignon. Compressi. Liofilizzati.
Non cavalcherò le facili ironie di molti telespettatori, che giudicano questa edizione del Processo la migliore di sempre, se non di sempre, comunque della gestione De Stefano. Non voglio scendere al loro livello. Non dirò questo. Mi limito a dire che è veramente assurdo, anzi paradossale, che la dittatura televisiva abbia fatto di tutto per ritardare i tempi e improvvisamente si ritrovi a recriminare – uso un eufemismo – perché i ritardi fanno saltare le trasmissioni. Questo lo dico senza sarcasmo. Lo dico con una certa indignazione civica, perché tutto sommato si buttano soldi nostri, di noi collettività (anche se tanti in Rai la usano come lo scendiletto personale, è ufficialmente una televisione pubblica, nostra).
Per sua fortuna, la Zia Ale ottiene la grazia di una partenza anticipata da Tortolì e dunque l’arrivo a Cagliari le consente di liberare tutto il suo talento, con un Processo normalizzato. Soprattutto, in questo caso il vento spazza via le dicerie carogna da raduno di partenza, qui riproposte per dovere di cronaca, anche se personalmente mi dissocio. C’è chi dice che i corridori andassero piano apposta, soltanto per arrivare a Processo spento. Indegno di un paese civile.
La Rai dovrebbe limitarsi a mandare le immagini in diretta senza commenti e trasmissioni al contorno. Purtroppo quest\'anno anche le immagini lasciano a desiderare vedi le riprese della volata della seconda tappa
8 maggio 2017 10:28tiz
Zia Ale, in un mondo troppo maschilistsa,qual'è il ciclismo, interpreta il ruolo di una giornalista colta e competente.
Il problema è il palinsesto. Fabretti dovrebbe capire che prima delle chiacchiere conta l'informazione. vi ricorte il povero DeZan, che per dirci chi stava arrivando come 30°, si sporgeva dal palco sin quasi a cadere?
Che senso ha intervistare un corridore, quando ancora non si è data la classifica di tappa?
tiz
Bicchiere mezzo pieno...
8 maggio 2017 12:27runner
Suvvia, guardiamo il bicchiere mezzo pieno: in questo modo evitiamo di sciropparci le solite nenie della De Stefano...
E non è certo un discorso da maschilisti.
Sono anni che la sopportiamo...
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