CASSANI. «MICHELE, L'ENNESIMO CAMPANELLO D'ALLARME»

PROFESSIONISTI | 24/04/2017 | 07:48
Davide Cassani, dopo gli ottimi trascorsi da ciclista professionista e la positiva esperienza di commentatore televisivo, dal gennaio 2014 è commissario tecnico della nazionale italiana di ciclismo professionisti. La scomparsa di Michele Scarponi – che peraltro non aveva mai selezionato per indossare la maglia azzurra negli ultimi tre anni – ha toccato Cassani nel profondo e con lui si impone un commento approfondito sulla sicurezza stradale, che soprattutto per coloro che viaggiano in bicicletta, sembra essere una parola vuota di ogni significato.

La sicurezza per i ciclisti le sembra essere tuttora una chimera...
«Purtroppo la morte di Scarponi è l'ennesimo campanello d'allarme che rischia di rimanere inascoltato. I ciclisti e ovviamente anche i pedoni sono l'anello debole della catena di persone e di mezzi che oggigiorno viaggiano sulle nostre strade e non è un caso se ogni anno registriamo delle nuove vittime».

Cosa pensa dei nuovi provvedimenti legislativi, che determinano la distanza a cui devono mantenersi gli automezzi da chi procede in bicicletta?
«E' comunque  un segnale positivo, ma non credo che basterà; purtroppo si tratta di una questione di civiltà, di educazione che gli italiani sembrano proprio non possedere...».

Si spieghi meglio.
«Statistiche aggiornate a livello europeo indicano con precisione assoluta che in Italia siamo di gran lunga al primo posto per gli incidenti causati dalla disattenzione degli automobilisti mentre guidano; sì, il vero killer è la disattenzione, la superficialità di chi guida, magari parlando al telefonino o utilizzando altri marchingegni elettronici».

Ma come si può cambiare questa mentalità così pericolosa?
«Purtroppo, ferma restando la disastrosa situazione attuale occorerrà molto tempo, oltre ad una corretta e continua educazione stradale; al volante tutti pensano di avere sempre la consapevolezza di quello che stanno facendo, di tenere ogni cosa sotto controllo ma non è così: pensate che con un secondo soltanto di distrazione, a 60 chilometri all'ora l'auto avanza di 16 metri, mentre con tre secondi i metri diventano 50 e a questa velocità, con tre secondi di distrazione si può uccidere una persona».

Un suo giudizio sulla tragedia di Scarponi?
«Quando non si hanno informazioni complete si rischia di fare valutazioni sbagliate, perciò non voglio dare giudizi, anche perché io stesso, durante le uscite in bici, negli anni recenti sono stato oggetto di alcuni incidenti causati da autovetture; in entrambe le occasioni ero da solo e ritenevo che le auto mi avessero visto, invece mi sono venute tranquillamente addosso...».

Il bilancio per lei quale è stato?
«La prima volta ho riportato la frattura della clavicola, la seconda quella dell'omero, ma poteva andare molto peggio».

Il ciclismo è lo sport che più soffre il caos spesso letale del traffico, cosa fare per aiutare i ciclisti?
«Le piste ciclabili servono a poco – almeno per come le intendiamo e costruiamo qui in Italia – sono aperte a chiunque e sono troppo trafficate anche da podisti e gente comune; i ciclodromi sono utili principalmente per salvaguardare le categorie giovanili, ma a rischio quotidiano di gravi incidenti sono soprattutto gli Amatori e i ciclisti in allenamento che fanno agonismo, dai 16 anni in su. Lo ripeto, servono maggiore educazione stradale e consapevolezza da parte di chi guida, oltre che norme severe con punizioni esemplari per chi tiene comportamenti pericolosi».

Stefano Fiori
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