LETTERA A CICCONE

di Cristiano Gatti

Caro Ciccone, ormai ci siamo. Dopo l'ultima puntata a Napoli, si chiude il tuo Giro spensierato da gregario aggiunto per Pedersen e si apre il Giro tuo propriamente detto. Per quanto tu l'abbia presentato e affrontato senza assilli e ossessioni, così da esprimerti a mani libere e mente serena, noi da fuori continuiamo a vederlo come un Giro decisivo e definitivo: dopo le annate disgraziate del Covid tardivo e del vulcano al soprassella, stavolta finalmente ci sei arrivato come Dio comanda, senza accidenti tra i piedi, senza i relativi effetti collaterali delle ansie, delle tensioni, dei dubbi e dei timori alla ripresa.

Ti sei concesso e ci hai concesso una buona primavera, tanto da consolidare l'opinione di mezza Italia secondo la quale non saresti arruolabile per le corse a tappe, molto meglio per le classiche di un giorno, dato che nelle tre settimane prima o poi arriva sempre il giorno o l'ora in cui salti di testa e mandi tutto a ramengo.

Facciamola spiccia: questo Giro arriva puntuale e provvidenziale a stabilire una verità. Diciamolo onestamente: arrivi senza se e senza ma, la condizione è perfetta, imbrocchi pure la coincidenza di un Giro monco dei fuoriclasse insormontabili, concediamoci Roglic per rispetto doveroso, ma tutti gli altri sono decisamente alla portata. E' il Giro ideale per un Ciccone davvero dotato e quotato per la grande corsa a tappe: un Giro se non da vincere, quanto meno da festeggiare sul podio, però subito dopo Roglic, non più giù. Sempre che Ciccone sia Ciccone, un Ciccone adulto e cattivo, il Ciccone atteso dall'Italia afflitta e negletta da almeno cinque anni, comunque dopo Nibali.

Per quanto la possiamo alleggerire, così da non creare troppe pressioni, la questione sta messa in questi termini: è l'ultima chiamata, l'occasione è troppo favorevole, barcamenarsi e vincere una tappa quando sei a mezz'ora in classifica non ha più alcun significato. Per l'età che hai (30 anni) e l'ingaggio che incassi (un milione e due), non è più tempo di spostare in là le attese e le promesse. Il discorso va chiarito e va chiuso qui, stavolta, nel Giro d'Italia più propizio della tua carriera. Non ci sei mai arrivato così in forma, ci sei arrivato senza nemmeno uno dei tre avversari oggigiorno fuori portata, hai una squadra magnifica alle spalle, hai un'intera nazione che pende dalle tue gambe, per disperazione e per crisi di astinenza. Non si può chiedere di più e di meglio.

Dopo il Giro giocoso e leggero delle prime tappe, in cui ti sei divertito a mani libere per aiutare Pedersen (anche se secondo me spendendo troppo, da uomo di classifica), Tagliacozzo ti aspetta. E' la tua salita, è la tua regione, è la tua gente: non esiste occasione migliore per cominciare il lavoro serio. Con un accordo che vale già da adesso: anche in caso di successo, vediamo di non considerarlo un traguardo, ma il punto di partenza. Un via volante verso il Giro verità di un altro Ciccone. Il Ciccone immaginato e sognato dal giorno del ritiro di Nibali. Invano. Da Tagliacozzo in poi, fai la cosa giusta: facci ricredere.



 

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