Editoriale
A come Arena. Un mondiale all’ombra dell’Arena in una delle città storiche più belle dell’Italia e, forse, del mondo. Non vorremmo essere nei panni di Plouay: sarà difficile fare meglio.
B come Broccardo. La musica è sempre la stessa. Date un’occhiata alle azzurre che convoca e raffrontatele con quelle di Mario De Donà di dieci anni fa: siamo rimasti lì.
C come Consiglio. L’ultimo Consiglio Federale si è tenuto il 1° agosto, a Roma. Da allora al momento in cui noi scriviamo (fine ottobre) il direttivo del ciclismo non si è più riunito. Solo uffici di presidenza. Un consiglio: li faccia.
D come Dialogo. Hanno chiesto al presidente federale un maggior dialogo con l’Unione Ciclistica Internazionale. Ma di Ceruti, Hein Verbruggen non ne vuole assolutamente sentir parlare. In occasione dei Mondiali veronesi si è anche adoperato il presidente del Coni, Petrucci. Verbruggen ha ringraziato e ha risposto «Quel che non mi va di Ceruti è che quando è con me non ha nulla da dire, e poi con i giornalisti spara a zero sull’UCI. Come è possibile?». Semplice: conosce solo l’italiano.
E come Ematocrito. Pantani mandato a casa come un truffatore per la densità del suo sangue superiore al 50% e una Federazione, la nostra, orgogliosa di dimostrare al mondo intero di essere inappuntabile. Poi un ragazzotto, Cunego, che vince il mondiale degli juniores con un certificato dell’Uci che ne accerta e appunto certifica un sangue ricco di globuli rossi, naturalmente. E ancora una volta una Federazione, la nostra, che mostra il petto per godersi un successo di prestigio a livello giovanile. Morale: se il limite del 50 per cento è sinonimo di pericolo, lo è per tutti. Il sangue di Pantani è quello di Cunego e viceversa. Se un esame ematico non è, come sostengono molti luminari, così probante, che si chieda scusa a Pantani e gli si riconsegni il «suo» Giro d’Italia. Se è probante, che non si permetta a nessuno di correre con i certificati in tasca.
F come Freire Gomez Oscar. Ha vinto il mondiale con un colpo da maestro, disputando una gara di assoluto valore: quando uno si trova lì, a giocarsi un mondiale, un pollo non può certamente esserlo. Meno piacevole è stato vederlo al Lombardia ritirarsi come un Freire qualsiasi. Con una maglia iridata sulle spalle era per lo meno d’obbligo concludere la corsa.
G come Ghirotto. Lascia la Gas, la formazione delle Cappellotto e della Luperini, dopo un anno difficile. Adesso dice di volersi ritemprare dopo questa esperienza non del tutto positiva. «Ho avuto grossi problemi, ma probabilmente ho sbagliato io l’approccio», dice. Sereno, vecchio Ghiro: mettere d’accordo due donne non è mai facilissimo. Chiedere lumi agli organizzatori del Gp d’Europa. Il difficile non è stato farle gareggiare ma comporre le coppie.
H come Hotel. L’ufficio di presidenza a Villa Quaranta, a Pescantina (Verona), dove era alloggiata la nazionale maggiore. Il resto del consiglio e i revisori dei conti all’hotel Gran Can, ricovero per anziani non autosufficienti. Quando i revisori Cremonini, Mantovani e Capano hanno preso visione dell’albergo hanno immediatamente girato i tacchi, rendendosi autosufficienti.
I come «Io non rischio la salute». Un bel progetto per lo sport, attuato solo nel ciclismo.
J come Juniores. Il presidente Ceruti ha predicato per lungo tempo la necessità di stemperare la tensione attorno alla categoria juniores. Ha anche ipotizzato - e chiesto - l’abolizione dei mondiali giovanili. Rimaniamo della nostra idea: non è forse il caso di tornare ad un mondiale solo per la categoria juniores (maschile e femminile), lontano dai riflettori e dalla ribalta del ciclismo professionistico?
K come Kgb. Dal dossier Mitrokhin una serie di nomi, più o meno illustri, che avrebbero lavorato per i servizi segreti sovietici. A quando la lista dei nomi di coloro i quali corrono con i certificati dell’Uci? Anche il ciclismo attende il suo dossier.
L come Luperini. Il ’99 per Fabiana è certamente un annus horribilis, ma il mondiale si conferma una corsa stregata. Lei forse l’ha anche capito, speriamo che l’abbia capito Broccardo.
M come Mapei. Ci sono team manager che non vedono di buon occhio il team di patron Squinzi. «Con la loro logica ingorda e gli stipendi gonfiati hanno letteralmente dilaniato il mercato dei corridori, destabilizando il mondo del ciclismo», dicono alcuni. Più semplicemente diciamo che alla Mapei sono abituati a pagare regolarmente gli stipendi fino all’ultima lira e questo, in un ambiente abituato a non farlo, è certamente destabilizzante.
N come Negozi. Molti negozi di Verona sono rimasti chiusi durante la rassegna iridata non prima di aver fatto sapere, con adeguati cartelli, che «l’esercizio resta chiuso per colpa dei mondiali». Dopo i mondiali ci è dato sapere che hanno riaperto. È iniziata la caccia ai colpevoli.
O come Opplà. L’UCIritiene «illegittima» la sospensione inflitta a Filippo Casagrande durante il Giro d’Italia.Pippo, adesso, chiederà i danni alla Federciclismo.Per la serie: chi la fa, l’aspetti.Opplà.
P come Pezzo. Broccardo lascia da parte l’aspetto tecnico e punta tutto sull’effetto simpatia: una veronese a Verona. La Pezzo fa quello che può. Lui un po’ meno.
Q come Quota. Ai mondiali di Verona sono stati trovati corridori fuori «quota». La domanda è sempre la stessa: è mai possibile che si debba arrivare alla vigilia della sfida iridata per scoprire che ci sono atleti con il sangue gonfio di globuli rossi? È così difficile fare un controllo una settimana prima, lontano dai riflettori dell’evento? O e proprio questo il problema: si vogliono i riflettori...
R come Rai. La perfezione non è di questo mondo, ma a Rai Sport e al suo direttore Giovanni Bruno non si può certo imputare nulla. Un mondiale televisto in maniera soddisfacente ed esauriente. E gli ascolti dei ragazzi, delle donne e dei professionisti, sono l’aspetto più confortante di questo nostro sport: l’amore per il ciclismo, nonostante tutto, è sempre forte.
S come Solo. Rebellin cade e viene prontamente portato in ospedale. In un primo momento a quello di Borgo Roma di Verona. Poi, con il suo manager Pietro Gallonetto, raggiunge l’ospedale di Castelfranco Veneto. Di medici azzurri nemmeno l’ombra. Fusi non ha pensato che un responsabile sanitario al seguito di un corridore azzurro sarebbe stato per lo meno necessario?
T comeTattica. I big, quelli che hanno ambizioni di vittoria, recitano ogni anno le loro promesse «tattiche»: se vincerò posso ripagarvi con tot milioni; se vinco io, invece, posso darvene il doppio. Le vere strategie di squadra sono queste: gambe forti e cervello fino, ma soprattutto un bel gruzzoletto in dote.
U come UCI. Con un comunicato chiarisce la posizione ufficiale del governo ciclistico mondiale sui casi di caffeina riscontrati al Tour de France (Ziliute e Pregnolato): «Dopo approfonditi studi su certi casi di positività per l’utilizzo di sostanze leggere (caffeina ed efedrina) per inavvertenza o ignoranza, il comitato direttivo dell’UCI ritiene che l’applicazione stretta del regolamento antidoping possa condurre ad azioni manifestamente sproporzionate all’errore commesso, soprattutto durante una corsa a tappe». In sostanza, per anni hanno continuato a sbagliare e il fatto di aver corretto il tiro è senz’altro positivo. Nel senso buono.
V come Vigorelli. Hanno raccolto le firme per riaverlo nuovamente in funzione. Il Comune l’ha restituito alla città di Milano e alle Federazioni. Quella del ciclismo, parola di assessore allo sport Sergio Scalpelli, «si sta distinguendo per latitanza». A quando le firme per mandare a casa qualche dirigente incapace?
Z come Zenoni. Torna in gruppo un grande tecnico, uno di quelli che al ciclismo ha dato davvero parecchio. Il prossimo anno sarà sull’ammiraglia della Vini Caldirola, dopo esser stato tecnico delle nazionali giovanili e per un breve periodo anche del Team Polti di Stanga. Zenoni, negli anni, ha fatto del lavoro il suo credo. La scelta della Caldirola non poteva essere migliore: il lavoro preferito alla farmacia. Questo è un altro segnale forte per un ciclismo che vuole cambiare.
Pier Augusto Stagi
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