Gatti & Misfatti
L’imbarazzante caso Fassa Bortolo
di Cristiano Gatti

Caro tuttoBICI, ti invio questa breve e-mail solo e soltanto per chiederti un parere qualificato su un caso a mio avviso molto imbarazzante, del quale tu e tutti gli altri mezzi di comunicazione non avete per il momento parlato in alcun modo. E visto che tutti tacciono, mi sono deciso a scriverti queste poche righe per stanarti, perché comincio a sospettare che dietro a questa vicenda ci siano altre motivazioni: o siete distratti e poco competenti (tutti) o avete degli equilibri da rispettare e la cosa sarebbe ancora più grave. Mi spiego. Sono un tifoso di Dario Frigo e non mi è andato giù per niente il licenziamento operato dalla sua squadra (la Fassa Bortolo) durante il Giro d'Italia. Adesso, quello che allora poteva sembrare un provvedimento esageratamente coercitivo sta assumendo i toni della farsa, della burletta. La Fassa Bortolo che dice di avere un rigorosissimo regolamento interno, ha deciso recentemente di assumere con grande disinvoltura ex corridori Liquigas tutti invischiati in questioni di doping (per il momento tutti da dimostrare ma al momento tutti toccati da avvisi di garanzia) e come se non bastasse, hanno assunto anche Marco Velo, squalificato per doping. Ma credono proprio che la gente sia incapace di intendere e volere? Pensate davvero che chi segue questo sport sia fesso? Se io fossi in Frigo, perlomeno pretenderei le scuse. Se fossi nel signor Ferretti, perlomeno proverei un po’ d’imbarazzo.
Simone Cuccato - Verbania

In via del tutto eccezionale, cedo volentieri un angolo del mio monolocale, ricavato negli ultimi scantinati di tuttoBICI. È un gesto piccolo, ma lo considero doveroso e altamente simbolico: una volta tanto, è giusto lasciare la prima parola allo strano animale, incredibile e particolare, che ha consentito questo miracolo editoriale, e cioè al lettore di tuttoBICI. Lo dico spesso, al direttore Stagi, che peraltro lo sa già da solo: i suoi fedelissimi acquirenti non sono semplici e asessuati ricevitori di notizie, ma hanno il gusto della lettura, della riflessione e della personalissima opinione. Un lettore così è pericolosissimo, perchè devi stare attento a quello che gli racconti. Ma proprio per questo è anche molto affascinante: perchè tiene il cervello acceso, pronto a farlo rombare.

Detto questo, ammirato m’inchino alla segnalazione del signor Cuccato. Ha ragione, ha mille ragioni. Con due parole semplici e lineari, solleva un caso direi sublime dell’attuale costume ciclistico. Già abbiamo capito molte cose con Virenque, che la solerte Domo ha prontamente candeggiato, sdoganato, stirato, ripresentandocelo come nuovo: talmente nuovo che quasi bisogna pure chiedergli scusa. Ma qui siamo in casa nostra: a quattro mesi (non quarant’anni) dal famoso scandalo Frigo, la Fassa Bortolo di Giancarlo Ferretti fa il pieno di corridori dichiaratamente dopati o ancora sotto inchiesta. Come rileva il lettore, c’è qualcosa che stona. Il ricordo è ancora freschissimo: due giorni dopo il blitz di Sanremo, la Fassa Bortolo fa un figurone licenziando in tronco il reo confesso, reo di avere in valigia due provette. Quella volta, in sede di commento, siamo tutti pronti ad applaudire la fermezza della squadra: bravi, bene, così si fa, basta con i silenzi e le coperture, ci vuole il pugno di ferro. Il pugno di Ferron.

Tutto molto bello, quel giorno. Ma chiedo: che cosa dovremmo dire e scrivere, adesso? Se in quell’occasione il plauso e il clamore positivo furono sacrosanti, perchè passare nel silenzio la brutale retromarcia? La stessa squadra della fermezza, lo stesso team manager del licenziamento in tronco, a pochi mesi di distanza si ripresentano con una bella infornata di nomi quanto meno discutibili. Certo, il club numero uno al mondo farà rilevare che le proprie clausole restano feroci, che chi sbaglia paga pesantemente. Ma messa così sa troppo di illusionismo. Lo dicano chiaramente: non vogliamo che un corridore si dopi con la maglia della Fassa Bortolo, li vogliamo già dopati.

Non ho difficoltà ad ammetterlo: faccio un tifo spudorato perchè Frigo torni forte come prima. Quel giorno, a Sanremo, anch’io come tutti i tifosi mi sono sentito preso per il naso dalla sua faccia d’angelo. Ma col passare del tempo ho finito col perdonare molto volentieri: Frigo è riuscito ad espiare nel modo più nobile e silenzioso, senza chiedere sconti, senza gridare ai complotti, senza scaricare su nessuno. E scusate se è poco. In questo Paese dove non si trova più un colpevole di qualcosa, Frigo si erge con la sua gigantesca figura di vittima volontaria e sacrificale, riacquistando alla fine più simpatia di quanta ne avesse già prima.

Il resto è affare di Ferretti. Conoscendolo persona franca e diretta, credo non avrà difficoltà - sempre che ne abbia voglia - a spiegare la logica delle sue scelte. Però voglio già portarmi avanti, col leggendario diesse. Qui non ci sono tanti discorsi da avviare, qui bisogna rispondere soltanto a una domanda semplice e lineare. È la domanda che emerge dallo sbigottimento del lettore, è la domanda mia e di tutti quanti gli altri: perchè tanto rigore coi Frigo e tanta umanità coi Velo? A questo, soltanto a questo bisogna rispondere. Se una risposta c’è..

Cristiano Gatti, bergamasco, inviato de “Il Giornale”
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