L’esemplare teatrino della Domenica Sportiva - cioè calcistica, o al massimo motoristica -, dell’ultima giornata di campionato, dove tutto ed il contrario di tutto, nel minimo comun denominatore di decine di miliardi di franchigia, ha avuto licenza ed indecenza di essere, dove il Sorriso dell’Ipocrisia misurata di Buonismo e Connivenza, in tinta giallorossa, da Mazzocchi in giù, è stata l’inqualificabile Ragion di Stato Calcistico, ci fa ancor più struggere della malattia del nostro sport. Del ciclismo, vogliamo dire.
Bene, amici, ma perché il nostro sport non ha voluto guadagnare lo stesso Sorriso Ipocrita? Perché ha voluto, per virtù o carisma teologale, ci verrebbe da dire, continuare a sentirsi superiore per vocazione e cultura, agli altri sport? E ci avete mai fatto caso che per decenni il miglior giornalismo italiano, di uomini, non solo di iscritti, è nato dal ciclismo? Che Raschi, il primo di tutti, che Zavoli e Fossati, che Sconcerti e Mura, sono venuti dal ciclismo?
Forse proprio per questo, per un eccesso di stima, per un eccesso di rispetto personale, il ciclismo oggi è in crisi. Perché non ha saputo dismettere la propria identità storica, la propria civiltà, a fronte di un degrado comune dei valori: e continua a viverlo così male, questo declino, quasi flagellandosi, almeno da parte dei suoi migliori interpreti. Vi rendete conto, al cospetto di menestrelli come Fazio e Marzullo che sono pagati, no non pagano loro, per quello che fanno, di fronte ai Davids e agli Edmundo, e trasversalmente di fronte ai Rossi e ai Biaggi e alla loro vergogna sul podio, che il nostro sport resta l’UNICO che persegue la nobiltà preziosa dell’andare ancora a chiedersi il “perché” dei suoi risultati? Già, il “perché” dei risultati: in chiave morale, se non solo chimica...
Ma perché, qualcuno ha forse chiesto alla Lazio di Eriksson come fece a perdere in casa con il Napoli, prima di licenziare appunto Eriksson? O, più realisticamente, chi altri mai si è interrogato sulle incredibili velocità di certi calciatori delle squadre spagnole, il Valencia, ad esempio? E non parliamo dei piedi pinnati di Thorpe o del sospetto dilagante nel tennis e nello sci internazionale, per non ricordarvi del Gh nostrano, imperante sul globo terracqueo, al tempo delle Olimpiadi di Sydney...
Il nostro sport, e possiamo ben dirlo, con autorevolezza, da questa rubrica che non teme il contraddittorio, ha avuto il coraggio di esaminarsi, di palparsi palmo a palmo, per identificare le aree malate. Abbiamo denunciato lo scandalo del doping ematico, delle malattie delle arterie dei ciclisti, si è cercato di far fronte ad esso con il limite della soglia dell’ematocrito al 50%...
Non abbiamo mai abbassato il tono di fronte allo stipite romagnolo del doping parastatale e a certi atleti sospetti, con quegli asterischi di fianco ai loro profili ematochimici...
Abbiamo pagato di persona, sul sentimento, questa ricerca della verità, che resta l’unico traguardo plausibile di una corsa e della vita, con la delusione di Pantani ed oggi, anche se vaccinati, con quella di Frigo...
Ma, francamente, lasciateci dire a voce alta e una volta per tutte, che non è giusto assolutamente catalogare come “drogati” quei ciclisti che avevano in camera, a Sanremo, una fiala di Kenacort retard o uno spray antiasmatico! Questa, nel senso di un appello alla verifica dei farmaci vietati che rivolgiamo ad UCI e FCI, è un’ignoranza sovrana, sia pure in buona fede e per eccesso di zelo. E non è un modo corretto di perseguire il doping. (La prossima volta, prendetela come provocazione, chiamate noi per farvi guidare nei meandri del dolo...).
Ad un ciclista, atleta di sport di movimento perpetuo, che va per pianure assolate e vette gelate, fra il terso delle foreste ed il grigio degli hinterland sovrapopolati, deve essere concesso l’uso di un antinfiammatorio per via intra-articolare, per un ginocchio che duole, o di uno spray per curare una rinite o un asma allergico.
O la possibilità di una goccia di cortisone per un’irritazione della congiuntiva, da insolazione. E ci vorrebbe letteralmente una damigiana di queste sostanze, per renderle di effetto dopante! Le fiale di Hemassist e i sostituti ematici e le siringhe da insulina per l’Epo eventualmente sequestrati sono una vergogna, certo. Da radiazione, semmai. Ma una vergogna limitata. Non tutti i farmaci, lo metta in luce la Commissione Etica insediata dalla FCI, sono un veleno! E al ciclista va concesso, come ad ogni comune mortale, di poter curare le proprie malattie professionali.
Ma, tornando alla questione morale, quella che del ciclismo e del suo valore ci sta più a cuore, consentiteci di applaudire il gesto di Massimo Besnati, il presidente dell’Associazione Italiana dei Medici del Ciclismo, che si è autoesonerato dalla suddetta Commissione Etica. «Come medico sociale della Mapei, potrei avere un avviso di garanzia, in relazione al sequestro di alcune fiale di Bentelan. E non vorrei, così, fare del male ulteriore all’immagine del ciclismo». Già, il Bentelan, quel farmaco broncodilatatore ed antiallergico che ci portiamo in vacanza, obbligatorio per i nostri figli come una aspirina... Altro che Epo e Gh... Il dottor Besnati, ovviamente, professionista serio e schivo, persona leale, ha una visione dello sport specifica del ciclismo migliore. Quello che ha pagato, intimamente, di persona. E che non giocherebbe mai a simulare la Domenica Sportiva.
Gian Paolo Porreca,
napoletano, docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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