Buon Natale, ormai passato, e Buon Anno Nuovo, allora, per noi e voi del ciclismo. E per qualcuno in particolare, da mettere in rilievo. Buon Anno Nuovo, prima di dimenticarcelo, lui ed i «Lombardia» perduti, allo svedese Axelsson, e alla sua lealtà, già ricordata da tuttoBICI, dopo la positività all’Epo ai Mondiali di Lisbona.
Datecene qualcun altro, per piacere, di sportivi sorpresi in fallo che riconoscono il proprio torto, chiedendo scusa, «ho sbagliato», e preferiscono il congedo definitivo, per pudore. Buon Anno e buon lavoro nuovo, se necessario.
EBuon Anno a Marco Velo, ad esempio, e a quella sua storia limpida, edificante, di atleta modello che si erge contro il doping - ve la ricordate la sua coraggiosa denuncia, nei riguardi del medico sociale che gli aveva prescritto la gonadotropina corionica e suggerito pure l’alibi, «dì che hai problemi sessuali...»? - e poi invece scivola, divenendo pure recidivo, tra farmaci sì di bassa lega, ma pur sempre vietati, a meno di prescrizioni specifiche, come il salbutamolo e la lidoicaina. A Marco Velo, allora, e al suo titolo di campione d’Italia a cronometro che gli appartiene ancora e ad un 2002 che non gli riservi però altri tranelli e ce lo restituisca immacolato. Perché, confermandogli la nostra apertura di credito, di ciclisti come Velo, come il Velo vero, ce ne vorrebbero...
E Buon Anno, ora che ha trovato un giusto contratto con la Landbouwkrediet-Colnago, a Domenico Romano, il biondo scalatore di Vola, provincia di Napoli, che perse un Giro d’Italia baby scivolando nella discesa del Manghen, e che non meritava davvero di restare disoccupato, dopo un solo anno di professionismo con la Panaria di Reverberi. Ribadendo qui il concetto espresso da altri, che il passaggio dei giovani al professionismo va consolidato da un contratto almeno biennale, per evitare disillusioni e ingiustizie.
E Buon Anno, con inchiostro rosa, alla Gazzetta e a Castellano e al loro Giro d’Italia, per quell’impegno così vibrante intrapreso, sulla propria immagine, nel recupero dei valori onesti della corsa prima per tutti noi. Autori, interpreti, lettori.
E Buon Anno, consentitecelo, a Paolo Lanfranchi. Che non ripeta, ma che innanzitutto dimentichi, l’errore di Lisbona. E a Franco Ballerini, il c.t. di tutti, di tutti come Zoff, che ha nove mesi e più per inventarsi un velocista vincente per Zolder, che abbia la potenza ed il carisma di Cipollini e (forse) qualche anno in meno: suggerendogli coraggiosamente di tenersi da conto l’esordiente Loddo.
E Buon Anno, per solidarietà, a Giancarlo Ceruti, il presidente della Federciclismo, per consegna accusato da una certa nomenklatura nostrana ormai declinante di conoscere poco il ciclismo - o di conoscerlo troppo bene? -, al quale oggi chiede i danni anche Luc Leblanc, il dimesso campione del mondo di Agrigento ’94. Già, i danni di quel suo contratto non onorato, mica dalla FCI, ma dal Team Polti, che un bel giorno di fine ’98 gli preferì Richard Virenque, allora sotto inchiesta per doping, come testimonial più redditizio per il mercato francese degli aspirapolvere. E lo lasciò a piedi...
E Buon Anno a Marco Pantani. Senza il peso delle parole.
E Buon Anno, per quanto sia possibile, alla vedova e alle figlie di Eric Rijckaert, il medico belga, per noi l’unica «vera» vittima dello scandalo Festina. (Speriamo che qualcun altro ne ricordi il dramma).
E Buon Anno a Lance Armstrong, e non per l’auspicio banale di vincere semmai un altro Tour, ma per il pensiero discreto di un medico che ha contato gli anni - come lui - dall’esordio della sua malattia, il ’96, e che sa come, quando si sia varcato senza recidive neoplastiche la soglia dei cinque anni, il rischio della ripresa della malattia e delle metastasi divenga praticamente nullo.
E Buon Anno, ancora da persone intere, che hanno il senso prioritario della gerarchia dei valori della vita, a Javier Ochoa. A Javier, il sopravvissuto dei due gemelli Ochoa, vittime di uno spaventoso investimento nel febbraio scorso a Malaga. Quello salvato da un Centro di Rianimazione spagnolo francamente prodigioso... Quello riemerso da un coma di quindici giorni... Quello che ha ripreso a mangiare dopo un mese... Quello che ha ricominciato a camminare, nell’estate... Quello che a fine novembre ha promesso, per sé, per i suoi cari e per il gemello Ricardo morto innanzitutto, che fra un anno al massimo tornerà a correre in bicicletta.
Un Buon Anno davvero speciale a lui, e a tutti i parenti dei ragazzi, degli appassionati di tutte le età, di tutti i ciclisti, in bici o per lavoro o per amore, che sono stati martiri della violenza abitualmente impunita, della violenza e della velocità, dei pirati della strada.
Buon Anno, Javier, anche a nome di tutti quei bambini che per questo Natale hanno chiesto e avuto una bici come regalo. Quella bici fiammante, sotto l’albero delle speranze, per loro il primo batticuore. E per troppi di noi, anche l’ultimo.
Gian Paolo Porreca, napoletano, docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare, editorialista de “Il Mattino”
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